Il testo che segue è un estratto dell’introduzione di Alan Moore al volume Planetary Deluxe vol. 1 pubblicato da RW Lion (traduzione di Leonardo Rizzi).
Mentre scrivo queste righe all’ultimo bagliore della candela del ventesimo secolo, sapendo che voi le leggerete quando la fiamma del ventunesimo è stata appena accesa, è arduo non essere colpiti dalla visuale da Giano bifronte che possiamo godere del paesaggio da questo punto di vista, nella sua lunga estensione alle nostre spalle e anche davanti a noi. Non parlo soltanto del ben più smisurato paesaggio degli affari umani e globali, ma anche quello del mondo più ristretto che per noi è il settore del fumetto. […]
Gli autori di fumetti che operano in questo vuoto a cavallo di due secoli sono, almeno in apparenza, soggetti a due impulsi gemelli in conflitto. Da un lato vediamo lo slancio temerario, tanto simile ai buoni propositi per l’anno nuovo, di tuffarsi a capofitto nel futuro come naturalmente ci tocca, mentre dall’altro siamo oberati dalla conoscenza di quante macerie luccicanti ci lasciamo dietro, alle spalle. Essendoci tanti oggetti di valore disseminati laggiù, nel lungo cortile della storia del fumetto, siamo tenuti a domandarci se questi non contengano ancora tesori sepolti, oggetti che meritano di essere recuperati.
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A quanto pare molti di noi hanno la sensazione, per quanto molto nebulosa, che sarà un elemento del passato fumettistico a fornirci la chiave per schiudere il futuro di questo mezzo di comunicazione. Come se per muoverci in avanti, in qualche modo noi dobbiamo riuscire simultaneamente a muoverci all’indietro, per quanto la cosa possa sembrare un paradosso. Il che ci porta, dopo una strada un po’ tortuosa, a Planetary.
Warren Ellis e John Cassaday hanno fabbricato un dispositivo ingegnoso con il quale poter sfruttare tutte le possibilità offerte dalla situazione in cui attualmente viviamo e che ho avuto modo di descrivere nei paragrafi precedenti. Gli eroi della nostra storia non combattono contro il crimine e non sono guardiani del pianeta bensì, grazie a un perfetto momento di ispirazione, archeologi. Individui che scavano sotto la superficie del mondo per scoprirne il passato, i segreti e le meraviglie. In questo caso, però, il mondo su cui vengono eseguiti i lavori di scavo non è l’ambiente che ci circonda, per quanto si tratti di un paesaggio quasi altrettanto familiare. Il pianeta in cui scaviamo è invece nientemeno che il paesaggio che si è accumulato in quasi cent’anni di storie fantastiche, di storie a fumetti. […]
Veniamo a scoprire la storia segreta di tutte quelle pianure sature di raggi gamma, di tutte quelle sonde spaziali primitive, di tutte quelle incursioni degli alieni. Operando su scala molto ampia, gli autori ci portano a visitare una strana eco pop del Giappone, ossari radioattivi dove giacciono falene e sauri giganti, viali di Hong Kong ancora infestati dai fantasmi sfarfallanti dei loro film d’azione. Scorgiamo i cimiteri degli elefanti degli avventurieri pulp perduti e al suo interno incontriamo, ancora vivo, un memorabile sopravvissuto dalla pelle di bronzo. Percorriamo le sale dei trofei, i grattacieli segreti, in mezzo ai favolosi oggetti conservati là in esposizione. Colonnelli assassini. Portali dorati che permettono di viaggiare in altre zone. Popolazioni sotterranee. Schegge provenienti dagli strati più bassi di questo mezzo di comunicazione, ripulite da tutto il fango, tenute alte a prendere la luce.
Per quanto sia affascinante questa idea centrale, senza l’amore e il talento che il team creativo ha profuso in quest’opera, la serie potrebbe sprofondare con sin troppa facilità nel divertimento nostalgico e semplicistico. I fattori che elevano la storia al di sopra di una semplice, rosea retrospettiva sono l’energia immaginativa e la grande maestria impiegate in questo lavoro, l’impulso di realizzare all’interno del fumetto supereroistico mainstream qualcosa di nuovo che trascenda l’approccio storico e passatista che ogni racconto basato sull’archeologia deve chiaramente adottare. Le tombe del passato vengono demolite, le loro pietre vengono portate via per lastricare una strada diretta verso qualsiasi cosa ci aspetti nel futuro del fumetto.
Il carburante di questa impresa è l’unica risorsa sulla quale si sono sempre basati i fumetti: la straordinaria energia di un’immaginazione slegata dalle idee culturali predominanti di cosa costituisca l’arte sofisticata o il gusto raffinato, lo sfrenato flusso pulp di idee a dispetto di ogni scadenza, di ogni esaurimento e affaticamento. In qualità di scrittore, Warren Ellis sa essere feroce a proposito di un’enormità di cose, ma si può sospettare che lo sia ancora di più quando si tratta di esigere molto da se stesso, da insistere per scoprire qualcosa di nuovo, qualcosa che non abbia ancora avuto il tempo di annoiarlo.
Con il suo lavoro su Planetary, si percepisce il fuoco, la fatica e lo slancio inventivo, il desiderio di rendere ogni nuovo concetto ancora più intelligente, più incendiario del precedente, il tutto con un orecchio sensibile alle sottigliezze del dialogo e della lingua, un occhio sensibile alla situazione drammatica e un senso dell’umorismo intelligente e macabro.
Fortunatamente per Ellis, è suo complice il talento opalescente di John Cassaday, un disegnatore capace di creare viste, costumi e costruzioni di una immaginazione sorprendente, tutte eseguite con una linea capace di combinare la forza con una delicatezza quasi eterea. Sembra quasi che Cassaday voglia competere con il suo sceneggiatore in una rivalità dinamica e produttiva e che ciascuno dei due cerchi di superare l’altro con qualche nuovo concetto stravagante, delineando idee che lo porteranno ancora più in là, che gli faranno attraversare i confini di un territorio mai concepito prima.
Il risultato finale è una straordinaria opera di fantascienza intelligente, realizzata con una capacità visionaria per cui maestri come Paul e Finlay, riconosciuti come i più grandi illustratori del genere, non avrebbero alcun motivo di vergognarsi. Questo è un fumetto mainstream esemplare per l’inizio del nuovo secolo. In un periodo in cui sembra che molti fumetti siano caduti in un pantano oppure brancolino senza il minimo straccio di un progetto coerente, il lavoro di Planetary ha una luce e una freschezza tutte sue, una caratteristica esplosione neuronale di disegni innovativi e interessanti ogni volta che si gira pagina. Al tempo stesso, si interessa a tutto quello che una volta erano i fumetti e a tutto quello che i fumetti possono ancora essere, il tutto condensato in un perfetto fiocco di neve frattale tempestato di pietre preziose.
Proseguite la lettura e gustatevi lo straordinario fumetto prodotto da uno straordinario momento nella sua storia.
Aprite la vostra coscienza a Planetary.
– ALAN MOORE
NORTHAMPTON DIC. 14, 1999