HomeComicsLa solita spy story, ma (molto) ben scritta: Velvet

La solita spy story, ma (molto) ben scritta: Velvet

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Velvet è il nome in codice di una donna di mezza età, un tempo magari attraente e piena di vita ma oggi soffocata dal suo lavoro di segretaria. Una come mille altre, invisibile e insignificante. Lavora in una grossa agenzia governativa dove non si fa che parlare di agenti segreti e operazioni di spionaggio. Sono lavori ad alto tasso di rischio e si avverte chiaramente l’eventualità che qualcuno ci rimetta la pelle.

Quando a cadere sotto i colpi di un misterioso sicario è un ex della Nostra, lei non la prende benissimo. Anzi, la prende tanto male da buttare al vento vent’anni di cambio d’identità e di tornare a vestire i suoi veri panni. Non sarà più la ligia segretaria, tornerà a essere Velvet. Una delle migliori spie dal secondo dopoguerra a oggi (quando l’oggi è il 1973 del fumetto).

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Ammettiamolo, le premesse di Velvet, serie a fumetti di Ed Brubaker e Steve Epting, saranno anche divertenti ma si incanalano in un trend già troppo sfruttato per alzare in modo sensibile la posta in gioco. Quella del ruolo d’azione interpretato da personaggi fuori età massima era un’idea blandamente rivoluzionaria all’epoca del Red di Warren Ellis, quando ancora era impossibile pensare che gli action hero reazionari del cinema statunitense sarebbero potuti andare incontro a un comune processo di decadimento. Anche quelli dotati del fascino dell’uomo vissuto e che sicuramente “ne avevano viste troppe” sembravano congelati in un costante limbo da barba sfatta e occhiaie sotto gli occhi. Poi, anni di pessime trasposizioni cinematografiche e di altrettanto squallide operazioni “originali” hanno affossato del tutto l’idea, virando da un curioso naturalismo alla macchietta senza perché.

A questo punto però entra in ballo una variante troppo spesso lasciata in secondo piano: l’autore. Qui stiamo parlando di una serie di spionaggio scritta da Brubaker. Che sarà uno degli scrittori più stilisticamente limitati sul mercato – scrive praticamente solo spy-story e noir – ma riesce a farlo come nessun altro. Ritmo sostenuto, dialoghi sferzanti, nessuno spazio alle banalità. Ma soprattutto personaggi scolpiti nella roccia, di quelli così tosti che ormai pare ci si debba vergognare ad appassionarcisi. Come se i vari George Higgins, Edward Bunker o Elmore Leonard non avessero dimostrato per tutta la loro carriera quanto questo tipo di caratterizzazione – sospesa tra romanzo d’appendice e realismo spietato – sia difficile da ottenere. Meglio apprezzare l’ennesima “rilettura profonda” da quattro soldi; anni di letture ci hanno resi tutti provetti psicologi?

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Con Velvet si parte invece da un incipit ben poco stimolante, e si finisce per ritrovarsi tra le mani una lettura eccellente, “di genere” puro al 100%. Scalerà le classifiche? Non penso. Rimarrà negli annali? Neanche per scherzo. Eppure si dimostra pagina dopo pagina qualcosa di molto più valido di quello che tanta gente potrà pensare. Trovare oggi una serie che riesca a portare avanti quella tradizione di secchezza e apparente linearità d’intenti tipica di certo cinema d’azione anni ‘70 è un tesoro. Peccato sprecarlo per rincorrere l’ennesima sensation a scadenza imminente.

Questo non è solido artigianato, definizione sempre buona per giustificare albi aridi come una distesa di sale, ma puro amore per un immaginario che sta alla base di un sacco di cultura pop. Le differenze sono palpabili. Respirare l’atmosfera di quel tipo di narrazione è ben diverso dal citarne qualche sequenza iconica. E infatti Velvet non molla l’attenzione del lettore per neppure un secondo, costringendolo a vivere quasi in prima persone le rocambolesche vicende della protagonista. Ben diverso dall’alone di noia mortifera di cui sono impregnati un discreto numero di presunti esempi di alta professionalità.

Velvet vol. 1
di Ed Brubaker e Steve Epting
Panini Comics, 2014
128 pagine, 13,00€

Leggi anche: Tutto il noir di Ed Brubaker

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