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Joe Simon e Jack Kirby: le leggende dietro Capitan America

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Non è stato il primo supereroe di Marvel Comics – prima di lui sono nati la Torcia Umana androide e Namor il Sub-Mariner –, ma Capitan America è di certo quello con la carriera più longeva di tutti. Anche gli altri suoi coetanei sono ancora in giro, bene o male, ma chi, a 70 anni, può vantare un picco di popolarità come quello che sta vivendo oggi l’eroe a stelle e strisce, grazie soprattutto alla serie di film a lui intitolati?

Eppure, più di tanti altri supereroi, Capitan America – alias Steve Rogers – sembrava figlio del suo tempo, di quei primi anni Quaranta che per gli Stati Uniti volevano dire l’attesa per un’inevitabile entrata in guerra. Secondo i suoi creatori Joe Simon e Jack Kirby, il personaggio fu una creazione volutamente politica, in reazione alle manovre aggressive delle forze dell’Asse e in particolare della Germania nazista: l’ostacolo perfetto da contrapporre a Adolf Hitler, il cattivo per eccellenza di quegli anni.

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Jack Kirby Joe Simon Capitan America
Joe Simon (in piedi) e Jack Kirby (seduto) al lavoro

Fu Simon ad avere la prima idea per il personaggio, nel 1939 – come da lui raccontato nella sua autobiografia intitolata The Comic Book Makers –, quando realizzò un bozzetto di un eroe con un costume con gli stessi colori della bandiera americana chiamato “Super American” e vagamente ispirato a un personaggio di nome The Shield della MLJ (poi Archie Comics). «Rimasi tutta la notte a fare degli schizzi. Un maglione di maglia di ferro, muscoli gonfi sulle braccia e sul petto, pantaloni aderenti, guanti e stivali col risvolto sotto al ginocchio. Disegnai una stella suo suo petto e strisce dalla cintura fino a una linea sotto la stella, e colorai il costume di rosso, bianco e blu. Poi vi aggiunsi uno scudo» (traduzione di Aurelio Pasini e Massimiliano Brighel per il libro Marvel Comics. Una storia di eroi e supereroi, Panini Comics, 2013). L’immagine era molto ben definita, mentre il nome non gli suonava ancora giusto, dato che c’erano troppi personaggi in giro che avevano il prefisso “super” nel nome, a partire dal capostipite Superman. Optò così per un più originale “Captain America”, mentre il nome della spalla dell’eroe, Bucky, derivò da quello di un amico dell’autore.

L’idea fu allora sottoposta all’editore Martin Goodman della Timely Comics (così come all’epoca era nota la Marvel). In quegli anni, Simon collaborava in modo stabile con Jack Kirby, che aveva conosciuto qualche anno prima negli uffici della Fox Feature Syndacate. In un’intervista con Gary Groth di The Comics Journal, Simon raccontò quali erano le basi del suo rapporto con Kirby: «Mi piaceva Jack, e pensavo che sarebbe diventato un genio. Era molto giovane e tremendamente talentuoso. Credo di essere diventato subordinato al suo stile di lavoro, con il mio. Non so se alla lunga questo si sia rivelato un errore o meno, ma, diavolo, quando fai le cose per bene… Eravamo molto intimi. Le nostre famiglie erano intime. Diavolo, abbiamo vissuto uno di fronte all’altro, sulla stessa strada, per anni».

Nel 1939, i due erano stati arruolati da Goodman, che aveva appena lanciato i suoi primi supereroi e aveva capito che era un filone da sfruttare. Simon era stato addirittura nominato caporedattore della casa editrice e fu in quel ruolo che andò dall’editore a proporgli Capitan America. Goodman apprezzò subito l’idea e decise di farlo esordire su una testata tutta sua, Captain America Comics, da far uscire il prima possibile, dato che aveva paura che Hitler potesse essere ucciso e l’ondata patriottica dissolversi. Si trattava di una grossa novità: Capitan America fu infatti il primo eroe ad avere una testata a suo nome, dato che i suoi predecessori erano stati fino ad allora solo protagonisti principali di antologici (Action Comics per Superman, Detective Comics per Batman, Marvel Comics per la Torcia Umana, e così via). Per Simon, Kirby sarebbe stato perfetto per disegnare la serie, ma non credeva che l’autore ce l’avrebbe fatta a gestire da solo il lavoro per il primo numero nel poco tempo a disposizione.

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Joe Simon Capitan America
La copertina del primo numero di Captain America Comics, marzo 1941

Simon pensò di coinvolgere altri due autori freelance, Al Avison e Al Gabriele, il cui tratto assomigliava molto a quello di Kirby, in modo da avere uniformità di stili. Kirby però si infuriò, assicurando di poterlo disegnare tutto da solo. «Non mi aspettavo una reazione del genere», raccontò poi lo scrittore nella sua autobiografia, «ma accettai le volontà di Kirby e, come sarebbe poi venuto fuori, fui fortunato a farlo. Ci potevano anche essere due Al, ma c’era un solo Jack Kirby. Scrissi il primo albo di Capitan America facendo il lettering direttamente sulle tavole, con personaggi e sfondi da me schizzati in modo molto approssimativo. Kirby ci mise del suo, costruendo le anatomie muscolari, aggiungendo idee e animando l’azione come solo lui sapeva fare. Poi rinforzò le matite, aggiungendo sfondi, volti e personaggi dettagliati».

Furono poi Al Liederman e altri disegnatori che si trovarono a passare in quelle settimane per la redazione a inchiostrare le matite di Kirby, e così la prima storia di Capitan America fu distribuita il 20 dicembre 1940, con data di copertina postdatata, come consuetudine, al marzo 1941. Mancava ancora un anno al bombardamento di Pearl Harbor e all’ingresso degli Stati Uniti nella Seconda guerra mondiale, ma Capitan America era già pronto a entrare in azione, come evidente dall’iconica copertina disegnata da Simon e Kirby, in cui il personaggio stampava un cazzotto sul muso di Hitler.

Il primo albo vendette quasi un milione di copie, ma il personaggio ricevette anche reazioni contrastanti, sotto forma di lettere di minacce giunte in redazione, soprattutto da parte dei nazisti americani. Kirby ricevette una missiva in cui veniva invitato a scegliersi un lampione di Times Square al quale sarebbe stato impiccato dopo l’arrivo di Hitler in città. Fu il sindaco di New York in persona, Fiorello La Guardia, a telefonare a Simon in redazione per rassicurarlo che la città avrebbe fatto di tutto per garantire la sicurezza dell’intera redazione. La serie così continuò, superando il milione di copie per numero. Già a partire dalla seconda storia – in cui il personaggio si recò a combattere il nemico direttamente in Germania –, Kirby ideò il distintivo scudo circolare ancora oggi utilizzato da Capitan America, che andò a sostituire quello più classico presente nella sua prima uscita.

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Joe Simon Capitan America
Il racconto delle origini di Capitan America, da Captain America Comics #1

L’idea dei due era quella di non fare un fumetto necessariamente di propaganda, come poi avrebbe rivelato Simon a A.V. Club nel 2011: «Anche se aveva radici patriottiche, Capitan America era stato pensato per non essere solo un tipo che indossa una bandiera. Così gli facemmo affrontare malavitosi e mostri… tutto ciò che serviva per buone avventure piene di azione». Ed è forse per questo che il personaggio è riuscito a sopravvivere alla fine della Seconda guerra mondiale, a differenza di altri suoi simili.

Simon e Kirby continuarono a realizzare le storie del personaggio fino a Captain America Comics #10 – con l’aiuto di un giovane sceneggiatore di nome Stanley Lieber, poi divenuto noto come Stan Lee –, consolidando una macchina narrativa molto ben oliata, in cui si faceva fatica a capire dove finiva il lavoro di uno e iniziava quello dell’altro (Simon era un buon disegnatore, mentre Kirby… be’, era Kirby).

Il metodo di lavoro sarebbe stato confermato dallo stesso Simon nell’intervista già citata per il TCJ: «Per quasi tutto quello che facevamo all’epoca, io mi sedevo al tavolo da disegno e facevo le matite, mentre Jack prendeva questa roba e la rinforzava. Io scrivevo la storia su quelle tavole, la schizzavo, e Jack la rinforzava. […] Io scrivevo le storie, e se capitava le scriveva anche Jack. Ma, per la maggior parte, le scrivevo io». Insomma, un contributo praticamente alla pari, facilitato anche dal fatto di condividere lo stesso ufficio.

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Joe Simon Capitan America
Una scena d’azione con Cap e Bucky sempre dal primo albo della serie dedicata all’eroe di Simon e Kirby

Il successo di Capitan America rispetto a tanti altri eroi patriottici nati in quegli anni (con nomi come Captain Flag, Captain Victory, The Sentinel e persino Super-American) fu probabilmente dovuto ai suoi due autori e al loro approccio innovativo alla narrazione a fumetti, che prevedeva griglie variabili con inquadrature e pose dinamiche (soluzioni che oggi possono sembrare banali ma che all’epoca non lo erano, come l’apertura di ogni storia con una vignetta a tutta pagina e l’uso originale di doppie splash page). Nel suo saggio del 1965 The Gret Comic Book Heroes, Jules Feiffer entrò maggiormente nel dettaglio: «La coppia Simon & Kirby introdusse l’anatomia nei fumetti. Non che gli altri disegnatori non sapessero il fatto loro… ma nessuno riusciva a infilare tanta anatomia in un singolo eroe come facevano quei due. I muscoli di distorcevano come per magia. Nel dare un pugno, le gambe erano sempre larghe e ben piantate. Ogni vignetta era un’esplosione demografica, con migliaia di persone che combattevano, saltavano, cadevano, strisciavano… tutto era frenetico. Ferocemente, rabbiosamente frenetico» (traduzione di Marco Cedric Farinelli per il libro Kirby. King of Comics, Edizioni BD, 2009).

Secondo Harvey Kurtzman, invece, la questione era perlopiù legata all’idea espressionistica dietro ai disegni, come riportato sempre su Kirby. King of Comics: «Prima di Simon e Kirby i supereroi erano, per certi versi, stilisticamente orientati al realismo. Nonostante l’eccezionalità dei loro superpoteri, quand’erano in azione non venivano rappresentati in maniera tale da suggerire straordinarietà. Quando Simon e Kirby disegnavano Captain America, invece, descrivevano le supergesta con linee contrapposte che si scontravano ed esplodevano su tutta la tavola. Paragonato alla loro opera, tutto il resto sembrava statico, smunto, anemico».

Negli ultimi mesi del 1941, il duo creativo si trasferì alla National Comics (poi diventata DC Comics), che gli aveva promesso dei compensi più alti rispetto a quelli che gli aveva fino ad allora garantito Goodman. Dalle vendite di Captain America Comics, Simon riceveva il 15%, mentre Kirby il 10%. I due continuarono poi a creare fumetti in coppia per quasi altri vent’anni, fino all’alba della Silver Age, su personaggi come Boy Commandos, Sandman e Newsboy Legion, senza dimenticare il grande successo di Young Romance, serie “rosa” della Crestwood Publications che arrivò a vendere milioni di copie e a dare vita a un intero filone di collane più o meno simili all’originale. Il duo di autori divenne così iconico da fare da base per i protagonisti di Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay, romanzo del 2000 di Michael Chabon, che segue le vicende di due autori di fumetti dagli anni Trenta agli anni Cinquanta, entrambi di famiglia ebraica e residenti a New York proprio come Simon e Kirby.

Joe Simon Capitan America
Una delle doppie splash page tipiche di Kirby, da Captain America Comics #8, novembre 1941

Per Kirby, dopo di allora, ci sono stati molti altri momenti di gloria, dalla creazione dei principali personaggi Marvel con Stan Lee negli anni Sessanta all’ideazione di nuovi mondi fantastici per DC Comics nel decennio successivo (su tutti, Kamandi e il Quarto Mondo). Simon, invece, ha continuato a creare storie e personaggi fino alla fine degli anni Settanta, ma la vetta l’aveva ormai toccata con Steve Rogers, un personaggio che lui – sempre dichiaratosi molto patriottico – ha visto fino all’ultimo momento di vita come l’incarnazione di tutto ciò che di buono l’America ha da offrire: «Per me, Capitan America è uno di noi ed è tutti noi. Così, alla fine della fiera, ha bisogno di rappresentare l’amore per il suo paese e il tentativo di fare ciò che è giusto». Eppure, Simon ha dovuto lottare con la Marvel per vedersi riconosciuto il diritto alla paternità del personaggio, garantitogli apertamente solo dopo decenni di cause e tribunali.

Simon è scomparso il 14 dicembre 2011, all’età di 98 anni, in seguito a una breve malattia e poche settimane dopo aver assistito a una proiezione privata di Captain America: Il primo Vendicatore, con cui il suo personaggio ha esordito sul grande schermo. D’accordo, c’era già stato un tentativo nel 1990, ma il film non aveva mai raggiunto i cinema ed era stato distribuito solo nel mercato dell’home video. E a proposito di quello e dei precedenti adattamenti live action per la tv degli anni Quaranta, nel 2011, pochi mesi prima della sua morte, sempre nell’intervista con Jason Haller di A.V. Club, Simon dichiarò con risolutezza di non averci avuto nulla a che fare: «Meno se ne parla, meglio è. Erano pessimi, e di certo non erano importanti per me. All’epoca in cui uscirono, avevo di meglio da fare». Ovvero scrivere (e supervisionare) fumetti, dato che la sua è stata, senza possibilità di smentite, una vita nel fumetto… e My Life in Comics è stato non a caso il titolo della sua seconda autobiografia.

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