Come per molte altre cose, Disney fu pioniere nella creazione di ambienti di lavoro funzionali alle esigenze dei dipendenti. Prima dei campus avanguardistici di Google e Facebook, infatti, c’erano gli studi di Walt Disney.
Di recente, la serie di documentari American Experience della PBS – la tv pubblica statunitense – ha dedicato due puntate alla figura di Disney e, tra i tanti aspetti presi in considerazione, compare anche l’attenzione del magnate verso la vita lavorativa.
Lo studio più famoso, quello di Burbank, non fu il primo. In precedenza gli studi Disney erano dislocati in varie sedi. Tutto partì dal garage di Robert Disney, lo zio di Walt, in cui il papà di Topolino fondò la Disney Bros. Cartoon Studio nell’estate del 1923.
Nel corso degli anni, l’azienda crebbe con costanza, necessitando di continue espansioni. Dopo il successo di Biancaneve e i sette nani e le numerose assunzioni che si susseguirono, realizzare un paio di edifici in più non avrebbe risolto il problema lavorativo. Disney decise di costruire uno studio in grado di soddisfare qualsiasi bisogno. «Era efficiente ma doveva anche dare un senso della comunità» racconta Neal Gabler, il biografo di Disney. Come Olivetti dall’altra parte dell’oceano, Disney innalzò la qualità dell’esperienza lavorativa creando «un luogo di lavoro perfetto per creare film perfetti. C’erano mense, palestre, perfino un garage dove far riparare la proprio auto. A un certo punto Walt disse ‘Sapete, sarebbe bello che costruissimo anche dei condominii, così la gente non se ne dovrebbe mai andare’.»
Concepiti da Kem Weber – designer famoso per il suo stile streamline – gli studi di Burbank aprirono nel 1940. Il cuore del complesso era l’edificio dell’animazione. La sua struttura a doppia H ospitava stanze dotate di molte finestre, che consentivano gli animatori di lavorare più a lungo col favore della luce naturale. L’edificio ospitava anche l’ufficio di Disney, che fece progettare spazi per favorire la socializzazione dei dipendenti. Strade, giardini, ping-pong, frullati, benzinaio e carrozziere, perfino una palestra con tanto di ex atleta olimpico svedese come personal trainer.
Negli anni Ottanta la struttura diventò un problema: l’animazione non andava più di moda, i film dal vivo invece sì, e servivano palazzi per le produzioni live action. Tutto lo staff venne trasferito a Glendale, in un ex-hangar riutilizzato come magazzino dove vennero prodotti i primi film del ‘Rinascimento Disney‘. Il successo degli instant classic La sirenetta e La bella e la bestia spinse il boss Michael Eisner a costruire un nuovo edificio per l’animazione, quello sormontato dall’iconico cappello a punta indossato da Topolino nel segmento L’apprendista stregone di Fantasia. Ideato dal neourbanista Robert A. M. Stern, l’edificio fu uno dei tanti motivi che incrinò il rapporto tra Eisner e Jeffrey Katzenberg, il responsabile del settore animazione all’epoca. Eisner, infatti, decise di regalare lo spazio agli animatori senza consultarsi con Katzenberg, che lo venne a sapere alla prima aziendale de La bella e la bestia, come un qualsiasi dipendente.
Dopo la morte di Roy Disney nel 2009, l’edificio venne rinominato The Roy E. Disney Animation Building. Nel novembre 2014 è iniziata la ristrutturazione dell’edificio, la cui durata prevista è sedici mesi. Si tratta di un tentativo di rendere il posto più simile agli spazi aperti della sede Pixar e, in definitiva, tornare a una modalità lavorativa così come l’aveva pensata Disney per il suo campus. «Se vai alla Pixar, c’è questo gigantesco atrio», spiega Don Hall, il regista di Big Hero 6 al Los Angeles Times. «E incappi sempre in qualcuno, anche solo per un caffè. Questo favorisce la conversazione.»
Quelle stesse conversazioni erano fondamentali per fomentare la creatività. Steve Jobs – che contribuì a progettare gli studi Pixar con Bohlin Cywinski Jackson, la stessa azienda che ha disegnato l’Apple Store sulla Fifth Avenue – «credeva molto negli incontri non programmati» ricorda John Lasseter, direttore creativo della Pixar e dei Walt Disney Studios. «La Pixar è stata pensata per questo e gli studi Roy E. Disney erano agli antipodi di questa idea.»