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Popeye e la città senza nome

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di Luca Boschi*

Gli appassionati disneyani conoscono a menadito la città-stato di Paperopoli (Duckburg), capitale del Calisota. Sia la concitata metropoli che la regione in cui sorge, felice ibridazione di California e Minnesota, sono frutto della fantasia del grande Carl Barks, che ha “arredato” la città di Paperino con quartieri ben riconoscibili, ricorrenti nelle storie a fumetti e nei disegni animati. Vi troviamo dei monumenti inconfondibili come quello del fondatore della città, Cornelius Coot, o degli edifici unici nel loro genere, come il deposito di ricchezze di Zio Paperone sito sulla Collina Ammazzamotori, dominatrice del panorama. Altrettanto nota è Topolinia (Mouseton), la città di Mickey Mouse, mentre solo i più istruiti cultori dei fumetti classici conoscono la minuta Giuncavilla (Junkville). La discarica urbanizzata dove risiede il “coccinello” Buci, ha case ricavate da barattoli vuoti e da scarpe in disuso, il faro è una teiera e la piscina una bacinella.

Chi segue i supereroi sa bene che Batman opera a Gotham City e che a Metropolis è ubicata la sede del Daily Planet: il quotidiano dove lavora Clark Kent (identità borghese del kryptoniano Superman), vissuto da piccolo nella rurale Smalville.

La maggioranza dei personaggi dei fumetti, tagliando corto, ha le sue radici in una città o quantomeno in un luogo specifico ben riconoscibile. Può trattarsi di location fantastiche come la Dogpatch di Li’l Abner, o di luoghi rintracciabili come toponimi sulle piantine: dalla contea di Coconino di Krazy Kat, in Arizona, sino alla palude di Okefenokee dell’opossum Pogo, estesa fra la Georgia e la Florida.

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Una veduta della “città senza nome” alla maniera dei cortometraggi animati dei primi anni Trenta diretti dallo studio di Max Fleischer, con i personaggi principali presenti in questo ciclo. Da sinistra: Bluto, Olivia, Braccio di Ferro (con il suo costume ripreso dalle strisce di Segar, e che muterà in seguito), Pisellino e Poldo Sbafini. Lo scorcio urbano, dipinto a mezzatinta in china diluita, è particolarmente sgangherato e fantasioso, ispirato a quelli analoghi che i fratelli Fleischer hanno realizzato per i cartoons di Betty Boop.

Tuttavia, continuando a scandagliare le vicende dei più importanti eroi del Fumetto americano classico, scopriamo con sorpresa che nessuno, dal creatore Elzie Crisler Segar ai suoi successori, si è fatto carico di battezzare la città di Braccio di Ferro e dei suoi amici.

In centinaia e centinaia di storie, la località di residenza di Popeye mantiene l’anonimato e viene descritta il meno possibile, mentre al contrario i lettori dei suoi fumetti e gli spettatori dei suoi film animati sono messi al corrente delle regioni lontane verso le quali il gruppo di Braccio di Ferro fa rotta, di quelle dove sosta, di quelle in cui, addirittura, egli stesso o la sua fidanzata Olivia prendono il potere e governano, più o meno acclamati dal popolo.

Fra la Scemilia e il West

Nel corso delle avventure che sfilano in questa collana, l’indomito marinaio e la sua ciurma di amici e parenti toccheranno quindi le coste di Spinaciuga e della Popilania, visiteranno Scemilia, il regno disastrato di Re Blozo, e quello di Roccaverza, il cui sovrano è nientemeno che Pisellino. Si recheranno in due località i cui topolimi, sino ad ora, non hanno beneficiato di convincenti traduzioni in italiano: la sinistra Skullyville (Teschiolandia? Craniovilla? Crozzonia? Si potrebbe continuare) e la rilassata Puddleburg, considerata la più pigra città del mondo. Attraccheranno su isole lontane e improbabili, come quella popolata dai Jeep e quella dei Goons (spaventosi subumani che, in cortometraggio diretto da Dave Fleischer nel 1938, Goonland, tengono prigioniero il babbo di Popeye, Braccio di Legno).

Per inciso, i termini stessi Jeep, e Goon, il primo dei quali identifica una notoria, “magica” fuoristrada e il secondo un balordo con molti muscoli e poco cervello, sono entrati all’epoca nel lessico comune nascendo proprio dai fumetti di Braccio di Ferro. Più volte, nel corpus creativo di storie di Segar, purtroppo davvero troppo breve, Popeye visiterà anche il lontano West e, anche da quelle parti, si comporterà come se fosse salito su un ring.

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Il “plastico” realizzato da Bud Sagendorf . (Clicca per ingrandire)

Un prospetto urbano, un po’ sottogamba

Nel 1979, in occasione del cinquantesimo anniversario della creazione del personaggio, Bud Sagendorf, diligente prosecutore dell’opera di Segar, tenta di mettere ordine ai luoghi più frequentati nelle storie di Popeye, correlandoli fra loro nello spazio. Come si vede nell’immagine poco sopra. Ne esce fuori una specie di “plastico”; una cittadella miniaturizzata che può incuriosire, ma che non rende affatto l’idea del vastissimo territorio nel quale si muovono i commedianti ideati da Segar.

La loro è una dimensione senza limiti come sconfinata è anche la fantasia stessa del grande cartoonist, per niente interessato a tratteggiare un mondo razionale con distanze territoriali coerenti, caratteristiche architettoniche ben definite, consequenzialità degli eventi narrati. Il suo è un teatrino nato per ridere, e quando può lo dichiara apertamente nelle vignette, per sdrammatizzare delle sequenze narrative che qualche lettore potrebbe ritenere troppo violente o disgustose. Come la famosa tavola domenicale del 1° ottobre 1933, in cui Poldo macella da una vignetta all’altra una povera mucca e se la divora seduta stante dopo averla trasformata in una montagna di hamburger.

La coerenza non ossessiona nemmeno i continuatori della saga di Braccio di Ferro, a cominciare dal primo assistente del Maestro, il già citato Bud Sagendorf, che in una mappa disegnata nel 1946, legata alla prima storia a fumetti con Popeye realizzata appositamente per un comic book, sintetizzza una porzione della città senza nome, mentre accenna al viaggio per nave di Popeye alla volta della Olivoyla, regno governato da Olivia. Questo disegno, che compare in seconda di copertina di Four Color Comics n. 113, mostra una disposizione delle case e degli spazi del tutto incoerente con la panoramica che lo stesso Sagendord delineerà nel cinquantennale di Popeye.

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La mappa disegnata da Sagendorf su “Four Color Comics” n. 113 del 1946, che pubblica negli Stati Uniti delle storie create appositamente, per la prima volta, per un comic book. Quelle uscite in precedenza adattavano materiali a fumetti già usciti sui quotidiani o nei loro supplementi domenicali. (Clicca per ingrandire)

Navigando per gli otto mari

Poco male, una buona parte delle peripezie di Popeye e dei suoi comprimari non si svolge sulla terraferma del suo borgo di residenza, che qualche autore italiano in servizio presso l’editore Renato Bianconi ha chiamato in un pugno di casi “Spinacia”, dato che aveva bisogno di un topolimo ad ogni costo, bensì su qualche nave che solca gli otto mari.

Per inciso: i mari, effettivamente, sono ben otto (uno in più del lecito) secondo il mappamondo di Braccio di Ferro, progettato nella produzione fumettistica di Segar. Nell’episodio a strisce in cui lo scopriamo farà la sua unica comparsa nella produzione di Segar qual controverso personaggio che viene chiamato Bluto, e alternativamente anche Brutus, Timoteo o in altro modo, usufruendo anche di sensibili alterazioni somatiche.

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Veduta aerea di una parte della “città senza nome”, disegnata da Sagendorf per mostrare le frenetiche peregrinazioni di Poldo alla conquista di un panino. (Clicca per ingrandire)

*Questo articolo è apparso in versione più estesa su Popeye n. 2, pubblicato il 12 agosto in abbinamento a La Gazzetta dello Sport. Luca Boschi è critico e storico del fumetto, oltre che curatore – in collaborazione con Andrea Rivi per Nona Arte e Giulia Beffa per Renoir – della collana di RCS dedicata al Braccio di Ferro di E.C. Segar.

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