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“Yellow Negroes” di Yvan Alagbé. Drammi di contemporanea integrazione

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Nel contesto sociale attuale, in cui ogni declinazione della paura del diverso è all’ordine del giorno di politici e mezzi di informazione, ci sono fumetti che “resistono”, ritagliandosi uno spazio per raccontare la complessità di una realtà ricca di sfumature, difficile da afferrare.

Yvan Alagbé yellow negroes fumetto graphic novel integrazione

Con Yellow Negroes and Other Imaginary Creatures – pubblicato da poco in inglese da New York Times Review of Comics e originariamente uscito nel 2012 per la belga Fremok – Yvan Alagbé sembra lavorare con un approccio simile a quello di Davide Reviati nel suo nel suo recente Sputa tre volte, in cui raccontava di integrazione tra italiani e rom.

Nonostante il lavoro di Alagbé è diverso sia graficamente che nella struttura del racconto da quello dell’autore italiano, in entrambi i casi appare necessaria la spinta a raccontare la realtà con la finzione, in un intreccio di vite e vicende dove distinguere il bianco dal nero, il bene dal male non è poi così semplice.

Il bianco e il nero, i contrasti e i loro materici punti di incontro sono da sempre materia di indagine per l’autore francese (di madre francese e padre del Benin). Se nel suo successivo Ecole de la misère Yvan Alagbé illustra con sentimento e passione una unione, anche amorosa, con un segno fluido e denso, in Yellow Negroes and Other Imaginary Creatures tocca con decisione la tavola senza cercare quasi mai sfumature. Eppure nella sua storia, che si compone di frammenti, tra cronache di un vissuto immaginario ma realistico e sentimentale, il distinguo tra giusto e sbagliato e le posizioni da sposare non appaiono poi così evidenti.

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Questo perché l’autore entra nel dettaglio del vissuto, non in generaliste posizioni del sentito dire. Yvan Alagbé fotografa con sguardo spietato uno spicchio di società contemporanea, mettendo in alternanza immagini di una Francia dove l’integrazione tra immigrati e strati vari della società si consuma con una difficoltà difficile da afferrare e da comprendere. L’escalation del suo storytelling è disorientante. Si inizia con la vicenda di Alain, immigrato del Benin, e della sua fidanzata Claire, mentre hanno un bizzarro e malsano rapporto con Mario, un anziano franco-algerino.

Mentre le vicende quotidiane di questo ristretto gruppo di personaggi si sommano con un incedere discontinuo, dettato dall’insicurezza della coppia e della instabilità dell’anziano, il racconto procede attraverso tavole quasi rigide e standard (sei vignette per pagina, senza particolari digressioni) e un disegno spesso anche realistico, seppur essenziale.

Lasciato in sospeso lo spaccato di vite in bilico, Yvan Alagbé entra in un registro più soggettivo, spostandosi su un flusso di pensieri e ricordi dei suoi personaggi, accompagnati da illustrazioni, due per pagina. Il disegno si fa estremamente gestuale, lasciando lancinanti spazi vuoti alle spalle delle figure che tratteggia, fragili ma dense. Qui si riconosce quanto l’approccio dell’autore che bilancia audacemente tecnica ed emotività sia stato di grande influenza nel fumetto d’autore europeo contemporaneo, basti guardare l’italiano Andrea Bruno, che come lui racconta per frammenti di coscienza e disegna con un tratto affine.

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La rarefazione – del segno e della narrazione – si accentua nel capitolo successivo. Scompaiono le vignette e si fa spazio una apparente improvvisazione del segno; il flusso narrativo spontaneo e lo scorrere dei pensieri contaminano il disegno, che si fa astratto.

C’è un costante senso di disorientamento, un abbandono all’incompiutezza e all’insoddisfazione. Le vicende, i pensieri e gli scenari ritratti non sono mai definitivi. Il sentimento di inadeguatezza e di instabilità grava su ogni azione e su ogni individuo. Dopo i primi capitoli, così brutalmente emotivi, si percepisce chiaramente l’intento di fare un ritratto dell’instabilità dei nostri tempi quando l’autore passa, con uno shift quasi cinico, a ritrarre un angolo di strada dove si trova un’agenzia interinale, uno dei segni più evidenti della precarietà diffusa oggi nell’esistenza di gran parte degli individui.

Yellow Negroes è un libro attuale, oggi più afferrabile e condivisibile rispetto al momento in cui è stato concepito alcuni anni fa, per come racconta un’integrazione sempre più ardua da raggiungere all’interno paesi europei. Seppur dal punto di vista di una nazione diversa dalla nostra – la Francia che porta con sé un passato coloniale – il libro parla di un’attualità inquinata dal rifiuto di presunte diversità. Yvan Alagbé, con la sua capacità di astrazione, è in grado di costruire un racconto universale che spinge fortemente su sensibilità calde e ferite aperte.

Yellow Negroes and Other Imaginary Creatures
di Yvan Alagbé
traduzione di Donald Nicholson-Smith
New York Review of Books
109 pagine, b/n
22,95$

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