Ha da poco superato la metà del suo percorso di finanziamento la campagna di crowdfunding intrapresa dal collettivo di fumettiste e illustratrici La Trama (composto da Silvia Rocchi, Alice Milani, Viola Niccolai e Francesca Lanzarini). A QUESTO LINK la campagna sulla piattaforma indiegogo.
Il loro progetto Coppie Miste #3 è composto da una serie di cinque albi realizzati con una formula del tutto singolare per il mondo del fumetto indipendente italiano: dieci autori si sono radunati in una residenza di una settimana, per lavorare a ognuno dei cinque albi in cinque coppie.
L’unica possibilità per finanziare dal basso questa idea è stata quella del crowdfunding, mezzo ormai affermato nelle piccole e medie produzioni indipendenti. Abbiamo scambiato alcune parole con un membro del collettivo, Alice Milani, passando poi a porre alcune domande anche ai partecipanti esterni al progetto (Tuono Pettinato, Anna Deflorian, Luca Caimmi, Federico Manzone, Matteo Berton, Victor Lejeune). A QUESTO LINK vi abbiamo dato maggiori dettagli, e una anteprima di dieci tavole.
Come nasce l’idea di questo nuovo capitolo di Coppie Miste?
È stato l’evoluzione naturale delle ultime due collane. Ci è piaciuto fin da subito, dalla prima edizione del 2013, far lavorare gli autori in coppia. É come un combustibile, uno stimolo a pensare e a costruire sempre meglio le storie. Quest’anno abbiamo voluto portare il concetto all’estremo, inducendo gli autori a mischiare il disegno dell’uno e dell’altro sulla stessa tavola. Sapevamo che sarebbe stato un processo delicato (oltre che pressoché inesplorato nel campo dell’autoproduzione italiana) ma che le potenzialità ci sembravano allettanti. Per avere meglio una opinione, vi consigliamo di visitare la mostra di originali che inauguriamo martedì 6 ottobre a Zoo, a Bologna.
Con che criterio avete scelto gli ospiti? Come è avvenuta la composizione delle coppie, in modo spontaneo oppure sono state composte a tavolino in precedenza?
Abbiamo iniziato a suggerirci a vicenda nomi di disegnatori con cui ci sarebbe piaciuto lavorare. Ne abbiamo discusso e li abbiamo messi ai voti tra di noi trame. Ci sono tanti bravi fumettisti sulla scena, il difficile è stato cercare di immaginare quale autore sarebbe stato adatto a collaborare con quale di noi.
Abbiamo scelto i collaboratori pensando al risultato della possibile mescolanza degli stili di disegno di ciascuno. Siamo andate per contrasto: ad esempio ad un segno impastato e spontaneo avremmo associato uno stile grafico e controllato. Anche se in realtà non potevamo in nessun modo prevedere cosa sarebbe venuto fuori. Abbiamo valutato anche il carattere di ciascuno: sarà disposto il tal disegnatore a far mettere mano ad un altro sul suo lavoro? Non sarà troppo orgoglioso?
Avete lavorato tutti e dieci insieme per una settimana nella stessa casa. Qual è stata la sfida maggiore?
È stata una settimana incredibile. Qualcosa a metà tra la gita di quinta liceo e un workshop intensivo di fumetto. A livello logistico è stato complicato. Per me è stato difficile riuscire a concentrarmi con tutto quel via vai. Lavorare assieme può stancare il doppio che non lavorare da soli, ma non c’è niente da fare, due teste pensano meglio che una sola. Coordinarne dieci è stata la vera sfida, ma anche una soddisfazione.
Per il fumettista/illustratore – mestiere spessissimo condotto in solitudine – immagino che lavorare a stretto contatto con molti altri sia una occasione praticamente unica. Sentite di aver anche imparato qualcosa dall’esperienza?
Proprio perché siamo abituati a lavorare ciascuno nella sua bolla, abbiamo dato il massimo per questa settimana d’eccezione. Si impara a mettere in discussione le proprie convinzioni e i propri metodi di lavoro di fronte ad altri colleghi fumettisti. Secondo me è da fare una volta all’anno.
Qual è stato il lavoro della Trama prima della residenza? Cosa avevate già preparato e studiato?
Abbiamo definito l’elemento ricorrente. Avevamo bisogno di qualcosa che collegasse le storie tra di loro, ma che vincolasse gli autori il meno possibile. L’idea è stata quella di seguire le vicende di un quadro, prima, durante e dopo la sua realizzazione. Una delle storie ha come protagonista il modello, una il committente, una un falsario che cerca di riprodurlo. In un’altra ancora il quadro è un oggetto d’arredo, testimone silenzioso delle vicende di un ufficio, infine in un’altra è venduto all’asta in una città di mare del Maghreb. Così ogni storia poteva raccontare vicende anche molto lontane tra loro, nel tempo e nello spazio. Anche se le trame di ciascuna storia sono state definite durante la residenza, le linee guida sono state fissate da noi in precedenza.
Nel pratico, sulla tavola, cosa ha voluto dire lavorare a quattro mani?
Ogni coppia ha deciso la propria modalità di lavoro. Alcuni si passavano il foglio a vicenda, c’era chi metteva un base di colore, chi definiva le linee dei corpi. Altri hanno disegnato, scansionato e composto le tavole in digitale. Altri si sono divisi i personaggi, oppure hanno ritagliato figure da incollare su fondali dipinti, come una piccola scenografia teatrale. Io e Tuono Pettinato ci siamo ispirati a Roger Rabbit: un personaggio dipinto con sfumature di tempera interagisce con un cartoon piatto e sorridente. I loro due mondi non potrebbero essere più diversi.
Di seguito, due domande ai singoli ospiti, per capire quale sia il singolo punto di vista.
Cosa ti ha spinto a partecipare?
Matteo Berton: Ho deciso di partecipare perché ero sicuro che ci saremmo divertiti da matti. I presupposti c’erano tutti: una settimana di vacanza/disegno con vino braciate e concerti!
Luca Caimmi: Il fatto che sono stato invitato al progetto da un’artista conosciuta poco tempo prima (Silvia Rocchi) e gli argomenti delle nostre chiacchiere erano stati viaggi e moto. La curiosità di buttarmi in un contesto e in un progetto completamente nuovo e sconosciuto per me.
Confrontarmi con artisti più giovani che idealmente reputavo “fumettisti ma non solo” (chi si occupa di fumetto ma ha interessi paralleli tra le varie discipline artistiche e ama raccontare con le immagini), una categoria che mi attrae sempre molto. Mi piaceva lo spirito della Trama, l’autogestione del progetto ed infine il tema del “Quadro” che credo nasconda in sé un’attrazione verso la pittura che prima o poi dovremo seguire (potrebbe essere il prossimo progetto: una collettiva di pittura).
Anna Deflorian: Il nostro è un lavoro un po’ solitario, non capita spesso di collaborare con qualcuno così strettamente, almeno a me. Ero anche curiosa verso quello che poteva essere il risultato. Poi, conoscendo la maggior parte delle persone che hanno partecipato, mi sembrava divertente.
Victor Lejeune: Ero felice di avere l’opportunità di tornare in Italia [Victor è francese NDR], nove anni dopo aver vissuto lì, e di parlare di nuovo italiano. E lavorare con artisti di cui apprezzo il lavoro, ma che in gran parte non avevo mai incontrato. Le produzioni della Trama sono sempre di grande richezza e qualità.
Federico Manzone: Con la Trama si può giocare coi grandi. Disegnare una storia per Coppie Miste significa prendere le cose seriamente ma con uno spirito davvero primordiale, cioè ludico prima di tutto. Questo ti permette di essere piuttosto libero nel disegno, sperimentando e sporcando. ma essendo anche una collaborazione con altri autori, richiede comunque una buona dose di concentrazione e pazienza. Due cose che non fa mai male allenare. E poi Alice Milani è una brava massaia e offre da bere.
Tuono Pettinato: Sono un superfan delle Tramette da tempo immemore! Aver l’occasione di essere coinvolto in un loro progetto così articolato mi è parsa un’occasione irrinunciabile. E’ stato bellissimo condividere una settimana di disegno intensivo con quello che amo definire il collettivo più grunge della scena fumettesca italica!
Quali sono state le sfide maggiori durante la lavorazione?
Matteo Berton: La sfida maggiore per me è stata “arrivare”, infatti il primo giorno della TramaWeek io ero in Puglia a fianco di un mio amico che si è rotto una gamba… ballando! Ho aspettato che lo operassero e l’ho riportato a Pisa. Alla fine sono mancato per quattro giorni dalla residenza d’artista (comunque in tempo per il concerto) ma per fortuna la mia compagna di storia Francesca Lanzarini si era già portata avanti e appena sono arrivato ci siamo intesi alla prima, grande Fra!
Luca Caimmi: Credo che la sfida più grande affrontata sia stata quella di trovare uno stile grafico e narrativo unico, unito all’aspetto più personale del vedere e accettare la convivenza delle mie forme e idee con quelle di Victor. Aggiungo anche che per me era la prima esperienza di un lavoro a quattro mani di una certa durata e di questa tipologia.
Anna Deflorian: Per me, superata la prima fase decidendo cosa fare con un’altra persona – anche visti i limiti di formato, tempo e tema – una cosa forse un po’ complessa è stata capire come lavorare nella maniera pratica. Interessante è stata la necessità di cercare un equilibrio tra le parti, che anziché un compromesso diventa un modo di fondere due cose diverse per crearne una terza.
Victor Lejeune: La sfida più grande è stata coordinarsi con un altro artista per la realizzazione di una storia in immagini a due, senza che uno si sentisse limitato. 24 pagine in una settimana è anche stato molto intenso per me, soppratutto perché ho molto perso un po’ del mio italiano. Ma è stato molto gratificante e simpatico.
Federico Manzone: Le sfide maggiori durante la lavorazione sono state: la sveglia, la pazienza, la concentrazione, le zanzare. E mettere 10 fumettisti nella stessa casa per una settimana è roba da uscire matti. Intenso comunque.
Tuono Pettinato: La sfida maggiore, e direi il fulcro di tutta l’operazione, era quella di riuscire a coniugare stili diversissimi tra loro su una stessa storia, in molti casi su una stessa tavola, su una stessa vignetta. Direi che proprio l’idea in sé di questo gioco si presentava come la sfida maggiore. Quello e il riuscire a non perdere l’ultimo autobus per rincasare ogni sera.