Per la nostra rubrica Lo scaffale di…, questa settimana abbiamo chiesto a Emiliano Mammucari di consigliare e commentare cinque fumetti dalle sue letture.
Rasl, di Jeff Smith
Ho sempre avuto una fascinazione per gli autori che non si chiudono nel recinto degli appassionati di fumetti ma vanno cercarsi un pubblico nuovo, dialogando anche e soprattutto con persone che non hanno mai letto neanche una striscia. Uno di questi è Jeff Smith, che col suo Bone è partito dall’autoproduzione casalinga ed è arrivato a vendere due milioni di copie in tutto il mondo. Con la sua seconda serie non si è scelto la via facile. Se Bone era poetica e amabile, Rasl è più matura, ostica e senz’altro meno paracula. Ti chiede di più, insomma. Grande lavoro.
Tre ombre, di Cyril Pedrosa
Per chi pensa che i Graphic novel siano tutte storie disegnate male di gente che si guarda l’ombelico.Tre ombre ha i meccanismi della favola ma parla di morte. È delicato e leggero, ma trasuda violenza. E poi è disegnato da dio.
Jazz Maynard, di Raule e Royer
Muñoz ha un figlio che disegna meglio di lui e non lo sapeva. Dal nome e dalla copertina ti aspetti Cotton Club, e invece di ritrovi dentro un noir ambientato a Barcellona. La trama a volte forse risulta leggermente macchinosa, ma il personaggio decisamente c’è, l’ambientazione è affascinante e Ibañez, con la china, ti fa sentire la colonna sonora.
Texas Cowboys, Lewis Trondheim e Matthieu Bonhomme
Questo libro in Italia è passato quasi sotto silenzio, sarà perché i tipi di Renoir non è che si siano sperticati nel promuoverlo. È un peccato perché è un gran bel western. Se Trondheim non ha certo bisogno di presentazioni, Bonhomme è meno conosciuto, ma è uno dei disegnatori francesi della mia generazione che seguo di più: prima con Le marquis d’Anaon, poi con le serie Esteban e Messire Guillaume, ha dimostrato di avere un gusto infinito per le atmosfere sospese.
Muchacho, di Emmanuel Lepage
È una grande storia ambientata nel mondo dei guerrilleros sandinisti nella Nicaragua degli anni ’70. Lepage ha un approccio quasi tipografico al colore, da acquerellista puro. Praticamente i grigi non esistono e i contrasti di colori complementari sono portati all’eccesso: le ombre di una cosa gialla saranno viola, di una cosa verde saranno rosse. Il risultato è un lavoro emozionale: i colori sono fogli di energia che urlano sulla tavola.
Non ne faccio mistero: la base del colore di Orfani viene dallo studio di questa roba qui.
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