Se prendi un racconto epico della tradizione nordica e lo adatti col linguaggio dello storytelling moderno – usando in questo caso il fumetto – potrà essere difficile rivaleggiare con quello che probabilmente è il successo fantasy maggiore degli ultimi anni – Game of Thrones – ma se alle matite c’è un fumettista considerato tra i maggiori talenti del fumetto contemporaneo, può venir facile aspettarsi di ritrovarsi tra le mani un’opera notevole per grandiosità e potenza narrativa (seppur non scevra da difetti).
Ad adattare i testi del mito di Beowulf in questo graphic novel disegnato da David Rubín è lo scrittore spagnolo Santiago García. L’opera originale risalirebbe addirittura al 1000 dopo Cristo, il più lungo e più antico poema epico in inglese arcaico. Materia dove convivono tradizione e forte immaginazione e spiritualità, di non facile resa nelle nemmeno 200 pagine di fumetto di questo libro.
Beowulf è fondamentalmente la storia di un potente e valoroso eroe che si batte contro un mostro immondo; è l’immortale idealizzazione della determinazione umana opposta alla forza e la furia della natura. Il regno dei danesi è perseguitato da Grendel e da sua madre, Beowulf ha la meglio su di lui, e in seguito dovrà vedersela anche con un drago, con un finale non lieto, ma di sicuro effetto.
Le pagine di Rubín non si perdono in convenevoli o fronzoli. Sin dall’inizio del libro, l’epicità del racconto è affidata più a sguardi, inquadrature, scenari, e scelta dei colori che alle parole. Il disegnatore ritrae animali non meno inquietanti dei mostri, inseriti in una natura ancestrale dalle proporzioni e dalle sembianze imponenti, che talvolta paiono esplodere nella pagina, e non riuscire a entrare nella vignetta, per quanto necessariamente esuberanti. Sin dalla copertina, le scelte cromatiche appaiono senza dubbio come l’aspetto più riuscito del lavoro di Rubín, la fonte di maggior esuberanza e violenza grafica (perfettamente in sintonia con le vicende narrate). Meno efficaci invece le caratterizzazioni; sia dei personaggi, spesso dai volti goffi – e personalmente gli perdono malvolentieri una certa predisposizione (non intenzionale, temo) verso personaggi dagli occhi storti – sia dei mostri, niente più che draghi antropomorfi di ispirazione gigeriana.
Di fatto, la storia scorre veloce, fluida; le azioni vincono sulla parola; per forza di cose, forse, vista la tematica di avventura e azione estrema, ma in realtà manca un certo equilibrio tra narrazione visiva e verbale (soprattutto per via di botta e risposta di poco spessore). Rubín fa muovere con velocità i suoi personaggi nell’azione. Sfrutta ogni genere di impostazione della tavola con una certa frenesia, riuscendo discretamente nelle immagini ampie e nelle splash page; mentre le vignette piccole o le texture complesse fatte di vignette sovrapposte tendono a fornire piani di lettura troppo poco chiari, e il bianco dello sfondo della pagina, talvolta crea fin troppo stacco tra le immagini, considerata la brillantezza dei colori.
La storia c’è, Beowulf è un racconto che ha resistito nell’immaginario per oltre mille anni, ma se alla fine della lettura a rimanere è più la leggerezza che la fascinazione o il senso di riverenza per un racconto così – si suppone – epico, qualcosa non torna, e anche con una seconda lettura, è assai probabile che il giudizio non cambi. Visto che, come dicevamo, l’azione in grandi linee è chiara – sono invece i particolari, le inquadrature e i dettagli più piccoli ad apparire di difficile lettura (e questo non invoglia all’approfondimento), mentre trama e morale sono subito palesi.
Nota di merito all’edizione Tunué. Un volume cartonato (di prezzo non eccessivo) che sta sopra alla media delle produzioni dell’editore, rispettando l’edizione originale.
Beowulf
di Santiago García e David Rubín
Tunuè 2015
208 pagine, 19,90 €