Ci sono disegni che dicono cose, e disegni che dicono quel che è difficile dire. I 250 disegni fatti dagli internati rinchiusi nei lager durante la Seconda guerra mondiale e raccolti in K.Z. – disegni degli internati nei campi di concentramento nazifascisti, sono un raro esempio di quel secondo genere. Un esempio che porta una testimonianza preziosa oggi, nel Giorno della Memoria, grazie al lavoro di documentazione svolto nel corso del tempo da Arturo Benvenuti, che già nel 1983 stampò una prima versione del libro pubblicato in questi giorni da BeccoGiallo.
In uno dei testi che accompagnano il volume, Roberto Costella ne riassume il percorso:
Così è nato K. Z., sottotitolato Disegni degli internati nei campi di concentramento nazifascisti, dato alle stampe nell’aprile 1983, con la prefazione di Primo Levi. Il libro di 276 pagine, con altrettante fotografie in bianco e nero, riproduce disegni, quasi sempre eseguiti nei lager, dagli stessi internati; si tratta di materiale grafico – talvolta pittorico – raccolto nel corso di quattro anni, e poi composto dallo stesso Benvenuti, che ha trovato la tipografia nel Reparto Stampa della Cassa di Risparmio della Marca Trivigiana. L’istituto bancario di Treviso, facendosene carico, ha realizzato un’edizione fuori commercio, aderendo così ad una precisa richiesta del curatore.
In queste immagini vediamo ritratti interni ed esterni, carri treni e fornaci, corpi scarnificati e scenette di banale quotidianità, momenti di lavoro e stanze affollate, esecuzioni capitali e docce fatali, cadaveri e fantasmi. Accostati tra loro ci sono disegni di artisti professionisti, ma anche di amatori naif e persino di alcuni bambini.
Tuttavia il punto centrale, per noi, sta nel ruolo che questa raccolta attribuisce a una forma particolare di memoria: quella del disegno. Perché in K.Z., i segni tracciati dai prigionieri sembrano ricordarci l’incredibile continuità tra corpo e carta. Il disegno non solo come visualizzazione di “fatti”, ma come traccia (ricordo?) di un corpo – una mano – e quindi, in qualche misura, strumento capace di farsi testimonianza storica di una speciale, tragica esperienza fisica. Come notò Primo Levi:
Ecco quindi la ragione per la quale il lavoro di Benvenuti mi pare prezioso, anche e soprattutto per noi che ci occupiamo di disegno: ci suggerisce una verità che i sensi non possono (più) testimoniare, ma che la memoria dei segni può alludere con straordinaria, emozionante potenza. Con le sue stesse parole:
NOTA: Le didascalie di ciascun disegno riportano di ogni autore i dati essenziali, così come rintracciati da Benvenuti: nome, cognome, data e luogo di nascita; e poi il titolo/soggetto del disegno e l’anno di realizzazione.
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