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“Estate” di Alessandro Tota: memorabilia e cavalli

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Dopo Charles, il libercolo pubblicato nel 2016 per Coconino Press e dedicato alla fantasmatica apparizione di Baudelaire direttamente nel cuore pulsante di Bari, Alessandro Tota ritorna a confrontarsi con le sue memorie pugliesi in un libro dal respiro più ampio e corale, pubblicato da Oblomov Edizioni, con un titolo programmatico: Estate.

Leggi le prime 10 pagine di Estate

estate fumetto tota oblomov

Nella sua livrea in brossura semplice e lineare, il formato del libro ricorda i volumi della Coconino per dimensioni, caratteristiche fisiche e grafica (forse la carta, una Bio Next da 120 grammi, in questo caso è leggermente più leggera). Potrete facilmente impilarlo nella vostra libreria accanto ai precedenti libri di Tota, tenendo così a bada il vostro lato ossessivo compulsivo. Sfogliandolo, però, la prima cosa che colpirà la vostra retina sarà l’abbacinante bicromia di stampa, che restituisce senza dubbio un acquerello attento e plastico, donandogli comunque un surreale je-ne-sais-quoi.

Certo, chi conosce l’umida caligine delle estati in Puglia e i suoi tramonti sanguigni e aspri, non potrà non notare una certa somiglianza, una volontà estrema di restituire sulla pagina l’arsura del contado che corre per chilometri, perdendosi a vista d’occhio tra i muretti a secco e gli ulivi secolari.

Claudio, Nicola, Carlotta, la classica copia di amici punkabbestia, lo Zozzoso, Mimmuccio eccetera da una parte, dall’altra Mirtilla, Ferdinando, Manuel, Dorian, Donatella e Samantha. In mezzo Dario, l’uomo cavallo, ritratto anche in copertina. Sono questi gli attori di una commedia aristofanesca in cui un gruppo di giovani disinibiti e apertamente di sinistra si confrontano con una gioventù, invece, bigotta e altrettanto apertamente borghese.

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Da una parte i rave estivi in masserie perdute, dall’altra i lidi e le case al mare ereditate dai genitori. Due mondi agli antipodi ritratti nel loro incontro/scontro, prima che la vita adulta abbia definitivamente deciso da che parte bisogna stare. In mezzo, come dicevamo, Dario: l’uomo cavallo, ambiguo, parvenu dell’alta borghesia barese, personaggio dagli oscuri natali, accettato più per la sua pazzia che per il pedigree ostentato e le sue indubbie capacità di allevatore di equini.

Il fulcro narrativo è però rappresentato da Claudio, un ragazzo a cui vanno a genio «i pazzi, i tossici, gli invertiti, i poeti», ma che non si fa troppe remore nel frequentare «bovari e affini» per amore delle donne. Il più classico dei flirt estivi diventa per Claudio un viaggio nel ventre molle della borghesia barese, la parte più facile dove far breccia. Quello che scopre è un mondo ben più pericoloso di quello popolato da strane creature notturne, eternamente sballate e alterate, che fanno scherzi “bonari” con liquori di terz’ordine allungati con la trielina, ma che fondamentalmente non abbandonano mai il malcapitato di turno (in questo caso il povero Nicola).

La vicenda è tutta costruita sullo scontro tra queste due realtà, con esisti che vanno dal drammatico all’assurdo, punte di espressionismo teatrale (le smorfie di Dario che ricordano gli attenti studi di Will Eisner sulla mimica o i personaggi mistici che sembrano venuti fuori dalle tavole di Andrea Pazienza).

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Tuttavia, al di là della qualità più che ottima e della capacità di intrattenere il pubblico, Tota mostra più di una volta il fianco: tutto ciò deriva in larga parte da una visione un po’ troppo bidimensionale dello scontro di classe. I personaggi sono stereotipati e assolvono a funzioni narrative ben precise, raramente si scollano dai cliché, risultando a volte fin troppo prevedibili nei loro movimenti. La stessa Carlotta, che abbiamo già conosciuto nel piacevolissimo Charles, è una presenza volatile che si muove lateralmente per poter condurre in maniera leziosa a un finale dal sapore agrodolce.

Se Fratelli aveva un carattere più duro e Charles da semplice divertissement riusciva attraverso l’anacronistica figura di Baudelaire a parlare del desdichado, dell’infelice, dell’emarginato, in Estate Tota sembra usare toni più leggeri, nonostante la presenza di una chiara, ma superficiale, lettura politica.

Paradossalmente, è Dario – l’uomo cavallo – a diventare una cartina tornasole della baresità: nel volersi atteggiare recitando ed eseguendo un canovaccio di buone maniere e di riti consumati e vuoti, nel cadere troppo facilmente in vecchie abitudini, cancerogene e immorali per la meglio gioventù del capoluogo (e che lo stesso Claudio, disinibito bohemien, guarda con occhi dubbiosi), nell’imbestialirsi e perdersi. Alla fine, le vittime sacrificali di questa strana ma quasi familiare estate raccontata da Tota, sono i più indifesi tra i tipi umani analizzati in queste accecanti e afose pagine.

Estate
di Alessandro Tota
Oblomov Edizioni, giugno 2018
174 pp in bicromia
€ 18,00

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