Andrea Scanzi è un giornalista del Fatto Quotidiano. Non solo. E’ anche un appassionato ed esperto di vini. Suoi sono Elogio dell’invecchiamento (2007) e Il vino degli altri (2010), entrambi pubblicati da Mondadori. Qualcuno potrebbe dire che la qualità degli articoli del giornalista è pesantemente influenzata dalla passione dell’enologo. Negativamente, naturalmente.
Questo sarebbe, è chiaro a tutti, un paragone assurdo, offensivo persino. Eppure Scanzi, in questo articolo che critica duramente la proposta di legge elettorale del neo-leader del PD Matteo Renzi (“una schifezzina”) non si preoccupa di fare un altro paragone, questo:
“azzerare il Senato per tramutarlo in un melting pot di consiglieri regionali è una castroneria letta forse su Topolino (una delle letture fondanti di Renzi, insieme ai testi dei Righeira)”
Che questo sia il paese dei campanili è noto. Che il mondo del fumetto sia particolarmente sensibile, anche, ma suggerire che quello che si scrive – e si disegna – su Topolino sia “una castroneria” pone dei seri dubbi sulla conoscenza della materia da parte di uno dei giornalisti più cool della scena nostrana (almeno per il momento). Già collaboratore de Il Mucchio Selvaggio e promotore o collaboratore di diversi, importanti, eventi culturali, sorprende che Scanzi dimostri così poca sensibilità verso una parte importante – e non solo numericamente – della cultura popolare del nostro paese. Non solo, una delle poche eccellenze, in campo editoriale, che riusciamo ad esportare con continuità almeno da cinquant’anni a questa parte.
Non capire Topolino, così come non capire molte altre storiche pubblicazioni che hanno fattivamente partecipato alla costruzione dell’identità culturale del nostro paese, e che hanno contribuito ad alfabetizzarlo o ad informarlo, anche su tematiche “difficili” e “scomode”, senza pedanteria, sempre nel nome dell’intrattenimento, evitando, quando possibile, eccessive semplificazioni infantilistiche, significa non capire la pancia – quella buona – dell’Italia. Penso, per fare solo alcuni esempi, a storie come Paperino Portaborse, Paperino e l’iniquo equo canone o, per uscire dal campo strettamente “politico” a Zio Paperone e la deriva dei monumenti o Zio Paperone e il ponte di Messina. Per non dire, al di là delle tematiche trattate, di come hanno intelligentemente intrattenuto i loro lettori, di come li hanno fatti viaggiare e, pur con i loro limiti, abituati al confronto con il diverso, con l’estraneo, permettendogli di entrare in confidenza con i classici della letteratura, della lirica o del teatro. Penso, naturalmente, restando in ambito Disney, alla serie de “Le Grandi Parodie”, inaugurata dalla famosa L’Inferno di Topolino di Guido Martina e Angelo Bioletto. A Scanzi, e a chi volesse approfondire questo argomento, così a chi volesse capire come molto spesso la stampa generalista tratti con troppa condiscendenza il fumetto mi permetto di consigliare questo mio articolo.
Scanzi del resto si inserisce senza soluzione di continuità in quell’atteggiamento di diffidenza verso la cultura popolare che attraversa la storia dei progressisti italiani – di una loro parte, per lo meno – da Togliatti a Nilde Jotti, per arrivare, come abbiamo visto recentemente, ad un’altra giornalista come Concita De Gregorio. Atteggiamento che ancora oggi, e anche fra i più giovani, fatica a essere rimosso. Lo stesso Scanzi ci è ricascato lo stesso giorno, anzi, la sera. Intervenendo, infatti, al talk-show di LA7, Otto e Mezzo, ha infatti affermato: “Matteo Renzi? Mi sembra che ideologicamente abbia un po’ la struttura di Peppa Pig”. Pare che i fumetti, e specialmente quelli popolari, siano entrato nel dibattito politico italiano proprio con il piede sbagliato.
Posso salutare il giornalista ed appassionato di vini Andrea Scanzi con due piccoli cadeau, due citazioni. La prima è dello scrittore italiano e grande appassionato di fumetti Dino Buzzati:
Colleghi e amici, quando per caso vengono a sapere che io leggo volentieri le storie diPaperino, ridono di me, quasi fossi rimbambito. Ridano pure. Personalmente sono convinto che si tratta di una delle più grandi invenzioni narrative dei tempi moderni