La rilettura del manga World Apartment Horror di Satoshi Kon ci fornisce, a quasi vent’anni di distanza dalla sua prima pubblicazione, l’occasione di riflettere, in nuovi e sorprendenti modi, su un autore scomparso troppo presto, la cui cifra stilistica e il cui spessore poetico sono stati talmente vasti da avere un’eco che permane tutt’oggi.
World Apartment Horror nacque a inizio anni Novanta come film dal vivo scritto da Katsuhiro Otomo, che lo diresse anche, e Keiko Nobumoto, per la sceneggiatura proprio di Satoshi Kon. Nello stesso anno fu pubblicato l’adattamento a fumetti che, ispirandosi a quella storia, rielaborava su carta suggestioni e atmosfere, portandole in un contesto più personale e legato al linguaggio del fumetto che Kon conosceva molto bene.
La storia, concentrata in un centinaio di tavole, narra di uno yakuza che ha il compito di sgomberare un palazzo abitato da immigrati clandestini. Non solo non ci riesce, ma scopre anche che quel palazzo ha a che fare con forze maligne che si ritroverà ad affrontare.
In un’opera semplice e apparentemente leggera come World Apartment Horror si nasconde, tra le vignette e fra i dialoghi, la bravura di Satoshi Kon. Il tratto con cui dà corpo alla storia è, come al solito, molto pulito. È figlio di quella rivoluzione tutta otomiana che negava un “character deformed” in favore di un realismo meraviglioso e stordente al tempo stesso. Quell’estetica non solo ha segnato gli anni Ottanta, ma ha definitivamente influenzato anime e manga dei decenni a venire. Si trattava di portare le forme realistiche che appartenevano al gekiga, cioè a una branca del manga più underground, in una dimensione più pop e mainstream. Otomo ha dato il via a questo filone, Kon ha raccolto quell’eredità e l’ha fatta propria.
Sfogliare le pagine di World Apartment Horror significa, ancora oggi, rimanere stupefatti per l’impressionante virtuosismo del Kon mangaka, quella stessa ossessione tecnico-stilistica che lo ha portato sull’orlo dello sfinimento e che lui ha saputo traslare con efficienza nelle sue opere animate.
World Apartment Horror rivela in modo evidente il desiderio di Kon di sviscerare i propri desideri autoriali in un ambito diverso dal fumetto, l’animazione. Se si osserva con attenzione la regia, il modo in cui Kon racconta e costruisce l’azione, le dinamiche di racconto, il passaggio da una vignetta all’altra e come questo passaggio diventi uno strumento per infondere dinamismo o poesia, a seconda del caso, nella storia, tutto questo dimostra come Kon fosse un narratore di razza, con un proprio specifico sguardo. A quel punto della sua carriera, all’inizio degli anni Novanta, era evidente che il solo fumetto gli stava stretto: si preparava per il grande salto, da un linguaggio a un altro per scoprire nuovi orizzonti.
E poi c’è un secondo elemento, ancora più importante. World Apartment Horror è una storia che Kon si è trovato a gestire. Non era sua, l’ha dovuta sviluppare. Eppure nel manga è riuscito a rielaborarla in una forma tale da farla propria. C’è tanto Otomo, specie nel climax apocalittico finale, ma c’è anche tanto Kon, nel suo saper ibridare con sintesi impeccabile sogno e realtà, dramma e commedia, poesia e intrattenimento puro. C’è una fotografia del Giappone che si ritrova ad affrontare una crisi economica e sociale sconvolgente, quella della bolla speculativa, ma anche tanta tenerezza, tanta umanità, nonché fascino per l’inspiegabile.
E ancora: la capacità di Kon di descrivere, con pochissimi dettagli, il degrado di un determinato strato sociale o, più semplicemente, il talento nel generare l’atmosfera giusta (sia essa comica o orrorifica) con il non detto, con le sole immagini, con la scelta di inquadrature ardite, pose plastiche, chiaroscuri funzionali. In poco più di cento tavole Kon si preparava a diventare il gigante che è stato.
World apartment horror
di Satoshi Kon e Katsuhiro Otomo
Edizioni Star Comics, aprile 2006
brossura, 224 pp., bianco e nero
7,00 €
Leggi anche:
- “La stirpe della sirena”, l’ambientalismo di Satoshi Kon tra sogno e realtà
- Le locandine immaginarie di “Millennium Actress” di Satoshi Kon
- 30 anni di “Akira”, il capolavoro animato di Katsuhiro Ōtomo
Entra nel canale Telegram di Fumettologica, clicca qui.