50 anni fa, in Giappone veniva pubblicato un breve fumetto dal grande futuro: Sabaku no Tami, manga in bianco e nero realizzato da un giovane autore di nome Akitsu Saburō, gettava le prime fondamenta di quello che sarebbe poi divenuto Shuna no tabi e, ancora dopo, Nausicaä della Valle del vento. Già, perché Akitsu Saburō non era che lo pseudonimo di un certo Hayao Miyazaki. E Sabaku no Tami fu la pietra da cui tutto partì: la sua carriera nel fumetto, e il nucleo tematico di quello che sarebbe diventato il primo ‘film’ interamente ispirato alla sua visione – una toccante e tormentata fusione tra natura e civilizzazione, spiritualità e quotidianità – ovvero Nausicaa, fumetto e poi lungometraggio presto diventato un cult internazionale.
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Sabaku no Tami può essere considerato il primo manga originale pubblicato dal futuro regista di successo e co-fondatore dello Studio Ghibli. Miyazaki, infatti, aveva precedentemente realizzato Nagagutsu wo haita neko, un adattamento in 12 capitoli della fiaba del gatto con gli stivali – pubblicato nell’edizione domenicale di Tokyo Shimun da gennaio a marzo 1969 – basata sul film d’animazione omonimo del regista Kimio Yabuki. Questa storia gli era stata commissionata da Toei Animation, casa di produzione della pellicola, con cui Miyazaki collaborava già come animatore.
Grazie al Gatto con gli stivali, l’autore – che sin da bambino aveva espresso il desiderio di diventare un mangaka – colse l’occasione per fare pratica e, in qualche modo, misurarsi con il pubblico. Ma è solo con il seguente Sabaku no Tami, che Miyazaki comincia la sua carriera autoriale come fumettista: scrive e disegna una storia originale a se stante e non su commissione, che gli permette di lavorare in piena autonomia, gettando le basi di quelli che sarebbero stati i suoi successi futuri.
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Il manga, realizzato sotto lo pseudonimo di Akitsu Saburō, venne serializzato in 26 capitoli sulla rivista Shōnen shōjo shinbun (di proprietà del Partito Comunista Giapponese) tra il 12 settembre 1969 e il 15 marzo 1970. Nonostante il settimanale fosse destinato a un pubblico molto giovane, la storia tratta di tematiche cruente come guerra, tradimento, e morte, mettendo in risalto il lato oscuro dell’uomo, pronto a ricorrere a qualsiasi espediente pur di salvarsi.
La storia, collocata in un passato indefinito, è ambientata in un’immaginario deserto dell’Asia Centrale. La vicenda narra le avventure del pastore Tem, un ragazzino appartenente alla tribù dei Sokut, che si scontrerà contro i nomadi Kittāru, intenzionati a soggiogare il suo popolo e a ridurlo in schiavitù.
Per il manga, Miyazaki trasse ispirazione dal fumetto Sabaku no mao (The Devil of the Desert) di Tetsuji Fukushima, che lesse nel periodo dei primi studi a cavallo tra gli anni Quaranta e Cinquanta.
Si tratta di una storia graficamente influenzata dai fumetti americani e ispirata alla favola di Aladino, che racconta la lotta di un ragazzo contro il Signore del Male. Questo manga di Fukushima – secondo quanto ricordato anche di recente, nell’introduzione contenuta in una ristampa pubblicata dall’editore nipponico Akita Publishing – fu influente per molti futuri autori giapponesi: da Takao Saito a Fujio Akatsuka o Fujiko Fujio. E fino a Miyazaki stesso, che confessò di avere tratto ispirazione da esso anche per uno degli ‘oggetti’ più memorabili della sua produzione: la pietra magica della levitazione in Laputa, il suo terzo lungometraggio animato.