HomeFocusOpinioniBizzarri, disgustosi, irrinunciabili: i fumetti Hollow Press

Bizzarri, disgustosi, irrinunciabili: i fumetti Hollow Press

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Prendete un qualsiasi campo dell’intrattenimento. Cercate di farne un’analisi ragionata e descrivetene in maniera realistica l’offerta. Prima di mettervi a strillare con voce stridula e petulante «Oggi non esce più nulla!» scoprirete come invece le proposte a nostra disposizione si siano, nel corso degli ultimi 15 anni, decuplicate.

Grazie a tutte le facilitazioni offerte da Internet, ai pc sempre più potenti e ai servizi on demand attivati in ogni campo. Guardatevi in giro, oggi possiamo accedere ai cataloghi di migliaia di minuscole etichette discografiche da cameretta, di altrettante case editrici, di un numero spropositato di software house da due/tre persone e così via. Nel fumetto, poi, si parla di sovrapproduzione ormai da anni. Tanto che il vero problema non è più il come arrivare ad avere il prodotto finito tra le mani, ma il come farlo conoscere al pubblico lì fuori.

Le strategie sono sempre quelle. C’è la presenza costante sulla strada, i trucchetti da webstar, la provocazione gratuita. Eppure tutto passa in secondo piano rispetto alla potenza di un’identità compatta, chiara e tratteggiabile in maniera immediata. Ma l’unico modo per piantarsi in testa al fruitore come un chiodo è sempre il solito: essere differenziabile da tutti gli altri, e in due/tre parole.

Leggi anche: Fare editoria alternativa di fumetto, oggi: il caso Hollow Press

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Con Hollow Press ha funzionato proprio così. Gli sono bastate quattro uscite e poco più di un anno di vita per essere sulla bocca di tutti (o quantomeno di molti). Perché ogni sua produzione è perfettamente in linea con quella precedente e ben distante da tutto quello che propongono gli altri. Dalla scelta degli artisti ai contenuti dei suoi volumi tutto è coerente, non c’è spazio per l’ambiguità. Se sei amante di fumetti bizzarri, oscuri, incomprensibili e orgogliosamente sotterranei, sai dove dirigere la tua attenzione. Potresti acquistare in blocco tutto il loro catalogo, senza leggere un singolo nome in copertina, e andresti sul sicuro. Perché compri la nuova uscita Hollow Press, come se fosse più importante e identificativo il piccolo logo in basso sulla copertina rispetto al nome stampato in altro.

Per darvi un’ulteriore prova di quanto questa sensazione sia diffusa vi basti sapere che in tutti gli articoli diffusi in rete il nome del fondatore ed editore Michele Nitri è più citato rispetto a quelli degli autori coinvolti. Come se fosse lui il vero artista. E si sta parlando di gente del calibro di Ratigher, Miguel Ángel Martín e Mat Brinckman, non certo di emeriti sconosciuti. Questo per capire come l’idea dietro a questa minuscola realtà abbia le spalle ben più larghe della media e che il messaggio stia arrivando forte e chiaro a tutti gli interessati. Che forse non saranno in molti, ma sono sparsi in tutto il globo. Come una sorta di club esclusivo a cui si accede solo tramite la venerazione di fumettisti deviati e fuori da ogni norma. Tipo Shintaro Kago e Tetsunori Tawaraya, autori unici delle ultime due uscite targate Hollow Press.

Partiamo da Industrial Revolution and World War di Shintaro Kago. Sono ormai lontani i tempi in cui il nostro era simbolo di un oscuro culto sotterraneo imperniato su scatologia, paranoia e violenza estrema. Non che questi tre preziosi ingredienti siano venuti meno, ma tra la nota collaborazione con il mensile Vice (che ha portato a una delle cover più belle e iconiche degli ultimi anni) e i lavori per Flying Lotus (quotatissimo produttore di musica elettronica adorato dalla critica più hip e sdoganato al grande pubblico grazie e collaborazioni con celebrità del calibro di Kendrick Lamar) ormai il nostro è assunto al ruolo di rockstar del fumetto estremo.

E, sia ben chiaro, un motivo per tale successo c’è. Bastano la manciata di pagine di questo suo ultimo lavoro per mettere in piedi un mondo di finzione dotato di un fascino perverso, dove animaletti antropomorfi si ritrovano in grado di far evolvere la loro società grazie al ritrovamento di enormi corpi umani da straziare e sfruttare a loro piacimento. Almeno fino alle tragiche conseguenze di un processo evolutivo (siamo sicuri di volerlo definire così?) tanto rapido.

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Il volume è una bomba termonucleare di pessimismo e cinismo, dove il Nostro inserisce tutto quello che lo ha reso il venerato autore che è. Abbiamo un’idea fulminante, uno storytelling che necessita di ben poche parole – in questo caso nessuna – per essere chiaro e un’autentica passione per il tratteggiare giovani corpi femminili da seviziare in ogni maniera possibile. Tutti aspetti già di per sé irrinunciabili, ma che passano in secondo piano rispetto al modo in cui questo potentissimo immaginario si lega a doppia mandata al fumetto.

Industrial Revolution and World War non potrebbe esistere se non in questa forma, come tutto il resto della produzione di Kago. Anche se in questo caso rinuncia a tutte le sperimentazioni formali con cui ci aveva viziato (fumetti nei margini delle vignette, balloon come parassiti alieni e tutta un’altra serie di idee geniali per cui vi consiglio di recuperare il volume Uno scontro accidentale sulla strada per andare a scuola può portare a un bacio? edito da Hikari) a favore di una narrazione piuttosto classica, dai tratti quasi sinistramente disneyani, il succo non cambia. Se esiste un autore ancora capace di colpirvi in pieno volto sfruttando solo quello che il manga può offrire nella sua forma più basica, quello è Shintaro Kago.

Il discorso si complica, e di molto, con l’enorme antologia dedicata a Tetsunori Tawaraya, Tetsupendium Tawarapedia. Avete presente quando il lettore medio di fumetti mainstream delira circa la totale incapacità artistico/esecutiva degli autori relegabili all’area dell’autoproduzione? Ecco, il nostro giapponese potrebbe benissimo fungere da esempio per questa – scellerata – tesi. Naturalmente la realtà non potrebbe essere più lontana, ma non troverei nulla di strano se molti trovassero questo imponente volume incomprensibile e del tutto gratuito.

L’arte di Tawaraya è ermetica, chiusa su se stessa. Prigioniera di tavole sgraziate e popolate da esseri deformi, abitanti di dimensioni aliene e orripilanti. La stessa narrazione procede per singulti e voli pindarici, fregandosene in ogni maniera del lettore. Anche la quantità di storie presentate da Nitri in questa antologia pare studiata per nauseare. Si parla di 400 pagine e di dieci anni di percorso autoriale del Nostro. Un macigno quasi inespugnabile. A differenza di Kago qui ogni traccia di genere scompare, a favore di un’interpretazione del fumetto completamente devota alla ricerca artistica, seppur in chiave punk e disgustosa come ci sarebbe potuto aspettare da una produzione del collettivo di Fort Thunder. Siete stati avvisati.

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Tanto per non farsi mancare nulla, i due volumi ci vengono consegnati in versioni lussuose, ricche di particolari e di redazionali all’altezza della situazione (compreso un intervento del James Harvey di Masterplasty, altro soggetto non certo estraneo al concetto di bizzarro).

E per tutta questa grazia dobbiamo ringraziare solo il buon Michele Nitri, uno che negli anni deve aver letto decisamente troppi fumetti non proprio allineati, ora deciso a dire la sua. Prima con l’antologico U.D.W.F.G. e i suoi autori stellari, ora con questi monografici. Il tutto in rigorosa lingua inglese, perché questo tipo di iniziative non sono solo uniche in Italia ma rarissime anche a livello mondiale. E se non ne siete ancora convinti probabilmente non siete il tipo di persone a cui Hollow Press ha deciso di parlare.

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