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“Ryuko” di Eldo Yoshimizu. Vendetta in futuri distorti

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Il giapponese Eldo Yoshimizu sarà tra gli ospiti internazionali presenti a Lucca Comics and Games 2017 (dall’1 al 5 novembre), in collaborazione con Bao Publishing.


In Giappone di storie di mafia (yakuza nello specifico nipponico) sono piene gli scaffali delle librerie di fumetti, ma anche i cinema e la tv. Il recente Ryuko di Eldo Yoshimizu giunge come una rivisitazione di stilemi già ben radicati nell’immaginario narrativo nipponico, ma dalle prospettive moderne e distopiche. Del resto la yakuza è davvero ovunque, per certi versi meno nascosta della mafia italiana e più sottilmente radicata.

(Parentesi autobiografica dimostrativa: anni fa mi trovavo a Yokohama – o forse era Chiba, non ricordo più, son passati tipo 15 anni – e facevo una doccia in un bagno pubblico, che era un casottino lungo la strada. Ero con altri compagni di viaggio e quando ne uscii mi raccontarono che nel frattempo il ragazzo giapponese che ci aveva accompagnato era stato fermato, intimidito e malamente “schiaffeggiato” solo perché ci stavamo intrattenendo troppo a lungo in una zona che era territorio di una particolare banda. Erano gli yakuza, mi dissero.)

Yoshimizu è un artista da anni impegnato in discipline diverse – dalla pittura alla scultura – e in Ryuko (il suo fumetto di debutto, peraltro autoprodotto), mastica argomenti come la vendetta e le faide tra clan, visti però in un contesto più ampio e al limite del fantascientifico.

Leggi le prime pagine di Ryuko
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Appena vedo la Ryuko che dà il titolo alla storia penso subito al Crying Freeman di Kazuo Koike e Ryochi Ikegami. Il tatuaggio del drago – simbolo positivo di forza – lei ce l’ha sulla coscia, lui sul petto. Il tatuaggio è un segno distintivo dei malavitosi in Giappone (fino a qualche anno fa non andava giù ai giapponesi che gli Occidentali ce li avessero a caso). Mi assale il sospetto che Ryuko sia un “femalewashing” di Crying Freeman e di quel genere di storie.

Anche Yoshimizu non si fa problema a mostrare subito senza troppe remore sesso e violenza. Quel che si comprende dalle prime pagine è che i fatti che determinano il plot succedono abbastanza in fretta e senza troppi dettagli, in tavole dalla costruzione ardita e avvincente ma non sempre chiara, inserite in uno scenario complessivo di futuro deviato dai contorni non troppo delineati.

Ryuko è un’assassina che ha attorno a sé una grande aura di fascino e potere (fisico da modella e sguardo gelido), ma anche un seguito di scagnozze altrettanto carine ed efficienti. Le donne sono sinuose come i personaggi angelici di Mamoru Nagano (Five Star Stories) o di Yoshihisa Tagami (Grey). Graficamente il lavoro di Yoshimizu è infatti profondamente radicato negli anni Novanta e nei primi Duemila.

Non troverei del tutto pertinente fare riferimento e paragone al gekiga (di cui tanto spesso si parla oggi quando ci si trova di fronte a un manga dall’approccio maturo), che è fatto di storie assai più legate al realismo o a un approccio poetico alla narrazione. Ryuko, invece, si pone di forza al fianco di lavori come Jiraishin, L’Immortale e vari altri manga che una decina buona di anni fa apparivano sulle pagine di Afternoon, rivista sulla quale sono apparsi talenti di un fumetto per un pubblico maturo prodotto che nascevano sulle orme di maestri come Kazuo Kamimura, Ryoichi Ikegami o Takao Saito, ma guardando anche all’Occidente.

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Yoshimizu mette a segno una buona prova, ma è ancora evidentemente limitato dalla scarsa confidenza col mezzo fumetto, e probabilmente influenzato da elementi assorbiti in passato da semplice lettore.  Se il suo forte vuol essere l’approccio libero alla costruzione della storia e alla disposizione di essa sulle tavole, i rischi in certi azzardi ci sono e si fanno notare.

A Yoshimizu non interessa il tipico approccio seriale del manga, con i suoi tempi dilatati e la ripetizione in episodi che rassicurano il lettore in un contesto che può diventare familiare. Lui sembra guardare più al cinema, imponendosi tempi compressi e un susseguirsi di rivelazioni e colpi di scena serrati.

In un contesto spesso narrativamente autoreferenziale come quello del manga, l’intervento di lavori dall’audacia quasi ingenua come quello di Yoshimizu è linfa vitale. Ben lungi da identificare il suo percorso di ricerca già concluso o del tutto maturo, l’autore ha avuto l’urgenza di realizzare la sua storia (autoprodotta, vale la pena ricordarlo, e questo significa molto in un mercato controllato e incanalato come quello giapponese) e la caratterizzazione di un universo coerente appare debole quanto quella di certi volti dai lineamenti appartenenti a generazioni passate del manga. Eppure è proprio la sfrontatezza del suo approccio a costituire l’elemento di maggior fascino in Ryuko, ancor più dello stacco di coscia della protagonista, giustamente.

Ryuko vol. 1
di Eldo Yoshimizu
Bao Publishing, 2017
Cartonato, 232 pp in b/n, € 17,00

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