HomeRecensioniNovitàGhirlanda di Mattotti e Kramsky, un poema fantasy sul senso della vita

Ghirlanda di Mattotti e Kramsky, un poema fantasy sul senso della vita

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Ghirlanda è un libro imponente e sorprendente, frutto di una lavorazione di oltre 10 anni. Il nuovo volume di Lorenzo Mattotti e Jerry Kramsky segna il ritorno della coppia di autori di Fuochi, a quindici anni dalla pubblicazione di Jekyll & Hyde. Imponente non solo perché il tomo è di grandi dimensioni, con copertina cartonata dallo sfondo grigio grezzo quasi minimale, mentre le pagine sono oltre 400 in bianco e nero. La sua imponenza è soprattutto nelle immagini, che offrono una capacità fascinatrice impressionante, incantando il lettore-spettatore. Sorprendente, inoltre, perché vi si trova il sodalizio Mattotti e Kramsky più che mai alle prese con un racconto dai contorni fantastici, quasi una favola classica, denso tuttavia di significati mai troppo distanti dal reale.

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Se Fuochi e Jekyll & Hyde erano già fortemente avvolti da contorni fantasy – fiabe mature e spietate – con Ghirlanda si sconfina in mondi totalmente d’invenzione, tratteggiati con una delicatezza e una misura del segno forse mai vista prima in lavori a fumetti di MattottiStigmate e Chimera – altri suoi libri a fumetti in bianco e nero, come Ghirlanda – il tratto sottile si manifesta in un maelstrom di neri sottili dalle trame avvolgenti e intense; nei lavori illustrati dipinti in nero, Hansel e Gretel ed Oltremai, l’improvvisazione è gestualità potente e frenetica. In Ghirlanda, invece, il segno si fa estremamente più morbido e disposto con misura. Ciò senza mettere da parte l’aspetto – frutto della improvvisazione artistica – spontaneo e anche ludico della narrazione e del disegno. Le linee si estendono con la fluidità di un costante divenire, tanto profonda da evocare la tridimensionalità. Mattotti, nel suo racconto di mondi e viaggi, riesce a colmare incredibili distanze con un unico tratto.

Ghirlanda è dichiaratamente dedicato ai Moomin di Tove Jansson – oltre che agli autori Moebius e Fred – e questo è senza dubbio un dettaglio (reso manifesto in apertura del libro) utile alla comprensione e all’immersione nell’immaginario che la storia porta con sé. I protagonisti sono i Ghir (con la semplicità di scelta del lessico e dei nomi tipica della favola), esseri simili a una sorta di incrocio tra un tricheco e un orso, e somiglianti anche ai personaggi stessi di Moomin. Sono tracciati con un segno sottile e linee rotondeggianti, e il mondo in cui si muovono è ancor più indefinito ed etereo di quello creato da Tove Jansson. I riferimenti non si fermano a questo, basti pensare a un personaggio che ricorda il Senza volto de La città incantata di Hayao Miyazaki (altro autore di favole per ogni età). Mattotti non teme di lasciare emergere influenze, ma questi elementi sono metabolizzati con delicata e forte personalità. Spiega l’autore in una intervista nel volume Sconfini.

Perché dovremmo essere tanto orgogliosi da dimenticare le opere del passato? Grandi artisti come David Hockney o Picasso hanno spiegato quale fosse il loro debito verso i propri predecessori.

 

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Superato lo shock per il tuffo in questo mondo di fantasia dai contorni così sottilmente condivisi – dove le citazioni di cui sopra si integrano nell’immaginario di Mattotti senza aderire pedissequamente a generi e stilemi rigidi – la storia inizia con un sipario che si apre, come un sogno sognato da tutti i Ghir. L’onirico entra nell’onirico, come un loop di trascendenza della finzione, qualcosa di più di una storia che contiene altre storie. Il racconto è semplicemente una ricerca di amore e di vita. Potremmo pure dire del Ghir che va in cerca della sua compagna, delle entità che incontra sulla strada e dei misteri della vita che si trova ad affrontare, ma questi sono elementi che scorrono sul filo delle linee nere che traccia Mattotti e che corrono con ritmo incessante, mai frenetico o sgangherato, anzi melodico. Affascinante notare proprio la musicalità del tempo narrativo di Ghirlanda, delicato, sempre estremamente armonico. Certi passaggi fanno quasi pensare di vederci scorrere davanti un film animato, anche per come le inquadrature sono sempre larghe e profonde, un po’ a voler trascendere i limiti delle vignette; vignette che, eppure, Mattotti non evita di disporre sulla tavola con schemi ordinari e precisi. Gli scenari sono ampi e in continuo movimento, e l’autore li tratteggia per sottrazione di segno, bilanciando gli spazi, anziché lasciandosi andare alla frenesia e a quell’horror vacui che si percepisce in altri suoi lavori come Chimera.

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Il lavoro imponente di Ghirlanda è dunque il frutto di una manifesta maturità. Pare nascere dalle consapevolezze di chi, raggiunte certezze nel proprio percorso di ricerca artistica, può permettersi di tornare alle origini. Qui la sua narrazione è lineare, procede per addizione di elementi, senza nascondere eccessivamente risvolti, né tornando su se stessa. Mattotti e Kramsky affrontano temi primordiali, essenziali, che vanno all’origine della vita stessa, in una indagine dai connotati narrativi svolta riscoprendo le emozioni più semplici e giovanili che accompagnano la fascinazione per un fumetto di fantasia e dalla scoperta dei mondi che esso può celare. I due non ne fanno mistero – dichiarandolo in presentazioni e incontri con i lettori – alla base del racconto c’è un moto di ritorno alle proprie passioni e origini, senza autoreferenzialità o indulgenza.

È uno sguardo maturo ciò che permette ai due autori di raccontare la vita (la nascita, la morte, e ciò che di più nobile sta in mezzo) e le pulsioni primarie, non senza spirito critico verso il comportamento umano (in questo caso, dei Ghir), guardando – o suggerendo di guardare – a ogni azione del singolo come a un contributo o un’interferenza in un meccanismo più grande, universale e unico.

La grandiosità dell’opera di Mattotti e Kramsky sta anche in questo distacco non freddo. I due usano il mondo che hanno ideato come un sottile veicolo di messaggi universali, senza la pedante e ingombrante ricerca della metafora di una morale veicolata con forza. Ciò che descrivono appare come uno scenario talmente fluido da rifuggire il mero paragone col reale contingente, non tanto grazie a una approssimazione dei contorni del mondo immaginario in questione, quanto più per la sua rappresentazione astratta e ideale, al limite del metafisico.

Ghirlanda
di Jerry Kramsky e Lorenzo Mattotti
Logos Edizioni
392 pagine, b&n – 35€

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