C’è una vignetta che spiega abbastanza bene Tom Gauld. In una striscia del 2014 (presente anche nella raccolta In cucina con Kafka) il fumettista scozzese propone idee per un reboot de Lo squalo, una più bizzarra dell’altra (squalo più grande, ruoli invertiti). L’ultima, quella esistenzialista, vede il marinaio sulla barca contemplare l’acqua senza segni della presenza del pesce.
Su questa piccola vignetta, altri autori ci hanno costruito interi format (vedi Garfield minus Garfield). Per Gauld, invece, è solo un passaggio di una produzione sempre cangiante, dedita al rimescolamento di cultura alta e frugalità.
Attivo dai primi anni Duemila, Gauld si è fatto conoscere per le sue vignette apparse sul Guardian, New Scientist Magazine, New Yorker e New York Times. Fino a oggi, in Italia era arrivata soltanto la raccolta Siete solo invidiosi del mio zaino a razzo, ma ora Mondadori pubblica la sua più recente antologia di strisce, In cucina con Kafka.
In esse, Gauld commenta le tendenze del presente, con particolare attenzione all’ambito della letteratura: viviseziona luoghi comuni e caratteristiche del mondo letterario, dalle più pragmatiche, come la spartizione delle royalty di un autore, ai contenuti tipici di un memoir, passando per le nuove consuetudini (i bollini e le fascette con qualche strillone enfatico, proprio come quella che avvinghia il volume Mondadori, in un bel cortocircuito umoristico), mischiando classici del passato a mode del presente, robot, letteratura vittoriana, astronauti e una buona dose di surrealismo.
Nei fumetti di Gauld vengono alla luce i cinque finali alternativi di Emma, scopriamo i pop-up che avvisano i contemporanei di Shakespeare dei contenuti adulti delle sue opere, ma anche le abitudini e i peccati veniali di noi lettori (come il numero di libri che diciamo di aver letto per darci un tono).
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L’umorismo letterario per cui è noto Gauld, di facile digestione e condivisibilità, non deve trarre in inganno. I suoi fumetti non si fermano alla superficie della battuta, lo hanno dimostrato le incursioni nella forma lunga come Goliath e Mooncop, opere che non l’hanno privato della voce distintiva.
Goliath e Mooncop erano fumetti d’ambiente, dove molto tempo ed energie erano dedicate alla messa su carta di un’atmosfera contemplativa. Goliath raccontava come la Storia fosse una ricostruzione parziale che non tiene conto delle narrazioni dei vinti, Mooncop usava la fantascienza per parlarci di isolamento e alienazione.
Gauld aveva a cuore i personaggi, nonostante la disperazione che emergeva dalle trame. E anche se il messaggio era pessimista, il modo in cui lo raccontava aveva calore e compassione. Basta aggiungere un segno rilassato, un disegno condensato in forme geometriche basilari ma ciononostante piacevoli alla vista e dotate di un loro carattere, grazie anche alla scelta dei colori (seppiati, tenui) e del tratteggio, per ottenere la cifra stilistica di ogni sua produzione.
La miscela di alto e basso che ha fatto la fortuna de I Simpson e che, come la serie di Matt Groening, nasconde nell’economia elegante della battuta una serie di stratificazioni. Perché Gauld mischia spesso ambientazioni fantastiche o premesse esotiche con la modernità ordinaria, riuscendo in un sol gesto a commentare intelligentemente entrambe. L’incontro tra Seamus Heaney e Peppa Pig per avvicinare i bambini alla poesia o Samuel Beckett che propone una sit-com sono solo alcuni dei momenti magici dove Gauld fa scontrare mondi opposti.
In cucina con Kafka è un esempio particolarmente rappresentativo della produzione gauldiana. Basta la copertina per capire la poetica di Gauld. Il titolo, tratto da una delle strisce contenute nella raccolta, spiega tutto: il calore della cucina casalinga, la mondanità della torta morbida al limone, giustapposti all’angoscia esistenziale e all’afflato letterario di un Franz Kafka con i guanti da forno. Quel Kafka a cui bastano due puntini al posto degli occhi e uno sfondo olivastro per risultare comicamente interdetto di fronte al proprio fallimento culinario.
Attraverso testi concisi e disegni essenziali, distilla oltre alla cultura libraria, politica, vezzi e storture della società contemporanea (la corruzione, le teorie del complotto, il nazionalismo e gli sciocchi miti che ci nascono attorno) e soprattutto le devianze che comandano il modo in cui usufruiamo dell’informazione oggigiorno (la tecnologia, il clickbait). A volergli trovare a tutti i costi un difetto, si può dire che, chiudendosi su una gamma limitata di argomenti, diverse gag hanno in comune la stessa struttura ed è facile intuirne l’esito.
Su testi così brevi la scelta delle parole è una questione di equilibrismo spericolato: la traduttrice Claudia Durastanti è stata messa di fronte a una scelta lessicale ponderata già dal titolo. Quel Baking with Kafka originale richiama infatti un tipo di cottura casalinga (“infornare con Kafka”? “Dolci da forno con Kafka”?), e optare per In cucina con Kafka è stato un compromesso non scontato rispetto a un più immediato – ma distante dal senso specifico – “cucinare con Kafka” o ad altre scelte più libere.
Si potrebbe liquidarlo come elitarismo hipster, in realtà quello di Gauld è intrattenimento sì intelligente ma anche immediato e a volte un po’ scemo, a cui piace flirtare con la stupidità di una trovata o la bislaccheria di un accostamento.
Di nuovo come per I Simpson, si possono scrivere tante elucubrazioni ma se poi non si ride delle battute qualcosa è andato storto. Invece, In cucina con Kafka scorre senza intoppi e lascia il lettore affamato per altri mash-up tra le icone delle antologie scolastiche e l’escapismo pop.
In cucina con Kafka
di Tom Gauld
tradotto da Claudia Durastanti
Mondadori Oscar Ink, settembre 2018
Cartonato, 150 pp., colori
18,00 €