Il mercato del fumetto, e le sue forme di fruizione e consumo, continuano a evolvere. Tra i segnali recenti, forse il più esplicito è quanto accaduto a Rathiger, premiato a Napoli Comicon per un’opera (Le ragazzine stanno perdendo il controllo) autofinanziata online, stampata in edizione limitata, venduta grazie a un modello ibrido online/offline e ormai disponibile solo per il download gratuito.
Su questo stesso terreno, per quanto con caratteristiche differenti, si colloca anche Lùmina, progetto di Emanuele Tenderini e Linda Cavallini, completamente finanziato in crowdfunding tramite la piattaforma Indiegogo. Ma se sul modello produttivo e di business si è già detto molto, ora che il libro è stato “distribuito” – ovvero, in questo caso, spedito ai suoi lettori co-finanziatori – è il momento di ‘guardarci dentro’.
Prima pietra – almeno nelle intenzioni degli autori – di una vera e propria saga che mescola Sci-Fi e fantasy, Lùmina è innanzitutto un capitolo importante nella storia delle produzioni fumettistiche italiane più spinte sul piano estetico.
La tecnica utilizzata dalla coppia Tenderini-Cavallini è stata chiamata dagli stessi autori Hyperflat, sorta di evoluzione del Superflat coniato da Takashi Murakami. In quest’ultimo l’estetica Superflat univa un immaginario pop specifico (l’iconografia manga e anime giapponese con l’universo che vi ruota attorno) a una messa in scena piatta (flat) dai colori particolarmente vivaci. L’estetica Hyperflat di Lumina parte dallo stesso presupposto (un immaginario culturale ben preciso) ma amplifica la percezione tridimensionale dell’immagine, grazie a vere e proprie pennellate di colore intenso che donano una nuova, inedita profondità. Lo stile Hyperflat, mescolando tecniche tradizionali con colorazione digitale, è reso ancor più impressionante dalla scelta, voluta e mirata, di stampare Lùmina in esacromia. Laddove quasi tutte le pubblicazioni odierne spaziano dalla classica bicromia (con interessanti variazioni, vedi il recente Bellezza di Kerascoët e Hubert) alla quadricromia, l’esacromia permette di aggiungere due colori alla stampa, dando al risultato finale una resa assai differente. Lùmina, in questo modo, diventa innanzitutto una questione di fruizione.
L’alta qualità del prodotto, unita alla strabiliante tecnica utilizzata, fanno di Lùmina un caso interessante, che scardina il classico concetto di lettura del fumetto andando piuttosto a inserirsi in un interstizio nuovo, fra media diversi: cinema, animazione, CGI, videogames, disegno.
I riferimenti all’universo dell’immagine in movimento si condensano nella scelta di far confluire all’interno dell’opera ispirazioni provenienti dai più inaspettati luoghi dell’immaginario. C’è la fantascienza di Matrix (specie nella tematica “coscienza dormiente”), il fantasy che strizza l’occhio a Le cronache di Narnia, ma anche, nell’idea di uno spazio destrutturato e privo di coordinate spazio-temporali, a Labyrinth (il cult di quel geniaccio che fu Jim Henson); tutti film che attingono a piene mani a immaginari altri, dall’anime nipponico fantascientifico all’opera letteraria di C. S. Lewis, alla visionarietà di un’artista come M C. Escher. I riferimenti alla cultura anime-manga non si contano: Hayao Miyazaki, Mamoru Oshii, Makoto Shinkai… e negli scontri fra i vari personaggi c’è anche un po’ di Naruto e One Piece. Nell’ambito videoludico il riferimento più evidente è, forse, Final Fantasy. Leggere Lùmina è, quindi per certi versi, come guardare uno spettacolare film in 3D che sintetizza con incredibile equilibrio gli immaginari più influenti degli ultimi trent’anni.
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Il portato concettuale che sta dietro questa scelta è notevole e, a mio parere, supera di gran lunga la questione dell’autofinanziamento o del mero fattore narrativo (o meglio, si integra ad essi). Il rapporto che si crea fra l’opera e il lettore è qualcosa che supera i limiti imposti dal supporto fisico in quanto tale; non è un caso, in questo senso, che ad accompagnare la lettura ci sia anche una colonna sonora, composta per l’occasione da Remo Baldi.
Alla tecnica, dunque, si aggiunge il modo in cui essa è integrata e proposta: in questo senso Lùmina è “visionaria”. Certo, a spingere in questa direzione c’è la trama stessa, in cui i protagonisti, Kite e Miriam, si scoprono in grado di attraversare universi paralleli. Uno spunto grazie a cui Tenderini e Cavallini hanno dato sfogo alla propria vena immaginifica, creando mondi e atmosfere stupefacenti, catapultando i personaggi in un mare liquido di colore. La realtà si frammenta, si sgretola, e ciò che resta è la visione di un’alterità che colpisce innanzitutto l’occhio.
Impossibile giudicare la storia in quanto tale. La dimensione narrativa passa in secondo piano, per due motivi, uno tecnico e uno di strutturale. Il primo riguarda il fatto che il lettore, data l’offerta visiva, tende a privilegiarla rispetto all’architettura narrativa: Lùmina è uno spettacolo cui assistere, prima ancora che da leggere. Il secondo motivo, invece, riguarda il fatto che ci troviamo di fronte a un primo, breve capitolo di una saga che, dalle premesse, si prospetta essere lunga, nonostante non sia stato ancora chiarito il numero esatto di volumi in cui si dispiegherà il racconto. I presupposti paiono buoni, ma a questo punto sarà inevitabile leggere la saga nella sua interezza, per comprenderne l’effettiva visione d’insieme.
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Come talvolta accade nei progetti di largo respiro, la sfida più profonda di Lùmina – dopo il riscontro del pubblico – sta nel rapporto tra gli aspetti di ‘architettura’ della saga e l’elemento emozionale della narrazione, il cui difficile equilibrio rilancia l’eterna contesa tra forma e contenuto. Ad ogni modo è evidente che Tenderini e Cavallini abbiano prediletto il classico racconto di formazione usando lo strumento del viaggio, molto caro, in primis, a Miyazaki.
Quel che è già evidente sono quindi soprattutto i riferimenti iconografici e stilistici, quasi il simbolo di una strada che favorisce la contaminazione. L’ispirazione all’estetica manga e anime è evidente, e il debito nei confronti del cinema dello Studio Ghibli (specie nel character design) si alterna a una gestione delle sequenze action di chiara matrice giapponese. Ma l’impianto generale e la sensibilità della messa in scena tradiscono radici europee, in particolare francesi, che è l’ambiente a cui Tenderini, ormai, appartiene da anni. Anche l’immaginario dei videogames ha ruolo fondamentale, a ulteriore dimostrazione che Lùmina è un vortice immaginifico dalle infinite direttrici estetiche e, sicuramente, un’opera transmediale, quasi un unicum nel panorama fumettistico italiano contemporaneo dei nostri giorni.
Lùmina
di Emanuele Tenderini e Linda Cavallini
Tatailab (autoprodotto)
80 pagine, 25 euro