HomeFocusProfiliNon parlo del futuro, ma del presente. Intervista a Miguel Angel Martin

Non parlo del futuro, ma del presente. Intervista a Miguel Angel Martin

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Miguel Angel Martìn (León 1960) è l’autore di quello che è stato definito “il fumetto più violento e ripugnante mai disegnato”, Psycho Pathia Sexualis. Un cult finito, nel 1995 al centro di un’incredibile vicenda giudiziaria che portò – nel nostro paese, sì – al sequestro e alla distruzione delle copie, riportando per qualche tempo alla ribalta nel dibattito pubblico i temi della libertà di espressione e della censura. Il newsmagazine «Time» arrivò a definire Martìn “il miglior disegnatore europeo di fumetti”, mentre la rivista «The Face» lo incluse nella lista dei “50 disegnatori del secolo”. E questo per dare la misura del polverone che suscitò.

In Italia, Martìn è noto soprattutto per il personaggio Brian the Brain, pubblicato inizialmente dalla microetichetta Topolìn Edizioni e ristampato poi da NPE, suo attuale editore. Nel nostro paese ha pubblicato inoltre per Coniglio Editore e Purple PressPotete visitare il suo sito personale QUI. Al suo lavoro ho già dedicato questo articolo. E ho pensato fosse ora di una conversazione, per confrontarmi – a distanza di anni – con il suo lavoro.

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Per cominciare, un’ammissione: il profondo impatto delle sue opere su un lettore adolescente come me. Parlo in particolare di Brain The Brain e di Psychopathia Sexualis, quest’ultimo oggetto di uno sgradevole caso giudiziario che rese molto nota la sua opera. Che rapporto ha, oggi, con il primo periodo della sua produzione?

Lo stesso rapporto che ho con il periodo contemporaneo. Tutto forma parte del mio mondo e del mio modo di guardarlo. Assorbo tutto ciò che ho fatto allo stesso modo.

Tra gli elementi caratterizzanti, nei due lavori che citavo, credo ci fosse la capacità di elevarsi sopra la media della produzione underground dell’epoca, vigorosa, arrabbiata ma spesso non analitica. Un aspetto evidente sia nella costruzione più rigorosa delle sceneggiature (in Brain The Brain), sia nell’uso di un segno di derivazione cartoonesca. Per non dire dello stile narrativo prettamente cronachistico. In cosa pensa di essere stato innovativo?

Non ho mai pensato di essere innovativo. Disegnavo e raccontavo solo ciò che mi piaceva e mi interessava in quel momento, come faccio oggi. Non sono stato mai consapevole di essere un innovatore. E non lo sono oggi! Il mio lavoro è puramente intuitivo.

Un personaggio secondario come Bug, approdato poi a una serie di cortometraggi e numerosi prodotti di merchandising, sembra quasi avere anticipato casi come quello dello scoiattolo Scrat, de L’era Glaciale. La sua è stata una strategia di comunicazione e di marketing consapevole?

No, come ho appena detto. Non ho mai pensato ad una strategia di comunicazione, e ben che meno di marketing! (risate) Io non mi aspettavo nemmeno una reazione come un sequestro giudiziario! Di proposito, non ho visto nessun film di quella serie di cui parli, e non conosco quel personaggio.

Che rapporto ha con gli altri media che adattano le sue opere? Penso in particolare al film Snuff 2000, allo spettacolo teatrale Kyrie, Nuevo Europeo e al videogioco di Bug.

Il film Snuff 2000 è stato girato da un mio buon amico, il regista Borja Crespo, che è anche un disegnatore di fumetti. L’ho conosciuto anni fa, quando pubblicava la fanzine Burp. Pochi anni dopo lui è venuto a vivere a Madrid per dirigere la collana di fumetti della Subterfuge. Io ho realizzato la sceneggiatura, lo storyboard e in più ho consigliato alcune cose . Il rapporto è stato eccezionale, sia dal punto di vista personale che professionale. Il mese prossimo Borja Crespo comincerà le riprese di NeuroWorld, un film in digitale per Calle 13 (un canale televisivo di suspense) e littlesecretfilm.com. Un modello di produzione low budget.

Lo  spettacolo teatrale Kyrie è basato sul mio fumetto omonimo: una serie di strisce con funny animals pubblicata sul giornale la Cronica de León e dopo in formato comicbook dalla Factoria. Anche Pepe Mora, il regista televisivo, è un mio buon amico. Anche il rapporto con lui è stato ottimo e mi è piaciuto molto lavorare con loro. Entrambi conoscono bene i miei fumetti  e sono stati molto rispettosi con lo spirito del mio lavoro, e hanno avuto totale libertà per quello che riguarda la realizzazione. Sono molto lieto delle due esperienze. Il videogioco di Bug, infine, è stato realizzato dalla NPE e io ho supervisionato il processo.

Immagine tratta da Snuff 2000
Immagine tratta da Snuff 2000

In coincidenza con lo spostamento di gran parte della sua produzione sul fronte dell’illustrazione, ho la sensazione che i suoi fumetti abbiano attraversato un periodo di stanca. Credo che il segno – su cui ha assunto un controllo sempre maggiore – abbia finito per prevalere sul racconto. Oggi mi pare quindi meno empatico, con una conseguenza: il predominio della parte estetica su quella etica, che è diventata in parte ripetitiva e, per così dire, “declamatoria” più che suggestiva.

Innanzitutto devo dire che non tutta la mia opera è stata ancora pubblicata in Italia, quindi non so se parli di tutta l’opera o solo di quella pubblicata in Italia. Comunque, secondo me, l’artista non è la persona migliore per giudicare la propria opera. Io non faccio fumetti per me, ma per voi. In questo senso, suppongo che le recensioni non sono fatte per motivi personali. Quindi il mio atteggiamento è ringraziare per le recensioni positive e rispettare quelle negative.

Eppure ci sarà qualche suo lavoro per cui ha detto “Ecco, sono riuscito a realizzare proprio quello che avevo in mente” oppure “In questo caso ho fallito”.

Sono sempre riuscito a realizzare quello che avevo in mente. Mai ho pubblicato un lavoro che non valutassi abbastanza buono. L’unica cosa che credo possa dire sul mio lavoro è che è molto particolare. Non ho mai conosciuto un altro disegnatore, europeo, americano o asiatico che lavorasse nella stessa direzione.

Come si concilia la sua produzione fumettistica con quella grafica? Quali assonanze ci sono e come cambia il suo approccio al segno quando lavora ad un fumetto oppure ad una copertina o ad una illustrazione?

Per me è più facile e semplice fare illustrazione, perché non devo pensare ad una storia, ad una sceneggiatura, ma solo interpretare il soggetto. A volte nemmeno quello, perché il soggetto è totalmente libero, come la maggior parte delle copertine che ho fatto per la Subterfuge Records. Naturalmente sempre con il mio stile e punto di vista particolare.

Amo molto quelle copertine, per la loro estrema capacità di sintesi. E credo rappresentino un ottimo proseguimento di lavori come Rubber Flesh. Qual è stata la differenza nel lavorare ad un’opera come Film (NPE Edizioni), per cui ha scelto soggetti noti e codificati?

Le copertine per la Subterfuge hanno come protagonista un diavoletto che è il logo dell’etichetta discografica. E di solito tento di relazionarlo con i temi vicini al mondo di Subterfuge: musica, skate, film di serie B, ecc. Alcune copertine sono state proposte da Carlos Galán, direttore della Subterfuge. Film è una cosa più capricciosa che è nata inizialmente da una proposta per la fanzine italiana Antropoide. Ho scelto alcuni film che mi piacciono particolarmente, ma non necessariamente dei capolavori. Originariamente erano disegni in bianco e nero. Ho fatto i due colori per questo portfolio.

In realtà, in Film, mi ha stupito come ha deciso di rappresentare Il Mago di Oz. Non perché non credo che possa far parte del suo immaginario, anzi, ma perché è quello che ha reinterpretato maggiormente, restituendone una versione più inquietante.

Il Mago di Oz è un film di culto e una icona gay. Ho un debole specialmente per questo film. Non è la prima volta che faccio un omaggio al Mago di Oz. Per esempio, nel Calendario Apocalittico, il mese di agosto, Leo, è dedicato al film, e la versione che ho fatto è anche molto reinterpretata ed inquietante.

In Italia il suo lavoro è stato spesso recepito e diffuso nel circuito dei centri sociali e negli ambienti della controcultura. Come si concilia tutto ciò (e l’ideologia che emerge dalle sue opere), con collaborazioni a riviste come GQ e Maxim?

Non so qual è l’ideologia della mia opera! Per esempio, Psychopathia Sexualis è stato considerato come un’apologia della violenza da alcuni, e come una denuncia da altri. Ma per me è solo un fumetto umoristico. Ricordo con simpatia le collaborazioni con quelle riviste mainstream perché erano molto ben pagate (altri tempi!) e rispettavano sempre il mio stile e la mia personalità. A proposito: Psychopathia Sexualis è stato anche etichettato come sessista, ah ah!

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Recentemente ha pubblicato in Italia un nuovo volume con protagonista il suo personaggio più popolare, Brian the Brain da adolescente, a cui seguirà, nel 2014, un terzo e credo conclusivo libro della saga. Perché, a tanti anni di distanza, tornare sul personaggio?

Ho sentito la necessità di farlo nel 2005, quando avevo appena finito l’ultima storia del primo volume: LARA II. Mi sono reso conto che il personaggio aveva ancora cose da raccontare, ma non come un bambino. Poi ho capito che Brian doveva evolvere, infatti lo stava già facendo. Così è nata l’idea di una trilogia: bambino – adolescente – adulto. Di proposito il titolo originale della seconda parte è MOTORLAB MONQI (Ritratto di Brian come adolescente. Titolo preso dell’opera di James Joyce: “a portrait of the artist as a young man”). Ho appena finito la sceneggiatura della terza e ultima parte: OUT OF MY BRAIN, sottotitolata “viaggio senza ritorno”. Semplicemente, l’evoluzione di Brian è parallela alla mia evoluzione come persona o artista.

Nel suo lavoro rappresenta un futuro/presente distopico, coerente e trasversale rispetto alle singole opere.

Ho sempre detto che non parlo del futuro, ma del presente: oggi e domani mattina. L’atmosfera futuristica e le pennellate di fantasia sono solo paramenti per parlare della natura umana, del suo rapporto con la tecnologia e con un mondo e una società in continua evoluzione.

Anche se parla del presente, però le sue storie contengono anche un’impressione di come le cose potrebbero degenerare ancor di più. Crede ci sia speranza?

Naturalmente sono ottimista, altrimenti non sarei disegnatore di fumetti “così particolari”! Secondo me, contrariamente a quanto comunemente si crede, il mondo sta migliorando, non peggiorando. In questo senso potrei raccomandare, con permesso, un paio di libri di due dei miei autori  favoriti: Steven Pinker, e il suo The better angels of a natureThe Rational optimist di Matt Ridley.

Cosa la spaventa? E cosa la diverte?

Mi spaventa lo Stato, fonte di corruzione, censura e repressione. Mi diverte il mondo contemporaneo: viviamo in tempi eccitanti e affascinanti di cambiamento e trasformazione.

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Rispetto a quanto ho notato circa l’involuzione della sua opera fumettistica, ho invece molto apprezzato la serie di vignette Simpatia por el devil, pubblicate in Italia sul sito “Verticalismi”. Mi pare uno dei suoi lavori migliori: una sintesi di molti spunti dalle sue opere precedenti, condensati in una serie di feroci micro racconti morali.

Credo che abbia appena detto tutto tu! Queste strisce sono fatte praticamente con la stessa tecnica che ho già utilizzato con la serie di strisce KYRIE, NUEVO EUROPEO, non pubblicate ancora in Italia, ed adattate per il teatro da Pepe Mora. Guarda le foto QUI. Tutta la mia opera è fatta con molto piacere e divertimento! Infatti i personaggi di BIG WHACK! rappresentano uno spin-off di Kyrie.

I suoi ultimi lavori, in Italia, sono usciti per NPE, dopo la chiusura di Coniglio Editore e di Purple Press. Come funziona la sua collaborazione con questo editore?

Il rapporto professionale e personale è eccezionale. Ho conosciuto Nicola Pesce grazie alla galleria MioMao di Perugia. Cristina Maiocchi mi ha messo in contatto con lui. Nicola mi ha proposto di fare un calendario apocalittico tipicamente à la Martin. L’idea mi sembrò bellissima e così ha cominciato il rapporto. L’idea della NPE è quella di pubblicare tutta la mia opera in Italia e recuperare l’opera esaurita. Sono molto contento.

Vorrei chiederle di concludere questa intervista con un ricordo dell’editore Jorge Vacca, editore che ci pare sia stato importante per il panorama culturale del nostro paese, e non solo per la difficile battaglia legale che ha dovuto affrontare. Ora Vacca si occupa di tutt’altro. Siete ancora in contatto?

Vacca è soprattutto un buon amico. Non posso avere un ricordo migliore di lui e di quella epoca fantastica! L’edizione speciale di Psychopathia Sexualis è dedicata a lui. Il dicembre scorso l’ho incontrato a Milano, dove vive ancora e lavora come dj di tango.

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