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Gli italiani e il fumetto: un documentario

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Presente al Biografilm Festival di Bologna, Gli italiani e il fumetto sembra proprio il titolo del documentario definitivo. Netta ambizione sociologica, grande tema che abbraccia intere generazioni, un paese intero unito sotto l’insegna di un’espressione artistica. Una roba uber-istituzionalizzata, insomma. E invece prova a percorrere strade nuove, svincolandosi da quelle due-tre strutture tipiche del mezzo documentaristico. Non ci sono introduzioni, non ci sono quelle bussole che puntellano la via al lettore. Scordatevi le sovraimpressioni con i nomi, la voce narrante, il raccordi espositivi.

È un documentario destrutturato, nonostante la struttura superficialmente rigida. Si tratta infatti di un racconto in cinquanta vignette: storie lunghe un paio di minuti al massimo, lateralismi, appunti. Cinquanta frammenti tutti introdotti da un numero scritto su un pezzo di cartone, e che si concludono con titolo, autore e anno del fumetto in argomento. Non proprio quel che ci aspetta, insomma.

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[youtube http://www.youtube.com/watch?v=zTIFnR98etA]

Il documentario in questione è più un flusso di coscienza, con storie che vanno da cose note a racconti anonimi. Un film che scandaglia non tanto il fumetto di per sé, ma le interazioni che questo mezzo ha prodotto. Le storie ignote (i collezionisti delle ‘buste sorpresa’), i materiali (la carta straccia su cui stampavano i fumetti), lo scalpore delle istituzioni (i fumetti consentiti dalle parrocchie, i casi di Splatter e Dylan Dog), il merchandising (la sterminata produzione di oggetti firmati Jacovitti), il copyright (la lettura della diffida da parte della Rank Xerox ai tipi de Il Male, la storia di Batman di Akab) sono solo alcuni dei temi trattati in questi brevissimi morsi.

Girato da Paolo Caredda e scritto in collaborazione con AkaB, Alvise Renzini, Saul Saguatti e Benedetto Lanfranco, il documentario rivela a volte un’anima artsy fartsy poco utile a sé stessa, perché pesa come un macigno sull’atmosfera delle storie, sempre alienanti, sempre fredde e distaccate, con dialoghi troppo impostati, che non lasciano capire se alcune storie raccontate siano in presa diretta o frutto di manipolazione. Ma non è davvero questo il punto di Gli italiani e il fumetto. Perché Caredda non è uno che dà punti. È sibillino, indolente, scostante. Accenna una cosa, butta lì un’idea e si sposta oltre, poco prima del punto di accumulazione, quando la storia si sarebbe aperta verso l’esterno, lasciando lo spettatore a rincorrere il filo dei pensieri, a smettere di ragionare sulle implicazioni che quell’idea stava facendo germogliare.

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Gli stralci più belli sono proprio quelli in cui non sembra ci siano puntini da unire (leggi ‘troppo pedanti’, come accade con le clip dei bambini che leggono Geppo o La Pimpa ma li abbandonano per un supposto senso di maturità) e si è di fronte a una storia che non vuole per forza essere compresa.

Per quanto mi riguarda, poi, non sono sicuro di aver davvero capito tutto. La prima cosa che ho pensato mentre scorrevano i titoli di coda è stato: «Be’, di certo non è una cosa che manderebbero su Sky Arte.» E invece Gli italiani e il fumetto verrà trasmesso il 18 giugno su Sky Arte. Touché.

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