È da ormai quasi due anni che si parla e vocifera intorno a Il confine, il nuovo titolo di Sergio Bonelli Editore ideato dagli sceneggiatori Mauro Uzzeo e Giovanni Masi, con la collaborazione visiva di Lorenzo “LRNZ” Ceccotti (copertine), Emiliano Mammucari (character design e supervisione colori), Federico Rossi Edrighi (layout) e la grafica di Fabrizio Verrocchi. Una task force di tutto rispetto al servizio di un’impresa insolitamente ambiziosa sul piano organizzativo e produttivo, per gli standard abituali dell’editore milanese.
Il primo progetto crossmediale in casa Bonelli – così è stato presentato, sebbene non ci siano novità sullo stato di avanzamento degli altri prodotti legati – aspira infatti a essere non solo un’intrigante serie a fumetti mystery di ambientazione montana, ma anche una serie tv live-action (co-prodotta con Lucky Red) e poi romanzi, giochi di ruolo e (forse) altro. In questi giorni il progetto debutta dunque come prodotto editoriale, ma la promessa è che sia solo il primo passo di un percorso più ampio.
Tutto parte da un piccolo villaggio alpino sul confine tra Italia e Francia, dove il pulmino che trasporta una classe di adolescenti in gita scolastica scompare nel nulla. A occuparsi della ricerca vengono chiamati, come consulenti delle autorità investigative, due personaggi opposti e complementari: l’italiana Laura Denti, immortalata sulla copertina del primo numero, è un’agente dell’Interpol concreta e poco affabile, incattivita dalle proprie ossessioni; il francese Antoine Jacob è invece un esperto conoscitore delle montagne, affascinato dal mistero in sé e dai mutamenti nel paesaggio che sembrano sconvolgere in modi inspiegabili lo spazio e il tempo, più che dalla ricerca dei ragazzi.
Pur tenendosi focalizzata sui due protagonisti, Il confine è una serie corale: ci sono i genitori dei giovani scomparsi, la compagna di classe rimasta a casa quel giorno, un reporter di cronaca, e un’ampia comunità di abitanti del paesino. La direzione corale è tanto più utile quanto proseguirà nell’approccio visto in queste prime battute: staccarsi dalla tradizionale narrazione lineare per approfondire vicende all’apparenza marginali, che troveranno poi senso entro un quadro più generale.
Nel primo episodio la vicenda entra subito nel vivo: dove sono finiti i ragazzini? Sotto una valanga? Perché, allora, non si trovano tracce? La scansione è fitta, in brevi capitoli ben focalizzati che dettano il ritmo non solo degli eventi, ma della vera e propria suspense. Il risultato è un tempo di lettura particolarmente veloce, nel solco delle ultime produzioni bonelliane, da Orfani in poi, ancor più accelerato in questo caso dal numero di pagine complessive di un albo, una sessantina in luogo delle tradizionali 96 del classico formato ‘quaderno’.
D’altra parte l’edizione cartonata alla francese, la distribuzione esclusiva per le librerie, il prezzo non popolare, sanciscono in modo chiaro la volontà – sempre più evidente nella SBE attuale – di affermare un posizionamento alto, valorizzando la qualità del prodotto a scapito persino della sua accessibilità. «Non c’è più il nazionalpopolare di una volta» scriveva qui Matteo Stefanelli, e questa nuova serie sembra ribadire la tendenza. Come a voler affermare la necessità che per costruire immaginari, oggi, in un settore rivoluzionato dentro e fuori da tv, digitalizzazione e nuove formule fumettistiche, la componente editoriale ‘fisica’ è solo il punto di partenza – e non più ‘dal basso’ della massa indistinta, bensì ‘dall’alto’ della nicchia ben profilata – per un’operazione narrativa (e di mercato) più ampia, ibrida, trasversale.
Nei primi tre episodi, presentati a Lucca in anteprima (il primo sarà in vendita in libreria da fine novembre), è evidente la volontà di spingere su toni espliciti e di offrire un’alta qualità visiva. Lo dimostrano i dialoghi e le scene di sangue o di sesso forse mai così diretti e sfacciati nel fumetto Bonelli. Sul piano grafico, invece, lo testimonia la scelta di affidarsi alla sobria eleganza nei disegni di Giuseppe Palumbo (nell’episodio uno), del sorprendente Bruno Cannucciari (nell’episodio due) e di Carlo Ambrosini (nell’episodio tre). Anche la composizione si distingue come un elemento nuovo nel contesto della progettazione bonelliana: tutti gli episodi sono sostenuti dai layout di Rossi Edrighi. La palette cromatica ideata da Mammucari, inoltre, definisce un’atmosfera di perenne tramonto che contrasta con il gelo di neve e ghiacci, in momenti chiave imbrattati dal rosso (sangue).
Il limite, in questo debutto, è in una certa freddezza complessiva: Il confine suona professionalmente impeccabile, ma non pienamente coinvolgente. Non annoia mai, sa dosare suspense e colpi di scena. Ma non arriva a sorprendere. La componente razionale – la forma, il colore, i cambi di scena, i personaggi e le loro interazioni – prevale sulla dimensione emotiva che pure, visto il tono degli accadimenti, potrebbe trovare uno spazio. La scomparsa dei ragazzini, ad esempio, percepita dalla protagonista attraverso un telegiornale, entra in scena come vicenda sullo sfondo, utile per motivare gli attori ma scarsamente vissuta dai personaggi. Persino le tragedie che li colgono improvvisamente sembrano rappresentate con distacco, senza particolare enfasi.
Se fosse una serie tv, si potrebbe dire che manca all’appello un cast in grado di interpretare fino in fondo i personaggi; non a caso, nelle mani dell’abile fisiognomica di Cannucciari, il personaggio del misterioso vecchio guercio sembra destare più curiosità di altri. O forse è solo il pathos che, in 60 pagine, fatica a trovare un ritmo ‘bonellianamente giusto’ per fare emergere la dimensione più intima dei personaggi. La solidità della struttura, insomma, prevale sulla libera corsa del racconto, e il lettore si trova a esplorare la storia con una partecipazione simile a quella con cui Antoine Jacob si interessa dell’indagine: col solo, caparbio obiettivo di svelare i misteri che si accumulano uno dopo l’altro.
Come già in un precedente titolo Audace – Cani sciolti, ambientato nella Milano del Sessantotto/Settanta – a occupare la scena non ci sono però solo i personaggi. C’è anche lo scenario, un elemento essenziale per collocare e muovere le vicende, nel solco certamente più della fiction televisiva che di quella fumettistica, italiana e bonelliana in primis. In questo senso si sentono echi di Lost, Dark, X-Files o Twin Peaks, e della loro capacità di generare misteri e curiosità partendo dalla “personalità” dei luoghi. Con Il confine questa componente è particolarmente importante, poiché entra fin dall’inizio nel concept della serie: l’impulso della progettazione crossmediale si fa sentire, spingendo verso una forte solidità di stile e di ambientazione, capace di scavalcare e attraversare i mezzi.
I temi intorno a cui si sviluppa la trama sono forti e chiari. L’ambiente liminare, tra Italia e Francia, si presta infatti a una serie di suggestioni. Ci sono quelle culturali, ovvero i comportamenti e le tensioni delle rispettive polizie – rappresentate da commissari che sono cugini tra loro, ma si punzecchiano sui reciproci difetti nazionali – che suggeriscono l’idea del confine come uno specchio attraverso cui ogni parte vede il riflesso di se stessa. Per qualcun altro, invece, il confine sembra un limite molto più pratico, difficile da attraversare, come accade a un gruppo di migranti in apertura di episodio. Anche un lovecraftiano soprannaturale sembra emergere nella rappresentazione di questa montagna, che cambia misteriosamente forma e produce perturbanti dejavu.
Gli eventi e i dettagli, insomma, si accumulano. E le spiegazioni mancano: l’enigma la fa da padrone. [SPOILER] Forse altri abitanti sanno qualcosa di quella scomparsa? Cosa diavolo è successo in quegli strani istanti di ‘terremoto’, che sembrano una specie di incrinatura spaziotemporale? [FINE SPOILER]
C’è insomma quel che serve a tenere desta l’attenzione del lettore, ma anche il rischio di generare qualche insoddisfazione sul come e quando arriveranno le risposte (gli autori garantiscono che tutto troverà un suo senso). A partire per esempio dal significato del simbolo che appare sul pulmino e altrove – ideato da LRNZ su indicazioni dei due creatori – che promette inquietanti risvolti ma, allo stesso tempo, come il buon marketing insegna, si offre come impeccabile brand logo per future riallocazioni transmediali.
Il confine si pone quindi come l’ultimo passo dell’evoluzione che Sergio Bonelli Editore sta portando avanti negli ultimi anni sotto la gestione Airoldi-Masiero. L’organizzazione della produzione e la strategia crossmediale testimoniano la volontà di abbandonare una visione protezionistica del modello bonelliano, superando i tradizionali metodi di divisione e progettazione del lavoro per tentare nuove strade, ispirate alle prassi in voga altrove (geograficamente e culturalmente) e più aperte alla contaminazione dei linguaggi e dei media. Il concetto di confine ben si sposa, allora, con l’esigenza di allargare il proprio spazio, di includere altri contesti e sperimentare nuovi ambiti di storytelling.
Così, oltre alla formalizzazione di un universo condiviso tra i suoi personaggi alla maniera di Marvel e DC Comics; oltre ai reboot per modernizzare personaggi potenzialmente interessanti ma un po’ demodè, come Martin Mystère o Mister No; oltre ai cross-over inattesi, sebbene al confine del pretestuoso come quello tra Dylan Dog e Batman, SBE con questo titolo afferma programmaticamente l’intento di oltrepassare i propri limiti. Obiettivo: cercare nuovi territori, nuovi lettori, nuovi abitanti del suo vasto territorio immaginario. Per sopravvivere. Per evolvere. E, speriamo, per riconquistare posizioni nella corsa all’innovazione, troppe volte sbandierata, strombazzata, ma poco praticata. Augurandoci che nel tragitto non perda l’anima: la voglia di raccontare e di divertirsi nel farlo, una premessa (un metodo?) necessaria di ogni buon progetto creativo.
Il confine 1 – Neve rossa
di Mauro Uzzeo, Giovanni Masi e Giuseppe Palumbo
Sergio Bonelli Editore, novembre 2019
Cartonato, 80 pp., colore
16,00 €
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