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Colorare “Aficionados” di Andrea Pazienza, secondo LRNZ

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Lorenzo Ceccotti, in arte LRNZ, illustratore, graphic designer e fumettista autore dei graphic novel Golem e Astrogamma, racconta com’è stato colorare Aficionados di Andrea Pazienza per la nuova edizione di Coconino Press in distribuzione dal 22 agosto 2019. Il testo che segue è l’introduzione al volume, qui ripubblicata per concessione dell’editore.

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aficionados andrea pazienza lrnz

Se nel 2019 ti chiedono di colorare un fumetto di Pazienza, tu devi dirgli no. Parliamo probabilmente del più grande disegnatore italiano di fumetti che sia mai esistito e che incidentalmente era anche un maestro assoluto del colore, con un piglio sulla questione tecnica che ha fatto impazzire tutti i suoi coevi, specialmente i suoi maestri.

Se poi ti chiedono di colorare Aficionados, scappa. Parliamo infatti di un’opera che, e lo dico da disegnatore e amante ossessivo del lavoro di Pazienza, non sembra proprio concepita per il colore: vignette aperte, una resa del deserto che si basa tutta sull’uso abbacinante dei bianchi, in un modo che anticipa di qualche anno il viaggio di 40 giorni del suo amato Moebius nel deserto B.

Quindi, quando Ratigher mi ha fatto la proposta di mettermi a colorare proprio quel libro lì, ho risposto categoricamente di no. Questo inizialmente, almeno. E ci tengo a precisare che ho detto no nonostante la proposta fosse stata fatta da una persona che di me e del mio bene ne sa molto più di quanto ne sappia io.

Poi, come in tutte le cose veramente importanti, alla prima razionale e ortodossa valutazione del problema si sono affiancate tutta una serie di considerazioni fra il saggio e l’irragionevole che sono emerse dall’abisso della mia coscienza, circa 10 ore dopo.

La prima, mediocre, reazione del mio subconscio di disegnatore di 41 anni è stata: quando ti ricapita. Siamo obiettivi, la risposta è lapalissiana: mai più, e per un sacco di motivi. Primo fra tutti: la vita è una, sono vecchio e certe cose succedono ogni 40 anni. Poi c’è una questione giovanile e tecnica. Mio padre è un architetto e quindi ho avuto il lusso di crescere in mezzo ai pennarelli migliori del pianeta. Pantone, Copic, Mecanorma, Tombow, Design Marker. Da grande ho studiato la tecnica dei marker ad alcol per 2 anni interi, all’ISIA di Roma (per sempre grazie, Enzo Manili) e mi sono tolto un sacco di dubbi sul metodo con cui Paz colorava i suoi fumetti.

Per quanto il mio lavoro venga sempre immancabilmente accostato a quello degli autori giapponesi, la verità è che Pazienza è stato sempre la mia unica grande Stella polare. A tal punto che, quando ero ancora un giovinetto, il mio problema numero uno era senza dubbio cercare di disegnare senza scopiazzare a memoria Pazienza. Perché Pazienza non lo conoscevo e basta. Io Pazienza lo sapevo, tutto. Ogni disegno finivo per farlo due volte. Uno copiando Paz spudoratamente, e finiva regolarmente accartocciato nel secchio, l’altro cercando di girargli più alla larga possibile per mantenere una dignità.

Il bisogno di ripercorrere tutte le sue soluzioni era talmente forte che non potevo resistere, era un esercizio a cavallo fra la ginnastica e la meditazione. Motivo per cui sono stato sempre molto critico con tutti i suoi emuli più sfacciati. La verità è che soffrivo tantissimo a tenermi per me tutto quello studio tecnico per una questione di rigore artistico, ma confesso che avrei voluto tantissimo poterlo fare anch’io.

Ora, per la prima volta in vita mia, mi viene chiesto di fare quello per cui mi sono programmato di nascosto i neuroni per i primi 10 anni della mia attività da disegnatore, finalmente alla luce del giorno. Sono stato autorizzato a lasciare libera una parte di me che stava in catene da 20 anni. Riprendere la tecnica su cui mi sono speso di più. Ovviamente l’idea di intervenire in un modo che fosse agli antipodi del lavoro di Pazienza è stata un’idea che ho accarezzato, e anche verificato, per capire quali potessero esserne gli esiti.

aficionados andrea pazienza lrnz

Sta di fatto che tutto questo trascorso inespresso mi ha paradossalmente costretto a cancellare ogni forma di ego e a mettermi al servizio dell’approccio più accademico possibile, come si fa con i classici. Ho colorato questo libro come se fossi un suo allievo, un liceale.

A margine: considerato che nel mondo dei fumetti inizio ad avere una reputazione a parte come graphic designer, era anche l’occasione per progettare la copertina (quella sì, finalmente in bianco e nero) di un albo di Andrea Pazienza. Fare un progetto grafico su Pazienza è sinceramente il massimo che si possa chiedere e dulcis in fundo potevo finalmente studiarmi il processo di stampa di Frigidaire.

Sono sempre stato convinto, infatti, che buona parte della magia della carne nei fumetti di Primo Carnera Editore fosse soprattutto una questione di acquisizione e riproduzione meccanica delle immagini. Pur avendo fatto il pieno di informazioni tecniche durante la mostra per il trentennale di Roma, per fare la cosa più precisa possibile mi sono comprato un originale (stupendo) di Scòzzari, ovvero la cosa più vicina a un Pazienza che potessi permettermi. Mi sono studiato la resa dello stesso disegno sulla rivista, questo per fare un confronto diretto con l’originale cercando di sfatare un po’ di miti sulla tecnica che lui, ma anche Liberatore e Pazienza, usavano. Mi sono comprato due chili e mezzo di pennarelli, tanti Fabriano semiruvidi F2 fuori formato e ci ho stampato sopra la copia digitale migliore che esiste di Aficionados. L’ho colorato in poco meno di 7 giorni.

Nei file di stampa ho cercato di provocare un certo livello di imperfezione nell’allineamento delle pellicole, così come una risposta decisamente non lineare dei singoli canali cromatici, per avere un master che fosse più vicino alla fotografia di un disegno che a una scansione. Si tratta di minuzie, me ne rendo conto, ma arrivati a quel punto era un obbligo affrontare tutto il percorso, cercando di rispettarlo fino in fondo.

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Ora che il libro l’ho colorato, che l’ho consegnato a Coconino, sono arrivato alla conclusione che qualunque sarà la risposta del mondo a questa spavaldissima edizione, quello che davvero conta è che la mia consapevolezza artistica e tecnica ha fatto un enorme salto in avanti: ho avuto il privilegio incalcolabile di potermi permettere un viaggio segreto nel deserto con il mio maestro di giovinezza e torno con un bagaglio stracolmo di insegnamenti, spesso entusiasmanti, a volte dolorosi. Se ti chiedono di colorarlo, fallo senza tornare indietro, neanche per prendere la rincorsa. Così si colora Aficionados.

Ringrazio Coconino, in particolare Ratigher e Oscar, per avermi dato l’opportunità di affrontare un’esperienza tanto intensa, ai limiti del medianico. Questo libro per me è un atto d’amore, vero. Sono certo che lo sia, perché non c’è autentico atto d’amore che non costi carissimo.

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