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Robert Crumb non odia voi, ma quello che fate

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Lo scorso ottobre il New York Observer ha pubblicato un’intervista a Robert Crumb in un articolo intitolato Robert Crumb hates you (Robert Crumb vi odia). La conversazione, condotta dal giornalista , contiene alcune delle più controverse dichiarazioni dell’autore americano, spesso etichettato dai media – non a torto, va detto – “il più grande fumettista vivente”. La maggior parte della discussione verteva sul sesso, la misoginia, la fobia sociale, la storia e la politica americana del Ventesimo secolo. Ed ha offerto alcune risposte sovversive, al limite della liceità, come quella in cui Crumb afferma «Dovremmo bombardare le banche del cazzo». Parole come queste non potevano non fare scalpore, e l’effetto è stato un’ulteriore sorpresa: Crumb è intervenuto poche settimane dopo, per precisare e smentire alcuni passaggi chiave. Ma andiamo con ordine.

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La copertina del NY Observer dedicata a Crumb e disegnata da Drew Friedman

I passaggi più controversi

Le domande poste da Hyzagi sono state tra le più scomode e, diciamo, ‘inopportune’ che il cartoonist abbia mai ricevuto. Ma non per questo le risposte non sono state dirette. «Hai mai pensato realmente di suicidarti?», chiede il giornalista. «Sì. L’ultima volta che ci sono andato vicino era il 1986», ha risposto Crumb. «Ero al culmine della mia fama. La BBC è venuta a casa mia per fare un documentario su di me e sono stato invitato a questa convention sul fumetto, il Festival Internazionale del Fumetto di Angoulême, in Francia. Tutte queste cose avevano a che fare con l’essere famoso. Avevo bisogno di soldi, quindi ho accettato l’offerta della BBC. Hanno invaso la mia casa con le loro videocamere, con le luci e la loro merda – è stato terribile. Poi sono andato a questa grande fiera di fumetti in Francia, dove sono stato l’evento principale. Hanno costruito una mia testa gigante, che la gente poteva attraversare camminando. Tutti i miei fumetti sono stati esposti all’interno di questa testa gigante. Era una tortura. C’erano giornalisti, fotografi ovunque. Mi sono sentito disgustato dalla vita».

E ancora: «Qual è la tua posizione sessuale preferita?», chiede il giornalista. «[…] Mi piace che me lo succhino mentre sto seduto su una sedia, con la donna inginocchiata, ben allungata, così da poterla schiaffeggiare sul culone”, ha detto Crumb, non senza un primo momento di imbarazzo. «Un culo grosso è come il paradiso. Come due palloni da basket giganti».

Da 'Memories are Made of This' (1988) | © Robert Crumb
Da ‘Memories are Made of This’ (1988) | © Robert Crumb

L’intervista contiene molti altri passaggi piuttosto pesanti. Così scomodi da sembrare forzati. Come la domanda «Quando hai rapporti sessuali nei tuoi fumetti, come quello nella storia Memories Are Made Of This, di solito sono da dietro. Ma noi non vediamo mai se si tratta di sesso anale o vaginale». Il che rende lecito chiedersi cosa spinga un giornalista a fare queste domande ‘impertinenti’ e, peraltro, irrilevanti. Perché chiunque ha letto le storie di Crumb sa benissimo quanto, già di suo, l’autore si sia esposto e messo a nudo. Tanto che il fumettista stesso, dopo aver risposto “vaginale” e aver spiegato che non è tanto l’atto in sé quello che conta, ma ciò che avviene prima e dopo di esso, chiosa dicendo: «è tutto nei miei fumetti».

La smentita e le precisazioni di Crumb

Per questi motivi l’intervista ha destato parecchio scalpore, diventando un piccolo caso e, sicuramente, generando un gran numero di accessi al giornale. Un articolo che però, solo pochi giorni fa, è stato accusato di essere in parte falso e pesantemente manipolato. È lo stesso Crumb a denunciarlo, in un breve scritto pubblicato sul blog di un amico. «Questo articolo per me è stato molto doloroso e sento l’urgente bisogno di dire al pubblico cosa c’è di sbagliato e perché».

«La cosa più urgente che ho bisogno di fare è correggere il commento citato nell’articolo in cui dico: “Dovremmo bombardare le banche del cazzo”. Soprattutto voglio dire che non credo veramente che dovremmo “bombardare le banche del cazzo.” Onestamente non lo farei! Okay? Stavo parlando a ruota libera! Okay? AMO le banche! Davvero! Ci tengo i miei soldi, proprio come la maggior parte delle persone! E in ben due banche! Io non sostengo la violenza di qualsiasi tipo! Sono un uomo di pace, va bene?».

Un'illustrazione per un racconto di Charles Bukowski | © Robert Crumb
Un’illustrazione per un racconto di Charles Bukowski | © Robert Crumb

I media sono potenti, afferma Crumb, sentendosi in pericolo per la frase sulle banche a lui attribuita: «Non voglio che il governo o chiunque altro decida che ho bisogno di essere punito per aver detto che le banche dovrebbero essere fatte saltare in aria. Un’osservazione del genere è presa molto seriamente in alcuni ambienti, se è riportata pubblicamente dai media e detta da una persona nota, le cui opinioni e idee possono influenzare il comportamento delle persone. I “poteri forti” hanno persone incaricate che non fanno altro che controllare i media alla ricerca di cose del genere». Un tema d’attualità, qui in Italia. Recentemente, infatti, un caso simile è capitato allo scrittore Erri De Luca, rinviato a giudizio per istigazione a delinquere a causa di alcune frasi contro i cantieri della TAV rilasciate all’Huffington Post in un’intervista del 2013. Le parole “la Tav va sabotata” gli sono costate un processo, iniziato lo scorso gennaio e conclusosi con assoluzione il 19 ottobre 2015.

Crumb scrive di non avere mai detto molte delle cose riportate nell’articolo del NY Observer. Nega di aver detto quanto trascritto sulla ‘posizione sessuale preferita’ – almeno non in quei termini – e accusa la rivista di aver voluto calcare la mano sulla sua persona: «Credo che il New York Observer abbia voluto farmi passare per cattivo. Già dal titolo dell’articolo, “Robert Crumb Hates You”, con una foto scelta con cura di me a qualche vernissage in una galleria, mentre guardo accigliato la macchina fotografica. “Robert Crumb Hates You”. Che cosa vuol dire poi? Io non odio “voi”. Come posso odiare “voi” quando non so nemmeno chi “voi” siate? Cosa dovrebbe significare? Ovviamente, il messaggio è: questo è un vecchio zozzone del cazzo senz’anima. Certo, odio molte di quello che accade nel mondo. Molto di ciò che le persone fanno è odioso. Ma cerco di odiare il peccato, non il peccatore. È sbagliato concentrare il proprio odio sulle persone, sugli individui. La propria indignazione andrebbe rivolta verso le stronzate che la gente fa. L’ho sempre pensata così».

Una interpretazione politica

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Crumb incontra Donald Trump, in ‘Point the finger’ | © Robert Crumb

Ragionando su quanto è successo, Crumb dà la colpa prima di tutto a se stesso e al suo ego, all’aver accettato questa intervista e all’aver permesso al giornalista di entrare in casa sua per ben due giorni consecutivi. Inoltre, condanna il giornale, additandolo come repubblicano e conservatore. Come un organo di stampa che non vedeva l’ora di mettere in cattiva luce un influente liberale americano. Sottolinea che l’editor della rivista, Ken Kurson, ha lavorato a lungo per l’ex sindaco di New York Rudolph Giuliani, noto repubblicano, e che l’Observer è di proprietà dell’imprenditore Jared Kushner, marito di Ivanka Trump, figlia del miliardario Donald Trump, candidato repubblicano alle presidenziali americane del 2016. Personaggio, quest’ultimo, che a Crumb non è mai andato a genio.

Già sul finire degli anni Ottanta lo aveva criticato aspramente inserendolo nella storia Point the Finger, dove lo etichetta come “il più malvagio uomo vivente”. Uno “così odioso” da non riuscire neanche a guardarlo. Un racconto dissacrante in cui il miliardario finiva con la testa infilata a forza dentro la tazza di un cesso, sotto il ghigno strafottente di Crumb. Un fumetto che oggi sarebbe d’attualità, vista l’ascesa di Trump in politica. E che comunque, chi lo ha letto, non ha dimenticato. Come la scrittrice Joyce Carol Oates, che ai due ha dedicato un paio di tweet sostenendo che Trump sia in realtà una creazione di Crumb, forse un personaggio inventato dall’autore per stereotipare e satireggiare sui potenti uomini bianchi americani.

«È difficile dire quanto siano intenzionali le distorsioni e le parole che Hyzagi mi ha messo in bocca», continua Crumb. «Ha registrato l’intervista, ma l’inglese non è la sua prima lingua ed è possibile che abbia semplicemente frainteso alcune cose, dovendo interpretarle. Mi ha mandato una prima bozza dell’articolo così pessima che ho dovuto in parte riscriverla, ma ero riluttante a cambiare troppe cose per paura di offenderlo. In ogni caso si è incazzato, mi ha accusato di essere “manipolativo” e mi ha detto che cercavo di “controllare la mia immagine”. Nonostante abbia mantenuto gran parte delle mie correzioni, ha anche inserito alcuni passaggi che avevo tagliato e aggiunto altre cose ancora. E prima di andare in stampa non mi ha mandato una bozza finale. Non sapevo nemmeno che l’articolo era stato pubblicato finché un amico non mi ha detto di averlo letto su Internet.Adesso mi dispiace non averlo riscritto per intero».

Una buona occasione (giornalistica) buttata via

Jacques Hyzagi, ex membro dello staff del settimanale satirico francese Charlie Hebdo, scrive per l’Observer dal 2014. A oggi ha inanellato una serie di interviste a personaggi di primo piano, come quella al fondatore di WikiLeaks Julian Assange, e la sua carriera nel giornalismo sembra decollata. Perché quindi manipolare le parole di Crumb? Per destare più scalpore? Per destabilizzare il lettore medio del giornale? Per ingraziarsi i repubblicani? Per una qualche strana logica di mercato? Per la sua stessa carriera? Non ci è dato saperlo. Così come non ci è dato sapere se Crumb dice il vero – anche se siamo propensi a crederlo.

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© Robert Crumb

Purtroppo rimaniamo con tante domande e nessuna risposta. Ma soprattutto con molta amarezza. Perché quest’intervista rappresenta anche un’opportunità mancata. In pochi – quasi nessuno – hanno avuto l’opportunità di entrare per ben due giorni di seguito in casa di Crumb e farlo parlare a ruota libera sui temi più disparati. Nonostante esistano molte interviste all’autore, l’occasione era più unica che rara e porre domande giuste e pertinenti sarebbe stato non solo un dovere deontologico, ma anche un dovere culturale nei confronti del contributo straordinario che Crumb ha dato all’arte del Novecento. E questa opportunità persa si intravede in almeno un passaggio dell’articolo, forse l’unico degno di nota in mezza a tanto scandalo gratuito.

È il punto in cui Crumb cerca di spiegare perché lui ha avuto successo e gli altri disegnatori del periodo no:

«Mi è capitato di essere quello su cui si è concentrata l’attenzione, ma c’erano alcune persone che sono andate molto più in là di quanto abbia fatto io. S. Clay Wilson per esempio. Ha realizzato fumetti underground davvero notevoli. Era più originale di me. Non so da dove venisse. Nessuno aveva mai fatto niente di simile prima, ma era meno attraente per un pubblico più vasto rispetto a quanto lo è stato il mio lavoro. Wilson è un po’ difficile da capire. Il mio lavoro è arrivato a molte più persone. L’ho mantenuto molto più leggibile di quanto ha fatto Wilson. Justin Green è uno dei migliori del periodo dei fumetti underground americani. Ma è più modesto, più sottile rispetto alle mie cose. I miei fumetti erano molto più lineari e leggibili dei loro. Recentemente ho ripreso in mano la mia collezione di fumetti underground di fine anni Sessanta e primi anni Settanta. Pochissimi di loro erano coerenti o leggibili, un numero sorprendentemente piccolo. La maggior parte degli autori erano così strafatti che non potevano disegnare nulla di leggibile. Chi poteva comprare e leggere questa merda? Ma Wilson e Green si sono distinti, erano dei grandi, eccezionali.

Il mio lavoro ha raggiunto un pubblico di massa perché ho usato un modo molto tradizionale di disegno per dire qualcosa di più personale e pazzoide. Ho usato il tradizionale metodo standard delle strisce dei quotidiani per dire qualcosa di pazzo, qualcosa di personale, che in qualche modo ha raggiunto le persone. Inoltre, ero sempre molto attento a orientare il mio lavoro verso un pubblico specifico, a cosa fare e non fare per renderlo leggibile, per mantenerlo divertente. Ma non si trattava di marketing. Si trattava di comunicare. Stavo usando questi trucchi del fumetto tradizionale per comunicare la mia esperienza personale. Il fumetto era un linguaggio che avevo amato profondamente per tutta la vita. Ed era l’unico modo che conoscevo per connettersi con il genere umano.

Certo, ho desiderato il riconoscimento. Ero ambizioso. Ma volevo riconoscimento alle mie condizioni. Non volevo disegnare le idee degli altri. Volevo disegnare le mie visioni, e la mia testa ne era piena.»

Da questo punto di vista Hyzagi è reo di aver voluto dare un taglio scandalistico all’articolo. Sarebbe potuta essere una delle interviste più ampie a Robert Crumb pubblicate su un grande giornale generalista. Poteva essere il modo per raccontare la grandezza di Crumb a partire dalle sue opere e, al contempo, offrire una rilettura critica della sua fortuna. Invece risulta un inutile articolo sensazionalistico. Un esempio di mediocre giornalismo, che mira a scandalizzare un pubblico di millennials con le elucubrazioni sessuali di un anziano artista che, con la sua “immaginazione perversa”, ha già riscritto la Storia oltre 40 anni fa.

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