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“Nero vita”: l’altra faccia del modello sociale svedese

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di Valeria Righele

Nero vita della fumettista polacca Daria Bogdanska – originalmente intitolato Wage Slaves (“schiavi del salario”) – racconta il trasferimento dell’autrice stessa a Malmö, nel sud della Svezia, per studiare fumetto alla Kvarnby Serieskola, l’immediato scontro con le leggi scandinave sull’immigrazione e le conseguenti problematiche legate al mondo del lavoro. Per risultare legalmente impiegata nel paese, Daria ha bisogno del Personnummer, un numero di identità personale simile al Codice fiscale italiano. Il problema è che non può ottenerlo senza prima assicurarsi un lavoro.

Nero vita

Per un’immigrata di venticinque anni, che non parla la lingua e non ha un diploma, non sembrano esserci grosse alternative se non il lavoro in nero. Dopo aver lavorato in un chiosco di burger vegani e aver contato le biciclette in transito per conto del Comune (un esempio di “bullshit job”? Eccovene uno), Bogdanska approda in un ristorante indiano assieme ad altri giovani di diversa nazionalità, ma ugualmente disperati.

Entusiasta di aver trovato una soluzione, dovrà ben presto fare i conti con un altro livello di ingiustizia: l’ambiente non è troppo accogliente, i dipendenti lavorano fino a 12 ore al giorno per una bassa retribuzione e ciò che è peggio è che il proprietario li paga in base a quanto sono bianchi e local. Il mercato del lavoro sommerso costringe gli immigrati ad accontentarsi di un livello di vita scadente e li imprigiona in un rapporto di dipendenza dai titolari per cui lasciare il posto è impossibile.

«Questa cosa mi faceva incazzare. Avevo idealizzato la Svezia.»

Pensato inizialmente come una cronaca autobiografica del suo primo anno vissuto da emigrante in Svezia, il libro si trasforma lentamente in una storia sulla lotta sindacale di coloro che la società (anche quella svedese, illuminata e liberal) vorrebbe relegare ai margini. Forte della sua passata esperienza di attivista e consapevole del proprio privilegio di bianca europea, Daria decide di non arrendersi. Con l’aiuto di una giornalista e dell’unico sindacato autonomo svedese disposto ad aiutare i lavoratori in nero, avvia una battaglia legale che alla fine porterà ad ottenere condizioni di lavoro più eque per le persone nella sua comunità.

Pubblicato originariamente in Svezia da Galago nel 2016, Nero vita ha ottenuto un successo immediato: è stato tradotto in numerose lingue, è entrato nella selezione ufficiale di Angoulême nel 2018, ed è arrivato a vincere l’anno dopo il premio Robespierre, portando così alla ribalta tutta quella nuova ondata del fumetto svedese – autobiografico, radicale, femminista – che si è sviluppata negli ultimi quindici anni attorno a collettivi come Dotterbolaget e alla stessa scuola di fumetto frequentata da Bogdanska.

Nonostante i connotati politici e sociali, in Nero vita c’è molto dell’esperienza privata dell’autrice, i suoi tentativi di iniziare una nuova vita all’estero dopo aver girato l’Europa a vent’anni, le sue esitazioni sentimentali, la sua stanchezza e le sue difficoltà materiali. Le feste, le relazioni, la nuova band con cui ricomincia a suonare.

Oltre a raccontare con linearità e schiettezza la storia della generazione precaria senza sicurezza nel lavoro di cui lei stessa fa parte, Daria racconta la scena underground di Malmö, vivace, pulsante, inclusiva, che la fa sentire immediatamente “a casa” e le dà la forza di proseguire con la sua agenda personale.

Le pagine, ricche di dialoghi e didascalie, accolgono un disegno in bianco e nero rigoroso ma libero dall’obbligo realista, energico e determinato come la protagonista. L’assenza di colore, ricorrente nei lavori e nelle autoproduzioni di Daria Bogdanska, rende la narrazione di questo intrappolamento generazionale e dell’idea (fallimentare) di bene comune più diretta.

Pur essendo sempre stata una persona molto attenta alla politica e attiva nella vita pubblica, l’autrice non aveva mai riflettuto concretamente sulle problematiche legate al mondo del lavoro fino al suo trasferimento in Svezia. Proprio nel corso delle sue disavventure, entrando in contatto con la realtà sindacale ha compreso di non saperne granché, decidendo di frequentare dei corsi per diventare organizzatrice e promotrice di cittadinanza attiva.

Quando le hanno chiesto cosa sperava di ottenere con Nero vita lei ha risposto limpidamente: «Per me era importante far capire a chi ha la mia età, ma anche ai più giovani, che esiste la possibilità di iscriversi a un sindacato, per essere rappresentati e tutelati». Il fumetto è stato per lei lo strumento per comunicare un’alternativa concreta e attiva a chi vive una quotidianità di stenti e difficoltà.

Oggi ha 31 anni, continua a fare fumetti e insegna. Suona anche nella band punk Två Krig (“Due guerre”), lavora come meccanica di biciclette e continua l’attività di organizzatrice sindacale. Ha già annunciato che il suo prossimo libro sarà dedicato all’housing e alle politiche abitative, altro rovescio spinoso dell’adattamento socialdemocratico e dell’egualitarismo nordeuropeo.

Nero vita
di Daria Bogdanska
Mesogea, dicembre 2019
traduzione di C. Pastura
brossura, 200 pp., bianco & nero
22,00 €

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