Era il 1967, anno di contestazione studentesca, proteste a Berkeley e a Parigi, l’estate dell’amore, gran musica, droga, sesso e la nascita di tante, nuove iniziative dettate dall’entusiasmo giovanile e dal desiderio di provare qualcosa di nuovo. In realtà, non proprio nuovissimo: si può dire che il vento si era alzato quindici-venti anni prima, con la generazione bruciata dei “battuti e beati”, i beat. E poi era cresciuto e si era allargato, trasformandosi nella psichedelia e poi nella contestazione. E in moltissime altre cose. Perché lo spirito nuovo aveva permeato varie altre attività, fra le quali era immancabile che ci fossero anche i comics.
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In Francia, a mostrare che qualcosa di nuovo si poteva fare, c’era tra gli altri una coppia di autori che è diventata nel tempo piuttosto nota. Si chiamano Pierre Christin e Jean-Claude Mézières: il primo scrive e il secondo illustra. Partiamo da Christin, che è un personaggio oltremodo particolare: laureato in letteratura e scienze politiche alla Sorbona, andò giovanissimo a insegnare letteratura francese nello Utah. Ma amava il fumetto con tutto il cuore, tanto che già da ragazzino una sua storia, illustrata dal suo compagno di scuola Mézières, era stata pubblicata nel 1966 sulla rivista Pilot. Ma voleva l’America anche se Christin, a dire il vero, nello Utah c’era rimasto davvero poco: dopo un paio di anni se n’era tornato in Francia ed era andato a fare il professore di letteratura a Bordeaux. Continuava tuttavia a collaborare con il suo amico d’infanzia, Mézières.
Quest’ultimo era sempre stato un disegnatore di evidente talento: come il suo amico Christin è nato nel 1938, ma lui ha studiato arte (prendendo da subito il meglio anche della “linea chiara”), si è appassionato al Vecchio West (magari perché si era innamorato dei film di John Wayne) e ha iniziato a girare gli USA in autostop negli stessi anni in cui il suo socio insegnava nello Utah. I due, a guardarli da qui, sono una perfetta sintesi della cultura francese e di quella di sinistra in particolare, con un profondo amore-odio per gli Stati Uniti, paese-continente attorno al quale stanno continuando a ruotare, appropriandosi degli immaginari e rappresentandone i segni di base. Ma è nei particolari che questa storia diventa straordinaria.
Christin e Mézières allora hanno portato avanti due carriere ricche e articolate, sia dal lato dello scrivere (Christin collabora con moltissimi disegnatori e scrive anche soggetti e sceneggiature per il cinema) che da quello del disegnare (Mézières lavora come matita eccellente per i fumetti e per l’illustrazione ai massimi livelli). In particolare, Mézières collabora anche con il regista francese Luc Besson, che in passato ha aiutato ad esempio a dare un impatto visivo più “fantascientifico” alle scenografie del suo Quinto elemento. Ma su questo torneremo tra un attimo.
Dopo la parentesi americana del 1966 i due hanno cominciato una collaborazione che si è tramutata in uno dei cicli più lunghi e proficui della fantascienza d’autore del fumetto francese e internazionale. Hanno vinto premi a man bassa, sia per i loro altri lavori che per la costruzione della cattedrale spazio-temporale rappresentata da Valérian e Laureline, opera tra le più importanti nella storia della fantascienza (e non solo).
Già, Valérian e Laureline. Che tra poco arriva al cinema nell’interpretazione guarda caso di Luc Besson, uno dei pochi registi capaci di fare un filmone hollywoodiano senza però snaturarsi, e con pingui finanziamenti del capitale francese a coprirgli le spalle. Il film in questione si chiama Valérian et la Cité des mille planètes (in Italia Valerian e la città dei mille pianeti) ma viene da tutti semplicemente indicato come Valérian (Laureline ce la siamo un po’ dimenticata per la strada, ma solo nei titoli di testa) ed è interpretato da Dane DeHaan (Valérian) e Cara Delevingne (Laureline), ma nella pellicola ci sono anche – e la cosa non mi tranquillizza sino in fondo per il rischio Balle spaziali – altri attori piuttosto famosi: Clive Owen, Rihanna, Kris Wu, John Goodman ed Ethan Hawke.
C’è un primo passo da chiarire: il ruolo dell’immaginario visivo di Valérian e Laureline nel cinema, poi parliamo pure dei fumetti. Allora, abbiamo menzionato prima Luc Besson e Il quinto elemento, una somiglianza fisiologica vista la collaborazione esplicita fra Mézières e Besson. Ma la cosa non è così semplice e soprattutto non si limita a questo.
Perché la traccia visiva di Valérian e Laureline ha ispirato profondamente molti autori del grande schermo, al limite del plagio. O meglio: del furto con destrezza. Avete presente Guerre stellari? Oppure Blade Runner? Ci sono intere scene che sembrano prese di peso da alcuni episodi della saga cartonata del fumetto di Christin e Mézières. Non soltanto dalle sequenze visive di Valérian e Laureline, ma anche dalle trovate di trama, dagli snodi, da un certo modo di guardare l’infinito.
Attenzione, si può fare una lunga lista della spesa di cose che nel cinema di serie A sembrano prese di peso dal lavoro di Christin e Mézières: dal Millennium Falcon (sì, proprio la vecchia carriola spaziale che è in realtà velocissima) a intere sequenze de L’Impero colpisce ancora oppure all’idea della guerra dei cloni (un esercito composto da infinite copie di una sola persona). Le cose funzionano anche nel senso inverso: quando Besson chiama Mézières a collaborare all’aspetto visivo del Quinto elemento il lavoro di pre-produzione in realtà va per le lunghe, anche perché il regista francese porta avanti il progetto di un altro film da girare in America, Leon, che viene improvvisamente sbloccato.
Cambiano le priorità e l’agenda, con la conseguenza di lasciare il tempo a Mézières per riprendere a sviluppare molte idee in altra sede: per la precisione nell’albo Sur les Frontières del ciclo di Valérian e Laureline. Quando poi Besson riprende le fila del Quinto elemento, mette mano di nuovo anche alla parte visiva del film toccando anche alcuni aspetti della trama. Ad esempio, il protagonista, interpretato da Bruce Willis, passa dal lavoro di meccanico nella fabbrica di razzi spaziali originariamente pensato da Besson a quella di autista di taxi volanti visualizzato da Christin e Mézières.
L’influenza sia delle trame, complesse e articolate, che della potenza visiva delle ambientazioni sono solo una parte della storia. Valérian e Laureline nasce nel 1967 sulle pagine della rivista franco-belga Pilot e viene pubblicata in volume da Dargaud, diventando subito uno dei principali successi della casa editrice specializzata in bande dessinée provenienti anch’essi dalla migliore tradizione francese e belga del fumetto: da Asterix a Blake e Mortimer, da Lucky Luke a XIII e vari altri dello stesso calibro. Insomma, è ai vertici di quello che può essere considerato uno dei migliori e più importanti assi di produzione culturale europea.
I due autori decidono di terminare la storia di Valérian e Laureline, almeno nella sua forma di bande dessinée, dopo poco più di una ventina di albi (suddivisi in un paio di cicli), raccolte varie di episodi più brevi e un romanzo scritto da Christin intitolato Lininil a disparu.
La densità dei nodi delle storie di Valérian e Laureline è enorme: i due agenti spazio-temporali hanno la licenza di vagare per gli immaginari della fantascienza senza freni. Space opera, viaggio nel tempo, sempre declinati con una visione umoristica e umanistica decisamente più complessa e articolata di quella che sarebbe facile immaginarsi in un fumetto. Tematizzazione politica, critica sociale e sociologia, etnologia fantastica e un buon numero di altre elaborazioni culturali complesse rendono le storie di Valérian e Laureline uniche nel loro genere.
Sono frutto di due menti colte e curiose, quelle dei loro autori, che abitano territori e immaginari i più diversi. Si occupano di fantascienza? Le citazioni dell’intero segmento della letteratura fantascientifica angloamericana sono abbondanti e assolutamente giustificate. Si affrontano decenni di cambiamenti sociali? Le avventure nello spazio e nel tempo sono spesso metafore per parlare d’altro, andando ad analizzare temi e problemi della società contemporanea. Il buono sconfigge il cattivo e il bene trionfa sempre? Ma quando mai.
Le storie sono più complicate, come la vita del resto, e il più delle volte i problemi sono di incomprensione e fraintendimento, di conseguenza non prevista più che di reale cattiveria o “spirito criminale”. I temi e le trame del racconto classico sono sistematicamente sovvertiti ma con leggerezza e umorismo. Quasi in punta dei piedi, per non disturbare le cattedrali del sapere convenzionale.
I due agenti spazio temporali creati da Christin e Mézières lavorano per consentire di mantenere il tenore di vita raggiunto alla Terra del futuro. Perché nel XXVIII secolo nessuno deve più lavorare e tutti possono avere una vita piena e realizzata, anche se esposta ai paradossi dei viaggiatori del tempo clandestini, brutti e cattivi, che possono modificare lo sviluppo e cancellare progressi e intere civiltà terrestri.
La stessa organizzazione che tutela la continuità della linea del tempo “ufficiale”, il Service Spatio-Temporel (SST) di Galaxity, la megalopoli all’interno della quale c’è tutto e tutto vive, viene cancellata da un paradosso spazio-temporale e i due agenti si trovano, a partire da quell’albo, a fare i freelance che cercano di tenere assieme lo spazio e il tempo terrestri e non solo. Le invenzioni dentro e attorno alle storie dei due agenti spazio-temporali si sprecano da quanto sono abbondanti e ricche. Ma c’è anche tanto, tanto pensiero.
Un esempio? Il cortometraggio documentaristico L’Histoire de la page 52 (durata: 43 minuti), diffuso purtroppo solo il Francia, racconta con precisione il processo lavorativo dei due autori attorno a una singola tavola di Souvenirs de futurs, albo numero 22 pubblicato a settembre del 2013. È un processo lungo, ponderato, squisitamente artigianale, per niente industrializzato. È il ritratto di un modo di lavorare e di pensare, oltre che di due autori. Ci sono un’anima e una profonda complessità che rendono Valérian e Laureline davvero un prodotto unico nel settore dei fumetti di fantascienza e non solo.
Abbiamo (forse) inquadrato almeno le coordinate periferiche del fenomeno Valérian e Laureline. Ma cosa succederà con il film? La scelta è stata complessa, il rigore filologico da parte di Luc Besson necessario. Però, c’è una sorta di ragion di Stato del cinema che non si può evitare. È come fare un film su un libro di Harry Potter: non sai mai se poi la cosa dovesse andare bene. Magari ti ritrovi a fare tutta la serie. Con Valérian e Laureline è improbabile – troppi albi – ma Besson cerca di starci dentro.
Quali saranno i risultati? I trailer che si sono visti a questo momento sono delle feste per gli occhi. Ma non è un mistero il motivo: gli effetti speciali sono arrivati a toccare la Luna (di Saturno, una qualunque), Besson è uno dei registi francesi più sul pezzo per quanto riguarda la fantascienza dai grandi budget, il suo stile di regia ha ispirato molti (avete presente gli Star Trek di JJ Abrams?) e infine la materia prima visiva era tutt’altro che banale, anzi ha semplificato molto il lavoro di creazione (che è diventato di sottrazione e non di addizione). Il punto critico di questo tipo di film, la grande paura se preferite, è che si tratti solo di una festa per gli occhi. Cioè che il resto del corpo non trovi motivi validi per seguire il film, cervello incluso.
Purtroppo, come ben sanno gli appassionati di cinema mainstream, la cosa non è affatto improbabile. Anzi, è piuttosto difficile che non accada. Viene quasi da dubitare delle buone intenzioni degli autori cinematografici che di solito si cimentano con opere di spessore, perché i risultati sono immancabilmente deludenti. Possiamo sperare che questa volta non sia così? Magari questo non è il solito film dei supereroi. Magari non sarà neanche Dune di David Lynch. Magari non è neanche un buco nero che annichilisce due ore del nostro tempo che non potremo mai più avere indietro. Magari. Chissà.
Per la carta, la serie integrale degli albi è stata lodevolmente pubblicata in Italia nel corso di un lustro da 001 Edizioni con sette volumi formato 17×24. Un formato “prudente”, che però non fa onore alla complessità delle tavole di Mézières e sopisce un po’ il respiro altrimenti serrato delle storie. Tuttavia, è un’opera decisamente meritevole e unica per il nostro Paese, che salda un debito culturale enorme, visto che molte di queste storie erano precedentemente inedite. Buona fortuna a ritrovare i primi numeri, esauriti da tempo. Magari potreste viaggiare all’indietro nel tempo e appropriarvene man mano che escono in fumetteria. Non sareste i primi ad averci pensato, state tranquilli. Però non ci riesce nessuno proprio perché ci sono i cronoagenti spazio-temporali che vogliono impedirvi di sabotare anche involontariamente la nostra linea temporale. Se volete farla più semplice, invece, in edicola sta per uscire in allegato a Gazzetta una raccolta della saga.