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Il gusto del cloro, un sapore classico

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A sei anni dalla sua prima pubblicazione, Il gusto del cloro di Bastien Vivés si è affermato come uno dei classici moderni del fumetto. L’articolo che segue, scritto da Sergio Rossi, è la postfazione all’edizione 2014 – la terza – de Il gusto del cloro, pubblicata questa settimana da The Box Edizioni con un finale alternativo voluto dall’autore.

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La prima volta che mi sono immerso nelle pagine de Il gusto del cloro era l’estate del 2008, a Parigi, tra gli scaffali della libreria Gibert Jeune di Place St. Michel. Da ex nuotatore ed ex pallanuotista mi colpì subito l’immagine di copertina e il titolo. Apriì le pagine e trovai una storia raccontata con un disegno e un ritmo ipnotizzante. Soprattutto mi colpirono i colori, che riuscivano a rendere sia l’atmosfera acquosa delle piscine, sia la distorsione della vista di un corpo immerso, con una naturalezza e insieme una precisione mai vista se non nelle pagine di Rough di Mitsuru Hadachi, un fumetto giapponese ambientato nel mondo delle gare di nuoto dei licei.

Mostrai il libro a Raffaella e, anche lei, ne rimase subito colpita, pur non essendo un’ex nuotatrice o un’ex pallanuotista. Rilessi il nome dell’autore e le sue note biografiche. No, quel Bastien Vivès non lo sapevo proprio chi fosse, e nemmeno quale fosse l’esatta pronuncia del suo cognome (Viv? Vivé? Vivè?). Non sapevo, o meglio, non potevo sapere che pochi mesi dopo, nel gennaio 2009, quel libro avrebbe vinto il premio Rivelazione al prestigioso festival di Angouleme, e neppure che, un paio danni dopo, il suo stesso autore mi avrebbe spiegato l’esatta pronuncia del suo cognome (Vivès) in un bar del salone del fumetto di Lucca dove era ospite della Black Velvet, la casa editrice con cui lavoravo. L’unica cosa che sapevo, lì, in quella libreria di Parigi, era che dovevo pubblicare l’edizione italiana di quel libro, cosa che avvenne nell’aprile 2009, con la traduzione mia e di Raffaella.

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Nel frattempo, come era prevedibile, Vivès fu conteso da tutti gli editori francofoni, e cominciò a pubblicare più libri all’anno spaziando nei generi e nei formati, dalle strisce al peplum, e anche insieme ad altri autori; contemporaneamente divenne terreno di caccia da parte degli altri editori italiani, anche se a volte con modalità discutibili. Quando nel 2010 Black Velvet entrò nel gruppo Giunti, tra i primi libri pubblicati ci fu la ristampa de Il gusto del cloro, seguita dagli inediti Nei miei occhi e Polina, il romanzo a fumetti che ha definitivamente lanciato Vivès a livello internazionale. Quest’ultimo è anche il volume da cui Ottavio Gibertini, il “Carneade” della Black Velvet, ed io iniziammo a ripensare alla forma e alla funzione dei libri da pubblicare, cominciando un percorso di lavoro che continua tuttora. Quando nel gennaio 2013 finì l’avventura di Black Velvet e creammo l’etichetta The Box Edizioni per il gruppo Fandango, decidemmo di pubblicare i libri già editi e inediti di Vivès con una veste grafica ed editoriale ritagliata su misura: nel novembre 2013 pubblicammo Veri amici, e a giugno 2014 Tra due cuori.

Arriviamo così a questa terza edizione italiana de Il gusto del cloro. Ci sono molte altre ragioni alla base di questa scelta. La prima è che abbiamo rivisto la traduzione e proposto all’autore un modo diverso e inedito di collegare i diversi finali: quindi, questa che avete tra le mani è un’edizione ideata e realizzata in Italia, per ora in anteprima mondiale. Un’altra (ovvia) ragione è che Il gusto del cloro è ormai un classico moderno con una vita indipendente anche dal suo autore, al punto che lo stesso Vivès lo deride, e si deride, nelle strisce che ha pubblicato nel suo blog e riunite nel volume L’importanza di chiamarsi Fumetto uscito per Bao Publishing nel 2014.

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Un’altra ragione è che è in questo libro che lo stile di Vivès, già riconoscibile anche nelle opere precedenti, ha trovato la sua definitiva maturazione. Basta prendere una qualunque pagina per rendersi conto della sua capacità di saper posizionare nello spazio e raffigurare i movimenti dei corpi come le bracciate, i respiri trattenuti, le bollicine ai lati della bocca; del senso innato dell’inquadratura e del montaggio; della panoramiche spesso affollate di personaggi in movimento e organizzate in coreografie perfette; della cura dei dettagli – i costumi da bagno, gli occhialini, le cuffie, le scarpe – che caratterizzano i personaggi; dell’uso del colore con cui ha saputo rendere non solo l’atmosfera acquosa di una piscina, ma anche i suoni e gli odori.

La penultima ragione risiede nel racconto stesso de Il gusto del cloro. Per i (pochi) detrattori, è la storia dell’avvicinamento e del progressivo innamoramento di un ragazzo e una ragazza senza nome che si può sintetizzare così: “Un uomo entra in una piscina: splash”. Questo è vero solo in superficie, ma basta mettere la testa sott’acqua per accorgersi che questo romanzo per immagini, volente o nolente poco importa, racconta di ognuno di noi. Per esempio, di quando ci siamo messi alla prova facendo una vasca sott’acqua senza respirare; di quando ci siamo trovati senza fiato e abbiamo dovuto lottare per risalire a galla e non affogare; di quando abbiamo dovuto imparare un nuovo stile di vita e di lavoro, ripetendo all’infinito una nuova serie di movimenti; di quando siamo entrati in un ambiente che non era il nostro e ci siamo sentiti goffi e inadeguati finché qualcuno non ci ha spiegato come ci si comporta; di quando abbiamo voluto dimenticare il nostro nome e la nostra storia per inventarcene un’altra per essere davvero noi stessi.

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Infine, c’è l’ultima, e la più vera, ragione per cui ho voluto ripubblicare questo libro, che è personale. Ogni volta che lo rileggo rivivo il momento della sua scoperta; e il dove, e il quando, e con chi ero; e i momenti venuti dopo, le cadute, le risalite, gli incontri, gli scontri: tutti legati insieme da un personale filo rosso fatto di quelle immagini e quelle parole. Perché è a questo che servono le storie come Il gusto del cloro: a dare un filo, un senso a ciò che abbiamo dentro di noi, attraverso le parole e le immagini create dai loro autori.
E mi piace pensare che, nel monotono nuotare dei protagonisti una vasca dopo l’altra, ogni lettore, persino i detrattori di questa storia, possa trovare il proprio.

*Sergio Rossi è scrittore, traduttore e storico del fumetto, oltre che editor di The Box Edizioni. Ha diretto la rivista di critica Fumo di China. Tra i suoi libri, il romanzo per ragazzi Scacco matto (Disney libri, 2005), l’antologia sul fumetto erotico italiano Maledette, vi amerò (Neri Pozza, 2007) e quella sul fumetto politico italiano degli anni settanta L’immaginazione e il potere (Rizzoli, 2009). Per Feltrinelli è uscito il romanzo Un lampo nell’ombra (2013).

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