Devil è uno dei personaggi classici della Marvel, essendo stato ideato nel 1964 da Stan Lee in persona, e da sempre gode di un grande seguito nel nostro Paese, complice il fatto che fu il secondo – dopo l’Uomo Ragno – tra i personaggi a cui l’Editoriale Corno dedicò una testata a partire dal 1970. Devil ha sempre avuto delle caratteristiche di base piuttosto peculiari, che hanno permesso agli autori di raccontare spesso storie ai confini del genere supereroico. Matt Murdock, avvocato di giorno e giustiziere mascherato di notte, rimase cieco da bambino a causa di un incidente con delle sostanze radioattive, che gli amplificarono però gli altri sensi a livelli superumani e lo dotarono di uno speciale “senso radar” simile a quello dei pipistrelli.
Vista l’imminenza della serie tv a lui dedicata, che sarà in onda il 10 aprile sul network americano Netflix, potrebbe essere necessaria una riepilogazione dei momenti a fumetti più importanti nella storia del personaggio, per una preparazione ad hoc in previsione della maratona televisiva.
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1 – L’origine di Devil (Daredevil #1, aprile 1964)
Stan Lee forse non aveva molto le idee chiare, quando creò il personaggio. Di certo aveva come riferimento il detective cieco Duncan Maclain – protagonista di una serie di romanzi scritti tra gli anni Trenta e Cinquanta da Baynard H. Kendrick – probabilmente anche il Daredevil degli anni Quaranta di Jack Cole (che era muto), senza dimenticare le necessarie radiazioni che fornirono i poteri al personaggio, com’era tipico degli eroi di Lee, figli della Guerra Fredda e della paura del nucleare.
Ma Devil, inizialmente, sembrava uno strano ibrido tra Batman e l’Uomo Ragno, con uno spirito ciarliero e scanzonato alla Stan Lee, nonostante le premesse tragiche della serie. Ciò che spinse Matt Murdock a indossare un costume e a combattere i criminali in nome della giustizia, infatti, fu l’assassinio di suo padre, il pugile Battlin’ Jack Murdock, fatto fuori dopo essersi rifiutato di truccare un match. Questa prima storia – in cui lo stesso Devil raccontò le proprie origini al primo criminale da lui affrontato, secondo un classico della narrativa a fumetti dell’epoca – ha avuto diverse edizioni italiane, la più recente delle quali nella collana Marvel Masterworks.
Creato graficamente da Jack Kirby – che disegnò anche il layout della prima copertina – fu poi “battezzato” da Bill Everett, già creatore nel 1939 di Namor il Sub-Mariner. A proposito del quale…
2 – In lotta contro Sub-Mariner (Daredevil #7, aprile 1965)
Dopo sei episodi di rodaggio, Stan Lee provò a dare al suo personaggio un’impronta più definita, a partire dal costume: abbandonato quello giallo e nero da wrestler degli esordi – decisamente anonimo – Devil adottò il rosso, ovvero il colore al quale è associato ancora oggi. Inoltre – in una delle sue più belle storie di sempre – il personaggio si trovò ad affrontare un avversario che sapeva di non poter sconfiggere, Namor il Sub-Mariner… e alla fine infatti ne uscì sconfitto, cosa decisamente insolita per un supereroe. Ma intanto Devil si era dimostrato un vero “uomo senza paura”, così come recitava fin dall’inizio lo strillone sulle copertine della sua serie.
Il giusto compimento alla storia si trovò nelle parole di Namor: «Ho combattuto i Fantastici Quattro, i Vendicatori e altri esseri superumani, ma nessuno è stato più coraggioso di lui. Il più vulnerabile di tutti.» Ed è stato proprio questo spirito indomito, mai arrendevole, a caratterizzare il personaggio per lunghi tratti della sua carriera, in cui ha affrontato nemici spesso più forti di lui, come il Dottor Destino e persino Ultron, senza mai cedere il passo.
L’episodio era disegnato da Wally Wood, raffinato autore della EC Comics che, con il suo stile caratterizzato dal profondo contrasto tra bianchi e neri contribuì a definire il personaggio per i disegnatori successivi, dando inoltre un’insospettabile impronta noir che sarebbe riemersa solo più di dieci anni dopo.
3 – La morte di Mike Murdock (Daredevil #41, giugno 1968)
Una delle intuizioni principali di Lee all’alba della Marvel fu quella di non imbrigliare i supereroi negli schemi narrativi ripetitivi già consolidati fin dagli anni Trenta, ma di proporre situazioni sempre in evoluzione. Quella di Devil fu emblematica: già coinvolto fin da subito in un triangolo sentimentale con la segretaria Karen Page e il socio Foggy Nelson, Matt si ritrovò poi l’ostacolo di Mike Murdock… un finto fratello gemello gioviale e spigliato creato per proteggere la sua identità segreta. Nel giro di una manciata di storie, Mike conquistò Karen, affermandosi come personaggio ben definito. Divenne al tempo stesso però anche parecchio ingombrante – per Matt e probabilmente anche per Lee – tanto da dover essere eliminato, in una storia carica di azione e tensione che fungeva da pietra angolare per l’intera produzione di Lee e Gene Colan di quegli anni.
Quest’ultimo era ai primi passi su una serie che avrebbe disegnato per un decennio – per poi ritornarci occasionalmente anche in seguito. Tra gli autori della sua generazione, Colan era noto in particolare per la fluidità dei corpi rappresentati, che sotto il suo tratto espressionista si contorcevano innaturalmente, al fine di produrre un’idea di potenza pari a quella fornita dai disegni di Jack Kirby.
4 – Electro (Daredevil #87, maggio 1972)
Dopo circa 50 storie, Lee fu sostituito dal suo erede naturale Roy Thomas, che però si trovò poco a suo agio con il personaggio, lasciandolo a partire dal 1971 nelle mani dell’allora diciottenne Gerry Conway, alla prima prova con delle storie di supereroi. In un periodo in cui i fumetti di supereroi erano in declino, Conway ebbe carta bianca e optò per una serie di cambiamenti piuttosto marcati nella vita di Matt/Devil, affiancandogli la Vedova Nera come amante e compagna di avventure – tanto che dal #93 al #108 il nome della serie fu cambiato in Daredevil & the Black Widow – e soprattutto portando l’eroe a San Francisco, fatto più unico che raro per i supereroi Marvel, tutti legati alla città di New York (dove aveva sede la casa editrice).
Il trasloco sarebbe durato poco – fino all’arrivo di Steve Gerber come nuovo sceneggiatore – e fu suggellato proprio nel #87, in cui, tra una scazzottata e l’altra con Electro, Matt trovò il tempo per trasferirsi in una nuova casa e andare a convivere con la Vedova.
5 – Elektra (Daredevil #168, gennaio 1981)
Dopo anni di stanca, a partire dal #158, sulla serie del Diavolo Rosso arrivò un giovane disegnatore di nome Frank Miller, che dal #168 al #191 scrisse anche le avventure del personaggio. L’inizio fu di quelli memorabili: attraverso soluzioni grafiche e registiche innovative, Miller introdusse il personaggio di Elektra – una ninja assassina figlia della passione dell’autore per la tragedia classica greca il cui passato era fortemente legato a quello di Matt – e mise al centro delle vicende Kingpin, il re del crimine di New York ripulito di ogni fronzolo per diventare un vero boss carismatico e temuto.
Devil approdò così a una dimensione più urbana e “nera”, tra guerre di bande e vigilantismo, vedendo accentuata una delle proprie caratteristiche principali, ovvero la dicotomia tra il ruolo di avvocato e quello di giustiziere. Miller inoltre introdusse ulteriori elementi alla mitologia del personaggio, riscrivendone in alcuni tratti anche la storia, come nell’inserimento del maestro Stick, suo mentore da bambino. Una vera e propria ridefinizione che portò Miller a essere considerato tra i più importanti autori di quegli anni e proiettò il personaggio in una nuova dimensione più tragica e profonda.
Il punto più alto del ciclo di Miller – raccolto in Italia da Panini Comics in un unico volume – fu la storia intitolata L’ultima mano (Daredevil #181), in cui Bullseye – criminale con una mira infallibile dotato dall’autore di uno spessore caratteriale mai posseduto prima – uccise Elektra e spinse Devil a superare i propri limiti morali, in un finale memorabile citato in maniera pedissequa anche dal pessimo film del 2003 di Mark Steven Johnson con protagonista l’uomo senza paura.
6 – Rinascita (Daredevil #227-233, febbraio-agosto 1986)
Dopo aver ridefinito il mito di Batman con Il ritorno del Cavaliere Oscuro, Miller tornò al personaggio che lo aveva lanciato, chiedendo però la conferma del disegnatore che aveva affiancato Denny O’Neil nel periodo di interregno: David Mazzucchelli, giovane autore già in possesso di un notevole senso della narrazione e di un tratto – fortemente influenzato da quello di Alex Toth – più realistico di quello di Miller e quindi più adatto per una storia in larga parte incentrata sull’uomo dietro la maschera.
La premessa era semplice: deciso a distruggere colui che l’aveva più di tutti ostacolato, Kingpin scoprì l’identità segreta di Devil grazie a Karen Page e ne distrusse la vita e la reputazione, privandolo di tutto ciò che gli era più caro, dal lavoro alle amicizie. Ma, nel toccare il punto più basso, Matt scoprì che «un uomo senza speranza è un uomo senza paura», come sottolineato dalle parole del criminale in uno dei momenti più intensi della saga.
Matt Murdock fu trasformato da Miller in un eroe debitore della filosofia oggettivistica di Ayn Rand, di cui l’autore era seguace convinto, in realtà accentuando soltanto uno dei tratti della sua personalità già presenti fin dal 1964, quello della incrollabile temerarietà, arricchendola dell’elemento religioso che sarebbe diventato cardine in molte storie successive.
E il canovaccio di Rinascita, con l’eroe che viene privato di tutto e ridotto in crisi di nervi, sarebbe stato poi utilizzato come base per numerose storie di Devil negli anni a venire, segno ulteriore del marchio definitivo imposto da Miller al personaggio.
7 – Devil all’Inferno (Daredevil #278-282, marzo-luglio 1990)
Ann Nocenti, passata dal ruolo di editor a quello di scrittrice, prese in mano la serie con il #236 e proseguì sul solco segnato da Miller con Rinascita, tenendo Devil fortemente legato al suo ambiente naturale, quello del malfamato quartiere newyorchese di Hell’s Kitchen e fornendogli una dimensione più sociale, con Matt che aprì un consultorio legale gratuito per i bisognosi e gli oppressi. Nella prima parte del suo ciclo (ristampato proprio di recente da Panini), la Nocenti introdusse anche una nuova femme fatale da opporre a Matt/Devil, più in linea con il tenore delle proprie storie, con la schizofrenica Typhoid Mary.
In un secondo momento, però, a partire dall’elemento religioso introdotto da Miller, la Nocenti cercò di infondere una forte dose di misticismo alle proprie storie, lanciando Devil in un viaggio “on the road” dal gusto dantesco e contrapponendolo a un “vero” diavolo, Mefisto, per fornirgli uno spessore quasi messianico ben descritto dal tratto rude e istintivo di un giovane John Romita Jr., qui rifinito dal pennino pulito e raffinato di un veterano come Al Williamson.
Anche in questo caso, a emergere fu uno dei tratti salienti di Matt, che uscì vincitore da uno scontro impossibile – giocato soprattutto sul piano morale e verbale, piuttosto che su quello fisico – e affermò il proprio animo puro e nobile.
8 – Diavolo Custode (Daredevil vol. 2 #1-8, novembre 1998-giugno 1999)
Dopo l’ennesimo periodo buio, caratterizzato però da un tentativo ben riuscito ma non troppo apprezzato di riportare il personaggio ai toni avventurosi e scanzonati delle origini operato da Karl Kesel e Cary Nord, nel 1998 Marvel Comics decise di operare un rilancio in grande stile del personaggio, inserendolo nella neonata linea Cavalieri Marvel creata per gli eroi più urbani come il Punitore e Pantera Nera. La collana di Devil ripartì da zero, scritta da Kevin Smith – regista di film indipendenti di culto come Clerks e In cerca di Amy, nonché grande appassionato di fumetti – e disegnata da Joe Quesada, disegnatore tra i più amati dai fan per il suo stile dal forte impatto visivo figlio degli anni Novanta ma con un deciso senso della narrazione.
La trama di Diavolo custode era ben poco originale: partendo dal lato religioso del personaggio, Smith portò Matt a una nuova crisi nervosa, finendo persino per ucciderne la fidanzata storica, Karen Page. Proprio nel suo essere una “raccolta” di luoghi comuni deviliani, però, la storia fungeva quasi da riepilogo di tutte le caratteristiche principali del personaggio, qui riproposte in chiave moderna – e “cool” come mai prima di allora – per nuovi potenziali lettori.
9 – La Cupola (Daredevil vol. 2 #26-31, dicembre 2001-maggio 2002
Dopo il rilancio di Smith e Quesada, toccò a Brian Michael Bendis riportare in alto la qualità della serie. Bendis veniva dal fumetto indipendente ed era noto per fumetti noir come Torso e Goldfish. La sua propensione alla scrittura di dialoghi serrati dal forte taglio cinematografico ben si adattò quindi a un ritorno alle atmosfere milleriane, con storie ambientate in prevalenza nel mondo della criminalità organizzata. Le atmosfere poi erano ben supportate anche dal tratto sporco e a tratti fotorealistico di Alex Maleev.
L’intero lungo ciclo di Bendis (riproposto integralmente in una serie di volumi nel nostro Paese) fu incentrato principalmente su un elemento narrativo inedito: la rivelazione pubblica dell’identità segreta di Devil, che comportò una serie di problematiche legali soprattutto legate alla sua professione di avvocato e spinse addirittura il personaggio a detronizzare Kingpin e a diventare il “re di Hell’s Kitchen”.
Oltre alla forte caratterizzazione noir, fu il già citato contrasto fra i due aspetti della vita di Matt Murdock a diventare l’elemento chiave delle storie di Bendis, bravo nel fornirgli originalità e nuova profondità pur partendo dalle radici piantate da Miller.
10 – Il diavolo nel braccio D. (Daredevil vol. 2 #82-87, aprile-settembre 2006)
Dopo l’acclamato – soprattutto dalla critica – ciclo di Bendis, non fu facile per Ed Brubaker occuparsi del personaggio, soprattutto perché, per una scommessa con il suo predecessore, si trovò a partire – (con la storia intitolata Il diavolo nel braccio D.) – da una situazione parecchio insolita, con Matt in prigione per aver mentito sotto giuramento sulla propria identità segreta.
Brubaker – che proveniva dalla DC Comics e da Batman, dopo un lungo periodo nel mondo del fumetto indipendente – attenuò l’aspetto avventuroso e supereroico della serie, privilegiando quello “crime” e avvicinando il prodotto alle serie televisive più in voga di quegli anni, anche nello stile di scrittura, decisamente fresco e contemporaneo.
Anche in questo caso il connubio con il disegnatore fu fondamentale, dato che Michael Lark – erede della scuola di Toth e Mazzucchelli – fornì una cupa impronta realistica alle tavole, pur con un senso della dinamicità non troppo marcato.
Bonus – L’uomo senza paura (Daredevil: The Man Without Fear #1-5, ottobre 1993-febbraio 1994)
Quando, a fine anni Settanta, Miller arrivò sulle pagine di Daredevil, si trovò a rinarrare le origini del personaggio insieme allo sceneggiatore Roger McKenzie, operando diverse modifiche sostanziali a quelle presentate da Stan Lee più di 10 anni prima. Lo stesso Miller, poi, nel suo lungo ciclo introdusse nuovi elementi, come la già citata presenza di Stick negli anni di formazione del Matt Murdock adolescente e il passato condiviso con Elektra.
Nel 1993 arrivò così nelle fumetterie americane il primo albo di L’uomo senza paura, miniserie dalla lunga gestazione che riprese tutte le modifiche presentate negli anni Ottanta e rinarrò in maniera organica e più approfondita la vita di Matt Murdock fino al momento in cui indossò per la prima volta l’originaria maschera gialla di Devil. A differenza della versione precedente, qui fu Matt Murdock (non ancora Devil) a vendicare il padre, con un improvvisato costume nero che il personaggio indosserà anche nei primi episodi della nuova serie televisiva.
Le matite furono affidate a Romita Jr. e Williamson, di cui Miller aveva molto apprezzato l’allora recente lavoro sulla collana regolare sceneggiata da Ann Nocenti.
C’è da dire che non tutti gli scrittori successivi a questa miniserie l’hanno poi usata come bibbia, e alcuni di essi – come Joe Kelly – hanno preferito usare come base la storia di Stan Lee, datando per esempio la morte di Jack Murdock agli anni del college di Matt.