HomeFocus"Calvin & Hobbes" ha fatto bene a finire nel 1995

“Calvin & Hobbes” ha fatto bene a finire nel 1995

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Bill Watterson, considerato da molti l’erede di Charles Schulz, ha messo fine a Calvin & Hobbes nel 1995, quando era ancora appena trentenne. Watterson ha creato quello che molti appassionati e critici ritengono uno dei fumetti più belli e importanti di sempre e dopo il suo ritiro, nonostante abbia abbandonato le scene da quasi vent’anni, l’autore è più che mai popolare.

Lo testimoniano le recenti collaborazioni con Stephan Pastis e la retrospettiva Exploring Calvin and Hobbes organizzata dal Billly Ireland Cartoon & Library Museum, da cui è stato tratto l’omonimo catalogo uscito a marzo. In occasione della pubblicazione del libro, il Wall Street Journal ha dedicato un articolo che ragiona sull’importanza della striscia.

fine Calvin & Hobbes

«Due cose separano Calvin & Hobbes dalle altre strisce,» scrive Christopher Caldwell. «Primo, il disegno, i colori delle domenicali, il dinamismo delle figure. Calvin è disegnato con la semplicità con cui Schulz rappresentava Charlie Brown, mentre le sue fantasie (alieni, mostri, dinosauri) hanno le ombre pesanti e il fotorealismo dei fumetti degli anni Cinquanta. L’immaginazione di Calvin è sempre più vivida e reale della realtà stessa».

Secondo, il regno della fantasia, uno degli ambienti più presenti nella striscia, insieme ai paesaggi dell’Ohio, che per Caldwell simbolizzano «la celebrazione dell’immaginazione, la creatività sovversiva e l’incompatibilità dei desideri privati con la realtà del mondo».

In molti si sono poi chiesti se Watterson, che dichiarò di aver mappato tutto il territorio della striscia e di non avere altro da aggiungere, abbia sbagliato a concludere la striscia, nonostante fosse pressato dalle scadenze e confinato entro i limiti creativi imposti dall’editore: «Avrebbe dovuto affrontare il mondo moderno, internet, e la cultura d’oggi forse non avrebbe trovato spazio per l’immaginazione analogica di Calvin. Molte delle sue fantasia riguardavano presentarsi a scuola con un carro armato o scherzare sull’inferiorità della donna. Erano battute, certo, ma i guardiani del buon gusto non sono noti per il loro senso dell’umorismo».

«Si avverte,» conclude Caldwell «una doppia nostalgia leggendo i fumetti di Watterson, dapprima per un artista che è probabilmente il migliore del settore, e poi per la cultura che ha rappresentato, in molti versi più libera della nostra.»

«Forse,» ha risposto W. Joseph Campbell sul blog 1995, The Year the Future Began «ma nel 1995 Bob Dole accusava Hollywood di umiliare la cultura Americana e Russell Baker apriva il suo discorso ai laureati del Connecticut dicendo che il nostro non è un mondo sensibile e che siamo tutti governati dalla rabbia.»

Campbell condivide alcune considerazione di Caldwell e fa notare che Calvin & Hobbes avrebbe grossi problemi a incontrare il gusto del pubblico generalista se nascesse oggi, portando come esempio l’analisi sulla scarsa popolarità che show come Seinfeld e Cheers avrebbero se debuttassero nel 2015.

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