Massimo Dall’Oglio
In realtà Otomo non è mai stato un mio referente, il mio referente principale è stato Yoshihisa Tagami in tutto e per tutto. Ma anche Satoshi Kon. Che poi non si veda o che sembri Otomo secondo me dipende dal fatto che ho 40 anni e vengo dal manga degli anni ’80, da quel seinen giapponese. Sicuramente Otomo mi ha colpito molto e visivamente mi è rimasto impresso. Quello che mi sconvolge sempre nel vedere il suo lavoro – rileggo Akira regolarmente – è la sua capacità di rimanere ordinato e razionale, di usare un sistema narrativo controllato ma nello stesso tempo di saper far esplodere energia e dinamismo. Riesce, in una griglia rigida e con vignette piccole, a dare una velocità alla scena impressionante. In Akira e Sogni di bambini è impressionante. Ciò che mi ha sempre colpito di lui è che ha un segno molto definito e ricco, perché diversamente da molti altri autori mantiene le anatomie molto precise, riuscendo a muovere tutto quanto con una facilità incredibile. Per esempio Urasawa, che è un altro autore che studio parecchio, è molto dinamico, ma non è un disegnatore definito come Otomo, anche se lo sembra. Questo è l’elemento principale che mi colpisce di Otomo. L’elasticità della scena, la fluidità. Ma anche la sua particolare gestione della telecamera, si vede che è un regista d’animazione, come Satoshi Kon. Si vede che sono persone che nella testa hanno la macchina da presa e non solo il fumetto. Gente che si visualizza le cose in movimento. Tipico dei giapponesi che diventano poi grandi registi.