Lorenzo Ghetti è uno dei giovani fumettisti più interessanti degli ultimi anni. Con il suo webcomic TO BE Continued – una saga supereroistica sui generis – è riuscito a dimostrare come sfruttare la piattaforma digitale non significhi semplicemente caricare delle immagini o mettere a disposizione in download dei pdf – o epub, cbr, cbz – ma sfruttare una serie infinita di nuove soluzioni legate alla tecnologia stessa.
Non a caso la serie ha vinto il titolo di miglior webcomic dell’anno sia al Napoli Comicon che al Treviso Comic Book Festival e ha fatto parlare di sé. L’universo narrativo di TO BE si è poi espanso con uno spin-off cartaceo – autoprodotto e realizzato in collaborazione con Claudia Nuke Razzoli – che ha confermato quanto di buono si era già intravisto in precedenza.
Tanta inventiva, una sensibilità spiccatamente propensa a misurarsi con il contemporaneo, grande attenzione per i personaggi e l’intenzione di abbracciare il supporto scelto in ogni maniera. Sono queste le caratteristiche principali dell’autore. Dove non sei tu – il primo graphic novel cartaceo di Ghetti – ha trovato così la sua perfetta collocazione nelle file della collana Warp, votata alla sperimentazione all’interno della rinnovata Coconino di Ratigher. E che si tratti della migliore soluzione possibile ce lo fa capire fin da subito, presentandosi in un poco consueto formato quadrato e con una copertina letteralmente costruita per sottrazione.
Il libro parla di un’amicizia – o forse di un amore? – nata a distanza, attraverso avatar fisici che ci sostituiscono nel mondo reale. Nell’universo immaginato da Ghetti si può raggiungere ogni punto del nostro pianeta si desideri semplicemente infilandosi in una tuta e prendendo il controllo di una sua controparte dislocata ovunque si voglia andare. In questo modo si può «camminare per Kyoto quando ti va, esplorare il fondale di una barriera corallina o vedere il deserto» semplicemente stando a casa propria e muovendosi su una sorta di tapis roulant circolare.
Nel racconto viene inserito anche il tema dei giochi di ruolo alla Dungeons & Dragons, più per rafforzare il ribaltamento di prospettiva compiuto dall’autore che per sfruttare il momentaneo innamoramento del pubblico per dadi e schede del personaggio. Se di solito infatti si parla di persone in carne e ossa inseriti in microcosmi finzionali, spesso costituiti da pura immaginazione o sistemi informatici, in questo caso è il soggetto protagonista a divenire pura finzione calata nel mondo reale.
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Con questo tipo di tecnologia possiamo frequentare una scuola dall’altra parte del mondo facendoci impersonare da una sorta di grosso burattino di cui tiriamo i fili stando nel nostro studio di casa. E se il nostro avatar risponde ciecamente a nostro ogni comando, parla attraverso la nostra voce e ci sostituisce in tutto – anche perché dentro ci siamo ancora noi – non possiamo forse considerarci fisicamente in quel luogo che stiamo vivendo attraverso le camere di uno scafandro ipertecnologico?
«Posso sempre andarci di persona» sostiene il protagonista, cercando di spiegare la sua avversione a questo nuovo modo di viaggiare rispetto a quanto si sia sempre fatto. Probabilmente ha ragione, eppure sappiamo tutti che non lo farà mai. D’altra parte ora possiamo essere ovunque, è vero, anche se questo non significa che per forza di cose essere felici. Dopotutto «Io non sono qui» ammette alla fine Mobi, presente per la gran parte del libro come avatar, a un affranto Lido.
Ghetti dà un’interpretazione del tutto personale del presente e al contempo evita in qualsiasi modo di dare risposte, semplici o complesse quali siano. Mette sul piatto i pro e contro di uno sviluppo tecnologico neppure troppo lontano da dove siamo ora, ma ammette anche di non avere i mezzi per riuscire a capire già da ora come cambierà il nostro modo di vivere. Si tratta naturalmente di uno specchio amplificato di quanto stiamo vivendo in questo preciso istante, di discorsi sentiti e risentiti, di entusiasmi spesso ingiustificati – magnifico il padre del protagonista, classico quaranta/cinquantenne iper-entusiasta e acritico sostenitore di ogni nuova tecnologia – e di inutili resistenze.
Non a caso, nonostante la faccenda delle tute sia comunque centrale, gran parte dello spazio finisce per prenderselo la tenera storia che si sviluppa tra i due protagonisti. Con tanto di tensioni con gli amici di una vita, incomprensioni infantili e chiarimenti melodrammatici che tanto sanno di adolescenza. La tecnologia parte come ingrediente principale, finisce per essere solo un pretesto e riconquista un minimo di importanza solo nell’epilogo, inevitabilmente agrodolce come si conviene in questi casi.
Una volta chiarito l’argomento vale davvero la pena spendere qualche parola su come questo sia stato svolto. Ghetti è riesciuto a coniugare nelle sue tavole influenze che vanno da Chris Ware – facendo le debite proporzioni – alla produzione Nobrow Press fino al Seconds di Brian Lee O’Malley, senza mai dimenticare di giustificare ogni scelta con lo scorrere della narrazione.
La lettura dell’ordine delle vignette sulla pagina si fa più o meno fluida e comprensibile in base al flusso dei pensieri del protagonista, mentre il formato quadrato del libro trova la sua ragion d’essere nel continuo richiamo a icone da smart-device e box infografici. Come era già successo in TO BE Continued, anche in Dove non sei tu trovano spazio intere schermate ricostruite di social network, messaggistica istantanea, accessi a qualche servizio online e così via. La sorpresa è come questi lampi di reale si inseriscono in maniera armonica e del tutto organica in un linguaggio dove non dovrebbero avere posto.
Non danno l’idea di banali riquadri inseriti a forza per legare la vicenda all’aspetto tecnologico o per dare l’idea di un disperato richiamo al contemporaneo, quanto ne dimostrano la necessità di una completa fusione con la narrazione tradizionale se si vuole parlare di nuove generazioni. E questo assioma ormai deve essere preso per assodato per ogni linguaggio si prenda in considerazione.
Basti a esempio la funzione centrale alla storia di smartphone e social network nella serie American Vandal e di quanto questa scelta riesca a raccontare in maniera puntuale la visione filtrata – o aumentata? – delle nuove generazioni sul reale. Non mancano scelte non proprio originalissime – le immancabili pagine totalmente bianche e il cambio di stile di disegno quando si gioca a D&D – ma il risultato è notevole.
Lo stile di Ghetti prevede un vastissimo uso di campiture piatte – quasi non esiste bianco se non quello compreso tra una vignetta e l’altra – e pochissimi tratti veri e propri, andando a comporre tavole pienissime nonostante gli elementi e i particolari siano sempre ridotti al minimo. Una scelta che risulta subito caratterizzante e inconfondibile fin dalla copertina, con quei due grossi ammassi di verde degli alberi a occupare la parte centrale.
Il problema principale di questo strano romanzo di formazione è nel ritmo della seconda parte, a tratti troppo adagiato sulle soluzioni grafiche che lo scandiscono. Una trovata che in avvio del volume avrebbe subito fatto spazio ad altro finisce per occupare intere pagine, dando a volte l’impressione di girare su se stessa. Tutta la sezione in prospettiva dall’interno della tuta – o le varie chiacchierate sui social, per fare un altro esempio – sono perfette a livello di progettazione sulla pagina e sono belle a vedersi, ma il loro reiterarsi per troppo tempo rallenta il ritmo di una vicenda che fino a quel momento andava velocissima come il tempo in cui è calata.
Si tratta di un minuscolo errore di percorso che però non inficia troppo sul risultato finale. A conti fatti Dove non sei tu non è un lavoro perfetto, ma rimane la piena realizzazione di uno stile che l’autore si porta dietro dai tempi delle sue prime pubblicazioni. Per la prima volta lo vediamo applicato a una narrazione di più ampio respiro, scoprendo da subito una chiarezza di intenti e una prospettiva di visione inconfondibile.
Dove non sei tu
di Lorenzo Ghetti
Coconino Press, novembre 2018
Brossurato, 176 pp., colori
18,50 €