Siamo entrati nello studio del fumettista palermitano Lucio Passalacqua in arte Luciop, autore di Benvenuti a Lalaland, pubblicato da Shockdom.
Leggi anche: Lalaland, il folle mondo di Luciop
Quali sono i progetti a cui stai lavorando attualmente?
Sto scrivendo il terzo volume di Benvenuti a Lalaland. Leggo, studio, come un topo da biblioteca. Metto insieme le idee. Ogni tanto, mentre lo faccio, affondo le mani in qualche pasta modellabile e plasmo delle bestiole che poi mi fanno molta simpatia.
Quali strumenti usi per disegnare?
Nella maggior parte dei casi utilizzo delle matite azzurre Prismacolor per gli sketch, che mi aiutano a non creare troppa confusione quando poi devo inchiostrare sullo stesso foglio e che possono essere facilmente rimosse in fase di colorazione digitale. Poi afferro qualche pennarello: Micron, Copic, Koh-i-Noor (che sembra il nome bellissimo di una divinità nordica ma che in realtà è solo il nome di uno dei diamanti più grandi del mondo) e passo all’inchiostrazione.
Ne ho recentemente scoperti alcuni di una marca cinese che sono stellari e che sono ovviamente ricoperti di ideogrammi e mi fanno sentire per qualche minuto un vero maestro cinese dell’inchiostro. Poi faccio una scansione e coloro in digitale su Photoshop, utilizzando una vecchia Bamboo o una vecchia Cintiq 12wx.
Dipende dai casi. Sto timidamente cercando di imparare alcune tecniche di colorazione tradizionale che si adattino alle cose che faccio, ma sono ancora cintura gialla e tiro calci in modo un po’ sgraziato.
Hai qualche abitudine prima di metterti a disegnare?
Mi piace molto lavorare di notte, perché in quel momento sono quasi certo di non dover badare più a nient’altro. Ascolto della musica, cerco qualche film o programma di approfondimento giornalistico che produca quella nenia ottimale per il lavoro, sfoglio qualche fumetto o qualche libro, spesso qualche bestiario antico (quelli medievali ad esempio, mi fanno ridere e mi sciolgono il cuore), fumo delle sigarette.
Quando invece sono particolarmente elettrizzato (non capita spesso, non ne vedo il bisogno!) salto tutte queste fasi e mi fiondo sul foglio, per poi innervosirmi una volta rilevata un’avventatezza che non mi appartiene. È importante rispettare i rituali e tenere sempre viva la fiamma dei propri disturbi.
Ci sono libri o fumetti che devono essere a portata di mano mentre disegni?
Moltissimi. E se poi non li utilizzo, devo comunque sapere che sono a disposizione. Burns, Woodring, Deforge, Ratigher, Jacobs e tanti, tanti altri. Insieme a una ricca galleria virtuale di illustratori e pittori, da Bosch a Bilibin.
Inoltre da un annetto tengo sempre a portata di mano un volume della Taschen sull’alchimia, grazie al quale spero un giorno di poter trasformare quello che faccio in oro. Non come nella leggenda del Re Mida, però. In tutta sincerità, vorrei continuare a nutrirmi.
Hai un oggetto in studio a cui sei particolarmente affezionato?
Se ho un feticcio, il suo nome è Totò. Totò è un coccodrillo di pezza dall’aria tonta che mi comprò mia madre quando avevo 7 anni in uno dei luoghi più surreali che abbia mai visitato: la fattoria dei coccodrilli. Era un posto dalle parti di Parigi dove allevavano coccodrilli. Non so che senso avesse, ma potevi visitare quel posto che sembrava il brutto set di un film di Indiana Jones e osservare alcuni degli animali più tediosi (e tediati) che Madre Natura abbia mai concepito. Anche tra i più pericolosi.
La cosa interessante dei coccodrilli è questo contrasto tra la minaccia e il tedio, forse per questo hanno costruito quella fattoria, perché credevano fortemente nei contrasti bizzarri. E quindi Totò, rispettando i canoni della sua specie, se ne sta da anni immobile sulla mia libreria con lo sguardo perso nel vuoto. Solo che lui non ha l’aria particolarmente minacciosa e io gliene sono grato.