Nomen omen: In the Blood è una puntata che inizia e finisce nel sangue. Raggrumato, sputato a fiotti, a gocce, schizzato in faccia o imbrattato sulla tappezzeria. Ma è soprattutto l’episodio in cui gli sceneggiatori tirano fuori l’artiglieria pesante che va sotto il nome di Kingpin.
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Episodio 4, stagione 1 – In the Blood (Spoiler)
Dopo un cruento flashback su Anatoly e Vladimir – uno dei due estrae a mani nude la costola di un morto – vediamo Fisk pressato dai russi affinché eliminino il vigilante mascherato. Grazie all’uomo che Matt aveva lasciato in vita nel secondo episodio, scoprono che Claire è in contatto con Devil e la rapiscono. Matt riesce a salvarla ma averla messa in pericolo mina le certezze del suo operato; Karen, dopo un goffo tentativo d’indagine, riceve l’appoggio di Ben Urich sul caso Union Allied.
Intanto, Wilson Fisk invita Vanessa, della galleria d’arte, fuori a cena ma l’appuntamento è interrotto da Anatoly. La donna è intimorita dai segreti di Fisk e non sa se concedergli una seconda possibilità. Quando l’uomo si presenta al successivo incontro il boss non riesce a contenere la sua furia: lo pesta a sangue e gli stacca la testa a colpi di portiera d’auto. Poi ordina di inviare i resti al fratello. «Scatenerà una guerra» lo avvisa Weasley. E con il «Ci conto» di Kingpin si va a nero.
Qualsiasi manuale di narratologia degno di tale nome porrà enfasi sulle prime (e ultime) volte e sul loro peso nell’economia del racconto. Una storia è composta da rituali, cioè azioni ripetute con un scopo. Essendo il concetto di storia interconnesso con la rottura del rituale, le prime volte sono di importanza fondamentale perché segnano proprio quel punto di rottura – per i personaggi o per il lettore. Messa facile: la prima impressione è quella che conta. Alcune ‘prime volte’ vitali in una narrazione: l’introduzione del protagonista, quella dell’antagonista e la prima volta che i due condividono la scena.
In the Blood, a questa prima volta di Kingpin, ci è arrivato a gradi, costruendo il personaggio in absentia e giocando con aspettative e attese del pubblico. La gente non osa pronunciare il suo nome (sì, questo è un po’ un cliché), tutte le attività e le persone connesse a lui si sono macchiate dei crimini della peggior specie, abbiamo visto una persona infilzarsi uno spuntone in testa pur di non vedersela con Fisk. Lo abbiamo anche visto di sfuggita mentre, controintutivamente all’idea che si è fatto lo spettatore, parla di arte e solitudine. Questo è anche un modo di giocare con le aspettative: dopo aver fremuto per vederlo, fremiamo per assistere a un suo atto criminale. Invece, passa gran parte della puntata a fare il Forrest Gump di Hell’s Kitchen provandoci con Vanessa.
Perché Fisk è tanto potente a livello fisico quanto debole sul piano emotivo. Vincent D’Onofrio rende al meglio questi aspetti, aumentando di molte tacche il disagio umano che già è sulla carta (e la scena al ristorante preme molto per renderlo un caso umano, un borderline a cui manca solo la sindrome di Asperger).
Il tono di voce tirato e la strozzatura delle parole esplicitano un senso di costrizione mentale e fisica e chi guarda non può che avvertire l’inadeguatezza e l’isolamento. Al senso di solitudine contribuiscono anche le scelte visive: guardate il primo incontro tra Vanessa e Wilson. L’ambiente è candido, immacolato, lei veste un abito chiaro. Lui, immerso nel bianco, si staglia con un completo nero pece. Lo stridore non potrebbe essere più assordante.
L’introduzione è eseguita con polso e sapienza. Wilson è un personaggio che non viene appiattito nella sua dimensione criminale ma è colto nella sua umanità. Anzi, noi ne abbiamo un’esperienza di prima mano soprattutto in quel versante e questo rende la scena finale ancora più d’impatto. Lo sbrocco è riservato alla fine, quando ha ormai conquistato la nostra simpatia (o se non altro la nostra empatia) e il truce omicidio ci sembra giustificato.
Certo, a forza di incontrare spesso il male di vivere, Kingpin rischia di diventare una figura patetica, un Rain Man che non fa che toccarsi i gemelli e non muoverebbe un dito se non glielo dicesse il suo tutore Wesley, ma In the Blood è, appunto, un’introduzione. Sulla costruzione del suo carattere ci sarà modo di elaborare più avanti.
Tolto Kingpin, la puntata scorre veloce senza grandi inventive, anche grazie all’abbondante unto apportato dai capelli di Foggy. Devil, con o senza maschera, copre appena 15 dei 52 minuti dell’episodio e sono tutte scene di plot, ma è giusto così. Una serie del genere – leggi ‘resa disponibile in un’unica soluzione’ – può permettersi di non avere sempre al centro il protagonista (la vera rivoluzione sarà quando ci si prenderà libertà creative anche nel minutaggio, non dovendo sottostare a logiche di slot e palinsensti – almeno in potenza, perché poi magari vendono i diritti a delle vere televisioni).
Qualche osservazione sparsa:
– La scena al ristorante tra Kingpin e Vanessa ha due aspetti letali: fanno tanto i fighi col posto di lusso e la musica classica in sottofondo e poi bevono il vino nei bicchieri da acqua. Ma la cosa per cui vien da ridere a sciacquabudella è quando tentano di bofonchiare parole italiane come ‘zuppa inglese’ («They have an incredible SUPA INCLESI»).
– Quando Weasley sta trattando con i russi li ammonisce affermando: «Voi russi non sapete nemmeno tenere a bada uno che corre in giro con una maschera. Certo, se avesse un’armatura di ferro o un martello magico si spiegherebbe perché vi sta facendo il culo». Occhiolino-occhiolino.
– Altro cameo che verrà ripreso più avanti: alla fine della puntata Kingpin dice a Weasley: «Dì al signor Potter che ho bisogno di un nuovo completo». Il signor Potter altri non è che Melvin Potter, il Gladiatore, storico nemico di Devil.