Uno degli ospiti più attesi dell’edizione 2014 di Lucca Comics & Games è stato senza dubbio Masakazu Katsura, il creatore di Video Girl Ai e Zetman. Non nascondo che intervistarlo è stato emozionante, dato che proprio Video Girl Ai è stato il fumetto che nei primi anni Novanta ha rivoluzionato il panorama dei manga in Italia, all’epoca ancora molto povero, e insieme ad esso la vita di molti adolescenti di allora.
Quando uscì Video Girl Ai, nel 1992, in Italia i manga quasi non esistevano. Video Girl Ai fu una piccola bomba, qualcosa di completamente nuovo che riuscì ad appassionare tantissimi lettori, inclusi molti che non si erano ancora mai avvicinati ai manga. Per esempio la sottoscritta: quando l’ho letto avevo 13 anni, fu un colpo di fulmine, e i manga sono diventati la passione di una vita. È consapevole del fatto che tanti ragazzini degli anni Novanta, in tutto il mondo, si sono appassionati al fumetto proprio grazie a lei?
No, sinceramente non me lo sarei mai aspettato. In Francia sapevo che Video Girl Ai aveva avuto successo, ma non immaginavo fosse accaduto lo stesso anche in Italia. Probabilmente all’epoca Shueisha aveva cominciato a vendere licenze all’estero a tutto spiano. Naturalmente mi fa molto piacere. Da quello che mi hanno detto è stato una sorta di culture shock, anche per le innovazioni nella regia della tavola, nel tipo di storia e nei personaggi.
(Si inserisce l’editor, presente durante l’intervista, per precisare come in Giappone Video Girl Ai sia letto soprattutto dai maschi, che si identificano con il protagonista, perché i temi portanti sono la conquista e lo struggimento per una ragazza. Per questo dice di stupirsi che in Italia lo stesso fumetto abbia tante lettrici femmine.)
Anche in Italia ha avuto molti lettori maschi, perché ha un linguaggio e un messaggio comprensibili a tutti gli adolescenti. Certo, leggere Video Girl Ai a 15, 20 o 25 anni è diverso: a 15 anni, come è capitato alla mia generazione, ebbe di certo un impatto immediato. Inoltre, all’epoca in Italia non c’erano manga con love story come quella: c’erano mecha, comedy, Ken il guerriero, Saint Seiya, ma non cose del genere.
Ne deduco quindi che le vicende sentimentali sono le stesse in tutto il mondo. In effetti ha senso.
Come le è venuta l’idea della videogirl che esce dal televisore? In qualche modo ha anticipato Sadako di The Ring: Ai potrebbe essere la sua versione in positivo…
Non lo so (ride). L’idea che qualcosa possa uscire dal televisore probabilmente genera un interesse e un timore innati, quindi forse la curiosità di capire cosa sarebbe potuto succedere mi ha spinto a creare quel tipo di storia. Poteva avere sviluppi imprevedibili.
Nei suoi manga scolastici i personaggi femminili hanno un carattere ben delineato ma sono spesso in balia dei desideri maschili o talmente fragili da non riuscire a fronteggiarli. Mi pare un’idea un po’ tradizionale della donna. È cambiata, secondo lei, la condizione della donna in Giappone negli ultimi 20 anni, e in che modo?
Le ragazze sono decisamente cambiate! All’epoca sicuramente in Giappone non c’erano ragazze dal carattere molto deciso e sicure di sé, ma per far andare avanti la storia avevo bisogno di un mix di sicurezza e fragilità, e anche di un protagonista maschile un po’ passivo. Dovevo in ogni caso rispettare le consegne settimanali e personaggi indecisi mi aiutavano in questo senso! (ride)
Anche nei suoi manga trova che le ragazze siano cambiate?
Direi di no. Nel mondo reale le ragazze sono cambiate, ma in fondo lo stereotipo ideale che i ragazzi sognano resta quello della ragazza fragile da proteggere. Ormai sono troppo lontano anagraficamente dalle generazioni più giovani – dovrei aggiornare i miei standard forse, ma rimango attaccato a quell’idea di personaggio.
Qual è stato il suo percorso lavorativo? Ha fatto la gavetta lavorando come assistente?
Non ho mai fatto l’assistente. Ho presentato un progetto e, senza che me ne rendessi conto, mi è stata assegnata una serie settimanale.
Quali sono i suoi riferimenti principali, nel manga o nel cinema?
Una domanda difficile… sicuramente uno è Akira Toriyama. Nonostante sia un grande maestro non se la tira per niente (ride), anzi è una persona molto simpatica e alla mano. Nutro un grande rispetto per lui.
Conosce opere o autori occidentali?
No, forse solo Moebius… ho sfogliato opere occidentali ma non capendo l’inglese ho potuto solo guardare le figure. Qualcosa in giapponese è stato tradotto, ma io non sono un gran lettore di fumetti e non mi è mai venuta voglia di comprarli.
Segue serie a fumetti giapponesi?
Attualmente nessuna. In passato… non ricordo. Il mio editor Torishima, che è stato anche editor di Toriyama, mi portava scatole di fumetti da leggere: le serie di Adachi, varie love comedy e altre, ma ricordo di aver letto solo Dragonball. E alle medie Tommy la Stella dei Giants. E anche i manga di Hiroshi Asuna (mangaka inedito in Italia, celebre in Giappone negli anni ’70 e ’80 N.d.r.).
La vita del mangaka è molto dura, ma al momento lei sta pubblicando solo Zetman. Può avere una vita “normale” o le scadenze sono sempre pressanti?
Adesso ho una vita normale, posso andare avanti a un ritmo rilassato. Ogni tanto mi arrivano lavori di illustrazione, per cui sono più impegnato. Alla fine di questo viaggio però dovrò rimettermi a lavorare sodo. Gestire una sola serie, un seinen come Zetman, è imparagonabile ad avere uno shonen settimanale da portare avanti. Ma sono anche invecchiato, e non potrei più sostenere i ritmi di un tempo.
Ci descrive la sua giornata tipo?
Dipende molto dalle giornate, non ho ritmi regolari. Ad esempio prima di partire andavo a dormire verso le 13, mi alzavo alle 19 e mangiavo con la famiglia, ma mentre loro cenavano io facevo colazione, guardando il baseball in tv. Poi andavo in ufficio a controllare le mail e lavoravo per tutta la notte: dovevo consegnare alcune illustrazioni. Di recente ho completato quelle di Melmo, il personaggio di Osamu Tezuka (è la protagonista dell’anime noto in Italia come I bonbon magici di Lilly N.d.r.), per un evento chiamato Tezuka Girls a Tokyo, per il quale vari autori odierni sono stati chiamati a ridisegnare famosi personaggi femminili di Tezuka.
Proprio in occasione di Lucca Comics è uscito un volume che raccoglie le storie su cui ha lavorato a quattro mani con Akira Toriyama. In futuro pensa di collaborare con altri mangaka?
Probabilmente io e Toriyama collaboreremo ancora: non nego che ci sia questa possibilità. Non ho progetti, invece, per collaborazioni con altri autori.
È noto il suo interesse per la figura del supereroe. La sua opera più lunga è infatti Zetman, tuttora in corso di serializzazione. Non crede che tra fumetti e film tratti da comics americani, si stia rischiando una sovraesposizione dell’eroe mascherato? I supereroi hanno ancora qualcosa di nuovo da dire?
Come genere esisterà sempre, ma il pubblico probabilmente si stancherà. Il supereroe è stato sviscerato in qualunque modo, non so cos’altro ci si può inventare. Zetman resterà com’è: mi piace la direzione che ha preso e non credo che cambierà.
Sappiamo che lei si occupa anche di character design e illustrazione. È impegnato in qualche progetto parallelo, oltre ai manga, al momento?
Al momento no, ho finito tutte le commissioni su cui ero impegnato prima di partire!