HomeFocusOpinioniProcioni, ghiandaie, mutaforma: il nuovo corso KaBOOM! Studios

Procioni, ghiandaie, mutaforma: il nuovo corso KaBOOM! Studios

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Se esistesse un premio per la casa editrice più furba dell’industria statunitense, non sarebbero molte le realtà a poter gareggiare ad armi pari con KaBOOM! Studios, sopratutto dopo gli exploit di questo ultimo anno. Partire come sotto-etichetta dedicata all’infanzia, seppur dotata di un carnet a dir poco ricco, e finire per essere la sola in grado di gettare ponti tra mondi lontanissimi, generare mode e approfittare realmente di quel nerd-centrismo che pare ancora lontano dalla parabola discendente, non è proprio un risultato banale.

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Tutto parte da Pendleton Ward, creatore della serie Adventure Time per il canale Cartoon Network. Nonostante la rete in questione abbia già dato ampio spazio, in passato, a titoli più adulti (uno su tutti, Samurai Jack), lo strappo avvenuto con le avventure di Jake e Finn è qualcosa di (quasi) mai visto prima. Surrealismo spinto, sgradevolezza – spesso esplicitamente splatter – e diverse cessioni all’horror più puro sono solo alcuni degli ingredienti che la renderebbero definibile senza problemi come “fuori luogo”. Eppure non stiamo parlando di una serie pensata per il pubblico adulto. La differenza più grossa rispetto a prodotti del genere è nell’approccio: nonostante le malformazioni, il grottesco e il continuo aleggiare di un inequivocabile tanfo mortifero Adventure Time non cade mai nella volgarità, nell’ammicco rivolto solo e soltanto ai maggiorenni o nello scabroso. Dietro a una facciata che, sul piano stilistico, riesce a sfruttare gli ultimi sprazzi di vita dell’urban vinyl e del pop-surrealism, si nasconde un cartone animato davvero adulto.

L’umorismo sarà anche idiota – ben oltre i limiti del non-sense – e leggerissimo, ma non si può dimenticare che il tutto è ambientato in un mondo post-apocalittico, devastato da una guerra nucleare solo pochi anni prima. Spesso e volentieri questa tragedia, o le sue conseguenze, fanno capolino durante le puntate. Cambiando completamente le carte in tavola. La lenta discesa nella follia di Re Ghiaccio, narrata dalla vampirella grunge Marceline in una puntata straziante, ne è forse il simbolo più significativo. Accanto ai continui richiami all’universo queer e transgender, presenti con una naturalezza tale da sorpassare in modernità un sacco di prodotti solitamente ritenuti come esempi di “avanguardia”.

La delicata alchimia studiata da Pendleton ha fatto il suo dovere, insomma, al punto che la serie riuscì a diventare un cult ancora prima di approdare in tv. Adventure Time venne infatti approvato solo in seguito all’esplosione virale del pilot, prodotto in origine da Nickelodeon. Neppure il tempo di mandare in onda la prima serie (nel 201o) che merchandise, cosplayer e fan-art si moltiplicano a macchia d’olio. E qui entra in ballo la KaBOOM!, con una mossa che è un capolavoro di strategia commerciale. Prendono una serie per bambini adorata dagli adulti, ne fanno una serie a fumetti per una casa editrice per lo stesso target, e si inventano un prodotto che è il sacro graal del visitatore medio della Jonathan Levine Gallery. Scrittori e disegnatori quotati ma ancora legati all’underground, tonnellate di strepitose variant cover, e collaborazioni come la mostra presso la hipsterissima Mondo Gallery di Austin, consacrano il progetto.

http://www.dailymotion.com/video/x122b4p_adventure-time-episodio-pilot_shortfilms

I fumetti nati sotto l’etichetta Cartoon Hangover, casa produttrice di alcune tra le più folli web-serie animate sulla piazza, sono progettati per diventare autentici fenomeni, apprezzati e conosciuti da chiunque. Non importa che tu solitamente legga gli X-Men, Vice Magazine o Juxtapoz: Adventure Time ti piacerà. E la stessa cosa succederà con l’altro mega-successo di casa Cartoon Network/KaBOOM! Studios: Regular Show. Meno profondo della creatura di Ward, ma ugualmente trasversale. Con in più un retrogusto di anni ’90 come non se ne sentiva dai tempi di Daria o Beavis & Butthead. Sappiate soltanto che nei primi due numeri (esauriti e in ristampa; in Italia sono pubblicati da Panini Comics) i nostri finiscono per scatenare un furibondo mosh pit da concerto metal durante un noioso evento folk, ospitato dal parco dove lavorano. La discrepanza tra i due generi musicali genera uno strappo inter-dimensionale, con relativo risveglio di un demoniaco spirito adolescenziale. Aldilà della sfacciata idiozia, si capisce benissimo a quale pubblico si intende parlare, senza però nessuno degli ingredienti tipici di un canale come Adult Swim.

regular show

Finalmente, insomma, qualcuno riesce sfruttare l’onda lunga della nerd-mania per gettare un ponte tra un vero prodotto di questa cultura (tutte queste serie presentano riferimenti e intricate citazioni incomprensibili ai più) e quell’universo modaiolo che, peraltro, può influire assai sulle vendite.

Ora, la domanda è un’altra: al di là di questo indubbio risultato, stiamo parlando di una serie di un certo pregio, o si tratta di pura speculazione? Per rispondere basta recuperare la prima run di un altro titolo della stessa mandata, Bravest Warriors, sempre creato da Ward. Sorta di incrocio tra tutti i prodotti con protagonista una squadra di eroi spaziali, questo spoof/omaggio finisce per sorpassare in ogni aspetto una serie ben più blasonata e considerata, anche se praticamente gemella, come i Guardiani della Galassia di Bendis. E lo fa nella maniera più sfacciata possibile: presentandosi al suo pubblico con una trama intricata – capace di distribuire indizi e rimandi lungo tutto il suo svolgimento – arricchita da uno studio psicologico mai banale. Se nella serie Marvel abbiamo il procione smargiasso esperto di esplosivi (sic, roba da A-Team) dall’altra abbiamo il forzuto del gruppo convinto della forza del dialogo, e il genio scientifico recalcitrante, sospeso tra ribellione, senso del dovere e insicurezze adolescenziali. Oltre a sirene spaziali dalla doppia personalità e pianeti completamente abitati da clown, tanto per non farsi mancare nulla.

breavest warriors

Altro attestato di stima per l’indubbia qualità di queste serie è l’Eisner Award vinto, nel 2013, da Adventure Time: miglior serie a fumetti per l’infanzia. E allora, non rimane che godersi gli sviluppi di questo fenomeno. A partire dalla nuova serie Candy Capers. Un noir alla Spillane ambientato in un mondo fatto di caramelle senzienti. Come se le cose non fossero già abbastanza complicate.

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