L’editoria di fumetto, in Italia, è in fermento. Lo è in particolare quella parte che vive sugli scaffali delle librerie (e delle e-librerie), dove sia l’offerta di nuovi titoli che i lettori – come dicono i dati dell’Associazione Italiana Editori (da ormai qualche anno: +80% di copie vendute dal 2012 al 2017) – continuano ad aumentare. Si tratta di una tendenza positiva diversa da quella che raccontano le edicole, tradizionale presidio – in affanno – della grande editoria a fumetti italiana: il fumetto in libreria (o graphic novel) cresce, suscita l’attenzione della stampa letteraria (e non solo), e i suoi editori aumentano.
Dopo un anno segnato dall’ingresso nel settore da parte di Mondadori, Feltrinelli, La Nave di Teseo, Newton Compton, il Castoro e altri grandi marchi dell’editoria libraria, Fumettologica ha pensato di fare il punto insieme ai protagonisti del “fumetto da libreria”, con una serie di interviste (che ogni mese andranno ad alimentare lo Speciale #FumettoIndustry) ai direttori editoriali e agli editor di molte fra le realtà più attive in questo mercato. A partire dai “nuovi arrivati”, naturalmente, ma interrogando anche gli attori ormai consolidati, per discutere delle loro strategie, delle scelte di titoli e autori, delle prospettive commerciali e dei piani per il futuro.
Iniziamo dunque da Mondadori Oscar Ink, primo editore “generalista” in ordine di tempo ad avere debuttato nella primavera 2017. A rispondere alle nostre domande: Luigi Belmonte (direttore editoriale Oscar) e Marco Rana (editor Oscar Ink).
La visione editoriale e la cooperazione con il gruppo Mondadori
Il 2017 è stato un anno senza precedenti, in Italia, per l’offerta di fumetto destinata alle librerie. È stato l’anno del debutto di nuovi marchi rivolti al “mercato del graphic novel”, sia piccoli che integrati nei maggiori gruppi editoriali italiani. Cosa è accaduto, secondo voi? Scoperta di una nuova frontiera culturale, recupero del ritardo italiano rispetto ai trend editoriali o semplice calcolo economico, visti i tassi di crescita del settore fumetto nelle librerie?
Luigi Belmonte: Credo si tratti di una convergenza parallela tra macrotendenze apparentemente slegate. Da una parte la crisi del canale edicola, canale che in Italia ha massificato e popolarizzato il fumetto fino a imporre il proprio modello industriale e creativo come modello dominante. Altra tendenza è stata la maturazione di un nuovo pubblico di lettori, cresciuto divorando migliaia di pagine di Harry Potter, Hunger Games e altre saghe per nulla raccomandate dal nostro sistema scolastico. Questo pubblico ha nella libreria il proprio punto di riferimento. Sono lettori contaminati da media narrativi diversissimi: sono disponibili a sospendere la loro incredulità con un libro, una serie televisiva, un film, un videogame e, per l’appunto, un fumetto.
Disponibili purché il fumetto rispetti certe attese in termini artistici, espressivi e, soprattutto, narrativi: narrazioni articolate e plot magistralmente sviluppati, libertà espressiva in grado di maneggiare i canoni letterari del Novecento, ricerca e sperimentazione artistica. Dunque si tratta di bisogni diversi da quelli che hanno contraddistinto generazioni di lettori del fumetto edicola. E ancora una volta, a dare evidenza di questo nuovo potenziale bacino di lettori non sono state teorie socio-culturali o indagini di mercato ma i libri, su tutti i numeri di Zerocalcare e di Gipi.
Quindi, in forza dei numeri di mercato, possiamo affermare che al declinante modello editoriale del fumetto in edicola si è aggiunto quello più dinamico e competitivo del fumetto in libreria, la cui cifra è data dall’originalità degli schemi espressivi e narrativi ma anche da nuove forme di publishing e comunicazione. Di conseguenza, gli editori tradizionali e i nuovi piccoli editori stanno assecondando e sperimentando, alla ricerca delle forme che meglio possano rispondere ai nuovi bisogni. Si tratta di un momento straordinario per chi crea, per chi pubblica e per chi legge. Da godere prima che si stabilizzi in forme e modalità più statiche (e più redditizie).
Marco Rana: Per noi, nell’ambito del marchio Oscar Mondadori, la collana è un’estensione del catalogo della casa editrice. Non si tratta semplicemente di un progetto rivolto al “mercato del graphic novel”, ma di un’articolazione dei linguaggi e delle forme editoriali di un catalogo ampio e integrato: ci sono moltissimi punti di travaso e contaminazione, per esempio con le collane Oscar Fantastica e Oscar Draghi, ma alla fin fine anche con le collane di narrativa letteraria e con i classici.
Come descrivereste il primo anno di attività per Oscar Ink?
Luigi Belmonte: Abbiamo sondato il nostro potenziale. Abbiamo pubblicato opere diversissime a partire da fine aprile 2017, con grande cura e al meglio delle nostre capacità perché all’interno di un sistema complesso come gli Oscar Mondadori (un catalogo di 4.300 titoli). E dopo 28 titoli in appena otto mesi, abbiamo forse capito quali territori il nostro neonato imprint può arrischiare e quali no. Insomma, un anno frenetico e divertente per il ritorno del fumetto nell’ambito degli Oscar.
Marco Rana: Molto emozionante. A Francoforte 2016 avevamo soltanto il marchio e una presentazione del progetto editoriale, pinzata, che distribuivo ad agenti ed editori stranieri come un venditore porta a porta. E il 23 aprile 2017 uscivano i primi titoli. I fumetti, poi, sono in assoluto i libri più complessi che una casa editrice possa maneggiare. Oltre a presentare una serie di difficoltà specifiche, pongono contemporaneamente tutti i problemi tipici dei libri di narrativa (o dei libri di saggistica) e tutti i problemi tipici dei libri illustrati. Traduzioni e revisioni devono per esempio tener conto di vincoli evidentemente molto più cogenti in termini di spazio; materiali e formati sono cruciali; la pre-stampa è delicatissima e la stampa anche di più.
Insomma, è stato un anno davvero intenso, non solo per noi ma per tutte le strutture coinvolte: redazione, grafici, marketing, commerciale, ufficio tecnico, comunicazione ed eventi. Abbiamo imparato davvero un sacco di cose. E la cosa divertente e preziosa è che questo apprendimento si irradia sulle altre linee editoriali di cui ci occupiamo. Questo è forse l’aspetto più interessante dell’innesto di Ink all’interno degli Oscar Mondadori.
Come si colloca la proposta di Oscar Ink rispetto a Mondadori? In cosa si distingue dal marchio Mondadori Comics, e cosa condivide con l’offerta complessiva a marchio Oscar Mondadori?
Luigi Belmonte: La distinzione principale rispetto a Mondadori Comics, che è un marchio creato per il canale edicola, riguarda proprio la proposta editoriale. Mondadori Comics, pur essendo distribuita in fumetteria e libreria, ha nell’edicola il suo canale di vocazione e, quindi, propone un fumetto più “classico” in linea con la tradizione italiana basata appunto sul modello del fumetto edicola. Oscar Ink è un imprint che guarda alle librerie e la proposta editoriale si focalizza su opere uniche, fortemente autoriali, ed è proiettata verso un mercato tutto da inventare.
Marco Rana: Quanto alla relazione editoriale con la casa Mondadori, vale quanto accennavo poco fa. Essere un editore generalista può costituire un limite, in un segmento che richiede logiche e modalità tipiche dell’editoria specializzata. Noi cerchiamo di compensare questi limiti integrando il più possibile il progetto Ink nel più ampio processo editoriale del catalogo Mondadori, il che significa prima di tutto provare a pubblicare autori e titoli che restino vivi nel tempo e lavorare perché questo accada.
Prevedete di collaborare con autori nel catalogo Mondadori?
Luigi Belmonte: Sicuramente sì: è una delle tappe previste per Oscar Ink nel medio termine. Ci interessa farlo su progetti di alto profilo che si integrino in modo naturale con la politica d’autore della casa editrice.
Marco Rana: In un certo senso, l’edizione Oscar Ink di Poema a fumetti di Dino Buzzati (che ha restituito questo capolavoro visionario a un formato e a una confezione analoghi a quelli della prima edizione, uscita quasi 50 anni fa) è stata la prima “collaborazione” con un grande autore del nostro catalogo.
Alla luce dell’acquisizione di Rizzoli da parte di Mondadori, prevedete qualche forma di collaborazione o coordinamento, in futuro, con Rizzoli Lizard?
Marco Rana: Storicamente, le case editrici del gruppo Mondadori hanno sempre seguito una forma “federativa” di funzionamento che, in altre parole, si traduce in una completa indipendenza editoriale. Vale per Oscar Ink e Rizzoli Lizard come per Einaudi o Piemme o Sperling & Kupfer.
Le strategie editoriali, i titoli, gli autori
Nel 2017 vi siete attestati su 28 titoli. Qual è il vostro piano per il 2018? E quali saranno i titoli più ‘caldi’ per la seconda metà dell’anno?
Marco Rana: Contiamo di mantenerci sostanzialmente su un numero di titoli analogo, ma è sempre aleatorio vaticinare quali saranno i titoli “caldi”. Un libro sicuramente importante sarà Pippo, un’”antologia psicotropa” di Andrea Pazienza che uscirà il 12 giugno, pochi giorni prima del trentennale della morte, e che avrà in allegato un cd audio con materiale inedito di grandissimo interesse. Sarà un libro davvero speciale. A settembre avremo In cucina con Kafka, di Tom Gauld, tradotto da Claudia Durastanti. A ottobre l’esordio in Italia di Tillie Walden con Trottole, tradotto da Marta Maria Casetti. E a novembre il primo volume della nuova serie di Brian Azzarello e Eduardo Risso, Moonshine.
Oscar Ink ha proposto finora una discreta varietà di formati. Questa varietà, che include formati storicamente difficili per il mercato italiano come quelli di tradizione franco-belga o quelli “quadrati” (pensiamo a Loop), quali nuove opportunità offre? Si affermerà facilmente questa bibliodiversità?
Marco Rana: No. Penso che sarà parecchio difficile, soprattutto per noi che guardiamo principalmente alla libreria. Abbiamo cercato di standardizzare i formati in origine, e la standardizzazione è importante non solo da un punto di vista industriale ma anche per creare continuità e dare punti di riferimento sia ai librai che ai lettori. Tuttavia abbiamo deciso fin dalla fase progettuale che avremmo trattato ogni libro, sempre, con grandissima cura, e in alcuni casi, come per Loop, è stato necessario uscire dagli standard. Loop peraltro non è un fumetto, ma rappresenta una delle anime di Oscar Ink: universi narrativi raccontati attraverso una congiura di immagini e testo, non necessariamente secondo le convenzioni formali del fumetto.
L’identità storica del marchio Oscar, fondata su tascabili a basso prezzo, sembra lontana dall’approccio di Oscar Ink. Sempre più fumetti, inclusi i vostri, vengono proposti in edizioni consistenti, spesso preziose, a prezzi più elevati di quelli ‘medi’ della narrativa. Si tratta di una tendenza in corso da qualche anno, nell’editoria di fumetto, frutto di dinamiche sia artistiche che commerciali: si sta affermando una nuova nicchia per il graphic novel in formati “lussuosi”?
Marco Rana: Non riesco a essere categorico per quanto riguarda il graphic novel. È tuttavia senz’altro vero che, all’interno del sistema editoriale Oscar, sono numerosi gli ambiti in cui stiamo pubblicando edizioni che tutto sono fuorché “tascabili” e a basso prezzo. È il caso per esempio degli Oscar Draghi, degli Oscar Baobab, del trade paperback di Oscar Fantastica; inoltre per gli Oscar Classici stiamo sviluppando un bellissimo progetto di libri illustrati in collaborazione con la galleria Nuages di Cristina Taverna.
Il graphic novel ha certamente trasformato e rafforzato il rapporto con le librerie, ma le fumetterie restano un canale privilegiato. Quali prospettive vedi per questi due diversi canali, e intendete sviluppare iniziative specifiche?
Marco Rana: Per motivi evidenti il nostro radicamento è maggiore nelle librerie. Ma le fumetterie rappresentano un potenziale per noi ancora quasi inesplorato e anche un importante sensore per entrare in contatto con la “base”, con la fascia di pubblico più competente ed esigente. Speriamo di riuscire a imparare presto e a migliorare le nostre attività su questo canale che, al di là delle incidenze percentuali e dei tassi di sviluppo, è e resterà un punto di riferimento imprescindibile per il lavoro editoriale sui fumetti. Per questa ragione confidiamo molto nel supporto distributivo che ci stanno dando due realtà importanti come MDF e Manicomix.
Festival e fiere, in crescita da 15 anni, sono diventate ormai un mercato parallelo importante: per i medio-piccoli funzionano come amplificatori e ottimi canali commerciali, per i grandi sono ottime occasioni per fare marketing. In questo primo anno tuttavia Oscar Ink non si è presentato con stand autonomi a Lucca o altre manifestazioni. Quale sarà l’approccio di Oscar Ink ai festival?
Marco Rana: Vale più o meno lo stesso discorso delle fumetterie. Abbiamo molto da imparare e procederemo per gradi.
Cosa comporta creare un nuovo marchio e fare scouting in un momento di crescente concorrenza come questo? Qual è la vostra politica di acquisizioni rispetto alle maggiori aree produttive del fumetto (USA, Francia, Italia) e, infine, percepite una competizione sui titoli?
Marco Rana: Il mercato delle acquisizioni dei fumetti è sostanzialmente distinto (tranne rare sovrapposizioni) da quello dell’editoria trade che siamo soliti frequentare. Le relazioni, le pratiche e gli interlocutori sono spesso diversi. Di fatto siamo stati e siamo tuttora un underdog: abbiamo dovuto illustrare il progetto ad agenti, editor e autori, spiegare che, per così dire, avevamo “intenzioni serie”, che avremmo pubblicato questi libri al meglio anche se non siamo un editore specializzato. Ma questa è stata una delle cose più divertenti e istruttive della fase di start-up.
La nostra politica di acquisizione è abbastanza banale e consiste nel cercare di pubblicare autori e libri di alta qualità che restino nel tempo. Non sempre ci riusciremo, ma ci proviamo in modo accanito. In questo senso seguiamo una linea editoriale piuttosto larga ed ecumenica, com’è nel DNA “popolare” della Mondadori, con una particolare attenzione agli autori di catalogo, com’è più specificamente proprio degli Oscar. La competizione? Oh, sì. Mediamente anche più alta che sui mercati trade tradizionali.
Tutti i titoli inediti del 2017 erano di produzione straniera. Intendete avviare anche una produzione di nuovi fumetti di autori italiani?
Marco Rana: Faremo pochissime cose, molto selezionate. Non per snobismo, ma perché vogliamo seguirle bene. Un esempio che posso fare ora è un nuovo libro di Gianluca Costantini, previsto per l’autunno, dedicato alla Libia e scritto dalla reporter Francesca Mannocchi: si annuncia davvero bello e sarà un modo per dare continuità nel nostro catalogo alla tradizione del graphic journalism di Joe Sacco, trattando un tema – quello libico – che per i lettori italiani risuona evidentemente di un’eco profonda: tanto da un punto di vista storico, quanto per gli interessi che l’Italia tuttora mantiene in quel paese, quanto – e soprattutto – per la incessante tragedia contemporanea dei migranti. Con altri autori italiani stiamo ragionando e impostando progetti che avranno una lunga gestazione: saranno storie originali e adattamenti dai capolavori, ma occorrerà pazientare un po’.
Quanto contano i giovani autori italiani per Oscar Ink? Avete programmi in proposito?
Marco Rana: I giovani autori e gli esordi in generale sono la linfa vitale dell’editoria: non può esserci ricerca senza attenzione per il nuovo. Tuttavia, portare un autore all’esordio, accompagnarlo, guidarlo è un processo editoriale tanto importante quanto delicato: è molto probabile che nei primi anni saranno rarissimi gli esordi italiani in Oscar Ink perché, per tanti versi, non siamo l’editore adatto per lavorare su questo tipo di processo in un segmento in cui siamo appena entrati.
Proprio a questo proposito, in un contesto iperproduttivo che ha moltiplicato gli spazi per le opere prime, Matteo Stefanelli ha parlato di rischio “esordienti allo sbaraglio”, esposti a una mancanza di attenzione in strutture “stressate dalla crescita”. Qual è la tua opinione, e come intendi orientare Oscar Ink nel rapporto con i talenti emergenti?
Marco Rana: Temo che sia un rilievo fondato: diciamo che per parte nostra cercheremo di non contribuire agli “sbaragli”. È un rischio che possiamo correre e che cercheremo di evitare. Resta l’insopprimibile pulsione attrattiva per il nuovo che ogni editore, più o meno manifestamente, cova. Cercheremo di tenerla a bada e, nel caso, di seguirla con cautela e misura.
Scenari e tendenze
Da dove arrivano oggi, a tuo avviso, i talenti più stimolanti e le innovazioni più interessanti del fumetto contemporaneo?
Marco Rana: Francamente non mi sento in grado di esprimere un’opinione in termini di tendenze, generi, scuole. Posso dirti che fra le cose nuove trovo ipnoticamente meraviglioso il libro di Emil Ferris, pubblicato in modo spettacolare da Bao. Poi, in ordine sparso, fra gli americani The Sheriff of Babylon di Tom King e Boundless di Jillian Tamaki; fra i francesi Paesaggio dopo la battaglia di Eric Lambé e Philippe de Pierpont; fra gli italiani Lucenera di Barbara Baldi e Kraken di Emiliano Pagani e Bruno Cannucciari. Per l’Asia, Zao Dao. Mi piace anche molto il memoir di Marwan Isham illustrato da Molly Crabapple, Brothers of the Gun. Me l’ha fatto scoprire Gianluca Costantini.
L’offerta di fumetto nelle librerie sta crescendo, sostenuta dall’ingresso di nuovi editori e dalla maggiore offerta da parte degli editori generalisti e letterari. È ancora presto per parlare di sovrapproduzione?
Marco Rana: Non è mai troppo presto per parlare di sovrapproduzione in editoria: in Italia operano circa 4.000 case editrici e vengono pubblicati più di 65.000 libri ogni anno. È una caratteristica strutturale del settore che si riverbera anche sul fumetto. Affrontando il tema dal mio punto di vista, che è quello dei singoli autori e dei singoli titoli, posso solo aspirare a mitigarne gli effetti attraverso la ricerca ossessiva della qualità. Ma la sovrapproduzione a livello di sistema è un fatto reale ed evidente.
Mentre si profila un graduale riequilibrio del peso tra l’edicola e la libreria, quali ritieni saranno le sfide che il fumetto dovrà affrontare nel prossimo futuro?
Marco Rana: Nella prospettiva allargata temo che la sfida, per il fumetto, non sia diversa da quella che investe l’editoria tutta in Italia: scongiurare lo spettro dell’irrilevanza. Se guardiamo invece allo specifico delle dinamiche interne al settore editoriale, il fumetto sta evidentemente attraversando una fase di grande vivacità e di costante sviluppo: sarà importante e utile che il lavoro di tutti gli attori della filiera porti a superare definitivamente il diffuso pregiudizio secondo il quale i fumetti sarebbero una forma minore della produzione editoriale. Per parafrasare la costituzione americana: We hold these truths to be self-evident, that all books are created equal.