Con l’arrivo della nuova stagione, House of Cards ha riempito i palinsesti di tv e giornali, facendo parlare di sé. Dalla parodia scema in stile sit-com a più serie e interessanti analisi linguistiche o sullo scarso realismo politico dello show (molto scarso); non poteva mancare il parallelismo tirato in campo da A.V. Club tra la serie e i fumetti.
Nelle scorse due stagioni, la scalata al potere di Frank Underwood, il politico senza scrupoli interpretato da Kevin Spacey, si è compiuta tra omicidi, ricatti e manipolazioni che lo hanno portato alla presidenza degli Stati Uniti. La terza stagione, distribuita da Netflix e trasmessa in queste settimane dal canale Sky Atlantic, si apre proprio sulla difficile situazione del paese che Underwood – insieme alla macbethiana moglie Claire – vuole risolvere a tutti i costi. Un quadro molto simile era già stato affrontato in una serie Marvel degli anni Novanta.
In termini politici, l’universo Marvel rispecchia con fedeltà il nostro e tutti i presidenti degli ultimi sessant’anni sono comparsi sulla pagine dei fumetti, chi più chi meno (Roosevelt e Obama vantano il record di 38 presenze). Ma negli universi paralleli gli autori si sono lasciati spesso andare a derive fantapolitiche, mettendo nello studio ovale gente come Norman Osborn, Devil, Capitan America, Tony Stark, Luke Cage e Thor. Su tutte, una sola presidenza è stata spietata ma efficiente quanto quella di Underwood: il mandato del Dottor Destino nell’universo narrativo ambientato nel futuristico anno 2099.
Nel parco testate ‘2099’, etichetta nata a metà degli anni Novanta che re-immaginava le icone Marvel in un’ottica cyberpunk, Victor Von Doom è lo stesso che conosciamo noi, ma il suo retaggio lo fa schierare dalla parte delle classi marginalizzate, in una società ipercapistalistica dominata da grandi corporazioni come Alchemax e Pixel. Pur violento e spietato, Destino è quindi l’eroe della testata.
La serie di Destino venne scritta da John Francis Moore nei primi due anni di vita e in seguito da Warren Ellis. Fu proprio Ellis, forte dell’attenzione che aveva creato attorno a sé con Hellstorm, a imbastire un tecnothriller in cui Destino, per smantellare le multinazionali alla guida del pianeta, faceva trapelare documenti riguardanti l’influenza statunitense sulla nazione europea di Makhelastan, causando il crollo della valuta e sommosse popolari, e costringendo l’America a liquidare i propri asset nella regione. E quando scrivo ‘liquidare’ intendo proprio ‘liquidare’: nel corso della storia gli Stati Uniti rispondono liberando una necrotossina che trasforma la popolazione in una pappa reale ricca di nutrienti e riutilizzabile come cibo (Ellis doveva essersi appena visto 2022: i sopravvissuti).
Convenendo l’impossibilità di una negoziazione, Victor mette a ferro e fuoco Washington per poi prenderne possesso; dichiara lo stato di emergenza, istituisce la legge marziale e diventa il presidente della nazione, nazionalizzando le corporazioni, rifondando lo S.H.I.E.L.D. e tentando di risolvere la piaga dell’inquinamento. Istituisce perfino il Gabinetto Nero con i suoi uomini di fiducia (al Ministero della Punizione, manco a dirlo, Jacob Gallows, il Punitore del 2099).
La presidenza avrà vita breve a causa del contrattacco delle corporazioni e le avventure di Destino proseguiranno fino alla chiusura della serie. Di recente l’universo 2099 è stato rispolverato, e i suoi protagonisti hanno fatto capolino nelle storie odierne (Destino è stato utilizzato da Rick Remender nel’arco narrativo Ragnarok Now visto su Incredibili Avengers).
Non molto dissimile è l’ascesa di Frank Underwood, che da capo della maggioranza è diventato vicepresidente e ha poi provocato l’impeachment di Garrett Walker ereditandone il ruolo e mettendosi all’opera su progetti ambiziosi come America Works (una legge che dovrebbe sbloccare milioni di nuovi posti di lavoro). E, come avviene per Alchemax nei fumetti, ampio ruolo è riservato all’influenza dei colossi SanCorp e Clayton West.
«Il personaggio scritto da Ellis è un tiranno che impone la legge marziale perché l’alternativa di lasciar governare le corporazioni è molto più pericolosa per la libertà individuale» scrive Tim O’Neil, «Destino salva l’America dai suoi stessi, terribili, impulsi. E di fronte alla corruzione e alla disfunzionalità governativa, la tentazione di cedere al fascino di un pericoloso autocrate come Underwood è forte. Le ambizioni personali segnano un passo in avanti rispetto alle inefficienti macchinazioni politiche.»