Negli ultimi dieci anni, il catalogo delle proprietà Disney si è ampliato grazie all’acquisto di Pixar, Marvel e Lucasfilm. Ma la compagnia si è ritrovata a spendere quindici miliardi di dollari (l’importo necessario a inglobare questi marchi) per poi limitare il proprio pubblico di acquirenti. Se è vero che fumetti e film hanno subito una consistente iniezione di estrogeni, stando a quanto rivela Forbes, lo stesso non si può dire di giocattoli e prodotti collaterali.
Il Daily Dot ha elencato le scelte sul merchandising della Disney reputate discriminatorie verso il genere femminile. Nel 2013, ha prodotto una linea di magliette con la scritta “Be a Hero”, per i maschi, e “I Need a Hero” per le femmine. Quelle stesse magliette presentavano tutti i membri dei Vendicatori, Vedova Nera esclusa. Nei giocattoli tratti da Avengers: Age of Ultron, le scene con protagonista Natasha in sella alla sua moto sono state adattate proponendo, al posto dell’eroina, Capitan America o Iron Man. E le linee di action figure di Guerre stellari e Guardiani della Galassia prodotte nel 2014 non includevano, rispettivamente, la principessa Leila e Gamora.
Secondo un ex-dipendente, il target della compagnia non comprende le bambine perché: «La Disney non ha comprato Marvel o Lucasfilm per attirare un pubblico femminile, quello già l’avevano grazie a prodotti come Ribelle – The Brave e Frozen. Quando promuovono merchandising Marvel/Lucasfilm pensano al pubblico maschile.»
A lamentarsi dell’assenza di giocattoli che rappresentino personaggi femminili sono state anche celebrità come Mark Ruffalo, Clark Gregg e Colin Hanks. Quest’ultimo, entrando nei negozi per acquistare un regalo per la figlia appassionata di Star Wars, non ha trovato altro che l’action figure di Leila in versione schiava.
.@Marvel we need more #BlackWidow merchandise for my daughters and nieces. Pretty please.
— Mark Ruffalo (@MarkRuffalo) 29 Aprile 2015
Con una fetta di pubblico femminile in continuo incremento – ma è vero che i dati citano i settori editoriali e cinematografici e non è dato sapere le cifre di bambine e ragazze interessate al merchandising vero e proprio – Forbes ragiona sul fatto che «come modello di business, dovrebbero assicurarsi che tutti i consumatori possano trovare soddisfazione. O almeno fare in modo che i prodotti rappresentino accuratamente il franchise, senza lasciare che una mentalità vecchio stampo danneggi la loro immagine.»
La testata cita alcune delle lezioni impartite da Walt Disney in persona: «Diceva di ribaltare le convezione, di innovare, di diversificare. La Disney moderna sta facendo l’opposto, è abbarbicata a un sistema di marketing ormai vetusto che fa arrabbiare i propri fan.»