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Nello studio di Vinci Cardona

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Siamo entrati nello studio di Vinci Cardona, giovane vincitore del Lucca Project Contest 2016 e da poco autore del graphic novel Black Gospel. Un vangelo western per Edizioni BD.

Quali sono i progetti a cui stai lavorando attualmente?

Black Gospel partiva da una riflessione sul Nuovo Testamento. I temi erano la redenzione, la conversione, la violenza e un po’ in generale gli effetti della “parola” di dio. La storia a cui sto lavorando adesso è più orientata verso il Vecchio Testamento. Ci sono i diluvi, gli alberi proibiti, caino e abele, quella roba lì insomma, ma il tema più importante è il rapporto uomo-donna. Questo discorso ha le sua radici in Black Gospel, ma volevo svilupparlo con maggior profondità in una storia a sé, più antica. Finito quello, basta cornici bibliche per un po’!

Il progetto a cui sto lavorando parallelamente è la biografia a fumetti di un personaggio storico a cui sono molto affezionato, una donna importante. Spero di poter far vedere qualcosa presto.

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Quali strumenti usi per disegnare?

Disegno a matita ed inchiostro in maniera abbastanza tradizionale. Pennarelli staedtler, il pennello a serbatoio della pentel, qualche uniposca. Niente di originale. E sono tornato sugli A4 (per Black Gospel ho usato un formato più grande), perché mi permette di avere maggior controllo sulla pagina, e di poter lavorare sui definitivi ovunque vada. Per quanto riguarda il tratto, meno modifiche faccio a computer e meglio mi sento. Poi per il colore uso solo photoshop e su quel versante cerco di prendermi tutta la libertà possibile. Passo molte ore a colorare, almeno quante ne passo a fare i disegni.

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Hai qualche abitudine prima di metterti a disegnare?

No. Ci sono tante buone abitudini prima di mettersi a disegnare, rituali consolidati che funzionano un po’ per tutti, ma non ne seguo nessuno con costanza. Diciamo che disegnare è il mio rituale prima di fare altre cose. E’ la mia migliore abitudine.

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Ci sono libri o fumetti che devono essere a portata di mano mentre disegni?

La mia postazione di lavoro a Milano mi piace perché la libreria è immediatamente connessa al tavolo e quindi è un attimo raggiungere un volume che mi serve per chiedere un consiglio. Più che un libro a portata di mano, vorrei Dave Stewart in una gabbia: quando non so come colorare una sequenza sfoglio un Hellboy. E’ come sbirciare i risultati alla fine del sudoku.

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Hai un oggetto in studio a cui sei particolarmente affezionato?

No, nessun oggetto in particolare, anche se il computer è diventato una specie di grande inventario, un diario di bordo degli ultimi cinque anni. Forse non è un’immagine romantica per un artista, ma è l’oggetto più vivo con cui ho a che fare ogni giorno. Si merita la sua buona menzione.

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