Avevamo già parlato dell’agitazione che ribolliva tra gli autori di bande dessinée a causa del disegno di legge che prevedeva la modifica delle imposte previdenziali. Dinanzi alle risposte poco esaustive del ministro Filippetti, i fumettisti hanno deciso di passare dalla parole ai fatti. Nel corso del Festival de Saint-Malo, i fumettisti hanno operato per due ore uno sciopero delle “dédicaces”, compromettendo così la buona riuscita della manifestazione.
I fumettisti hanno incrociato penne e matite in segno di protesta contro la riforma del piano previdenziale, pur avendo il governo francese optato per il rinvio. La sola idea che una riforma del genere vada in porto preoccupa sensibilmente un settore, dove il 50% degli afferenti è al di sotto del salario minimo garantito. Riuniti in assemblea, gli autori che aderenti allo sciopero hanno evidenziato le difficoltà di un settore, che solo all’apparenza sembra garantire lauti guadagni. Infatti, della somma media che gli editori concedono come pagamento anticipato – ci aggiriamo da quanto dicono gli stessi autori su una media di 20.000 €, una cifra abbastanza lontana da realtà come quelle italiane, che spiegherebbe anche la fuga di matite verso l’area francofona – circa un terzo va allo sceneggiatore e quel che rimane deve coprire un anno di salario per l’autore, vista la periodicità delle pubblicazioni. Inoltre, i diritti per le vendite non toccano agli autori nel momento in cui le vendite sono al di sotto della norma, così come ogni tipo di indennità e di congedo retribuito è totalmente discrezionale e riservato alla bontà del loro editore.
Già nel 2007, per cercare di tutelare i diritti dei travaillieurs de l’esprit, era stata fondata la SNAC. Ora, per monitorare e raccogliere quante più informazioni possibili riguardo il settore, proprio durante il festival di Saint-Malo si sono costituiti gli Etats généraux de la bande dessinée (EGBD), coordinati e presieduti dal fumettista Benoît Peeters, famoso per la bande dessinée Le città obscure. Il programma di lavoro degli EGBD sarà reso pubblico durante la prossima edizione del Festival di Angoulême.
Questa situazione di precariato e di mancanza dei diritti fondamentali di un lavoratore, è resa ancora più problematica dalla situazione del mercato del fumetto francese. Dagli anni Novanta ad oggi si è assistito ad una crescita del mercato legato ai fumetti: dalla media dei cinquecento titoli pubblicati nel breve periodo si è passato ad una cifra che molto spesso ha decuplicato questa somma – grazie anche al fenomeno manga – ma questo ha comportato l’abbassamento della tiratura media, visto che dalle tremila copie vendute negli anni Novanta si è passati a cifre più contenute che si aggirano mediamente sull’ordine delle centinaia di copie. Come qualsiasi settore in crescita, il fumetto ha attirato nuovi aspiranti e soprattutto nuovi editori (332 nel 2013). In una dichiarazione al settimanale Télérama, Claude de Saint Vincent, direttore generale del gruppo Média Participations, che detiene la proprietà di case editrici importanti per il settore, quali Dargaud, Dupuis e Le Lombard, ha spiegato «Mentre la produzione esplodeva, la tiratura media di un album a fumetti è scesa notevolmente. Siamo passati da un lavoro basato sulla riserva – in cui l’autore poteva sperare di vendere i suoi lavori sulla media e lunga durata – ad uno sulle novità. Oggi, la letteratura rappresenta il 30% del settore editoriale, e permette di vivere a trecento romanzieri. Il fumetto, invece, copre solo il 9%. Come potrebbe permettere di vivere a 1500 autori professionisti?».
Molti autori sono costretti ad abbandonare la loro attività di disegnatori perché impossibilitati a vivere dei proventi e dei diritti che derivano dalle loro opere. Il fumettista Emmanuel Lapage, autore insieme al fratello François dell’affascinante carnets de voyage dal titolo La Lune est blanche, al riguardo si esprime così: «Il futuro appartiene a André Gide…mi ha detto un editore. La situazione è tragica. Si assiste semplicemente alla scomparsa di un mestiere. Cinque anni fa il sistema delle BD permettevano, lavorando anche dodici ore al giorno, sei giorni su sette, di sopravvivere. Oggi non è più possibile.»
Questa situazione ha portato allo stremo un’intera categoria di autori e soprattutto di futuri autori che durante la prossima edizione del Festival d’Angoulême – che si terrà dal 29 gennaio al 1 febbraio – protesteranno per far sentire la propria voce.
Certo, il problema, a nostro avviso, risiede nella natura stessa di un settore che ha visto una crescita esponenziale e di segno positivo nell’ultimo decennio sino a collimare in una crisi inevitabile a causa dell’aumento incontrollabile dell’offerta. Tra autoproduzioni, ristampe – a volte sempre più costose e voluminose e rivolte ad un pubblico di esperti e studiosi – recuperi e nuove proposte che consumano la propria vita nell’arco di un battito di ciglia, il mercato francese è andato in contro ad una regressione che ha colpito in maniera indiscriminata tutti gli operatori del settore. Questo pesa gravemente proprio sugli autori più giovani che, aspirando a fare della propria passione un lavoro, si sono ritrovati con un pugno di mosche in mano. Nel contempo, ci appare indubbio che la differenziazione del lavoro – dalla grafica all’animazione e così via – sia una delle possibili prospettive e altrettanto inevitabile. Rapportandoci alla situazione italiana, dove i compensi sono senza dubbio molto più bassi di quelli francesi, gli autori per vivere sono costretti a svolgere altre mansioni più o meno vicine alla loro attività artistica. Al di là dei casi limite – leggi Zerocalcare – la maggior parte degli autori continua a svolgere la professione di fumettista in maniera collaterale ad altri lavori e/o si rivolgono a forme nuove di editoria – come nel caso di Ratigher, con il suo Prima o Mai – che saltano a piè pari le regole del mercato. In Italia, a meno di lavorare per le storiche case di produzioni (ci riferiamo a Sergio Bonelli, Astorina e Disney) o essere autori affermati e ricercati, è abbastanza difficile vivere con i proventi dei soli fumetti.
La situazione francese, pertanto, è anche figlia delle scuole di fumetto, “colpevoli” di aver prodotto uno stuolo di autori che il mercato non può assorbire e un surplus di lavori che hanno saturato il mercato stesso. Questo non è certo un dato negativo. L’aumento di creatività e di proposte alternative agli editori storici sono sempre estremamente positive e sanciscono la buona salute di un settore da sempre centrale e importante nelle aree francofone. Al contempo, però, questa creatività in eccesso non è inequivocabilmente legata ad un proporzionale aumento delle tirature e dei guadagni. Tra l’altro parliamo di un mercato abbastanza differente da quello italiano e che da sempre è stato abituato a pagare prezzi relativamente alti per un fumetto dalla foliazione “esigua” (48/96 pagine). In Italia, il mercato del fumetto ha conosciuto negli ultimi anni un aumento di segno positivo, legato al diffondersi nel circuito librario del fumetto grazie alla categoria merceologica del graphic novel, ma senza ragionevoli ripercussioni positive – se non rarissimi casi: il già citato Zerocalcare o Gipi – sugli autori stessi.
Questo forse ci dice che c’è una forte distanza tra le diverse richieste di nobilitazione del medium – suffragate da premi, liste e menzioni varie – e quello che veramente spetta economicamente agli autori di fumetti. Quel risicato 9% del mercato francese coperto dai fumetti non permette di vivere a tutti quei 1500 fumettisti che si dichiarano professionisti.
Anche nella nobile Francia, a quanto pare, fare il fumettista è diventato un hobby.