C’era una volta il Corriere dei Piccoli. Per quello che ci interessa in questo articolo, c’era anche e soprattutto alla fine degli anni Sessanta (quanto successo dal 1908 per sei decenni potete leggerlo altrove). In quegli anni il giornale si presentava come un vero e proprio magazine, con articoli, racconti illustrati e naturalmente tanti fumetti: americani, franco-belga e italiani, realizzati da autori come Hugo Pratt, Mino Milani, Dino Battaglia, Grazia Nidasio… I contenuti ormai non erano più in linea con il nome della testata: non erano più rivolti a “piccoli lettori” bensì a un pubblico di preadolescenti e adolescenti. Nel 1969 venne quindi proposto un referendum tra i lettori: avrebbero desiderato mantenere il nome storico o, invece, cambiarlo in Corriere dei Ragazzi? Vinse la seconda opzione, e nel 1972 uscì il primo numero del CdR.
Giancarlo Francesconi, già caporedattore del CdP, di questa trasformazione fu l’ideatore e il direttore-ombra, prima di diventarne il direttore ufficiale; un giovane Alfredo Castelli svolse il ruolo di suo braccio destro. La volontà della redazione era di proporre ai giovani lettori una rivista di alta qualità “la cui sotterranea filosofia era l’avventura, nel senso della ricerca dell’anima delle cose” (Francesconi, da un’intervista rilasciata sul numero 57 di Fumetto, rivista dell’ANAFI). Non solo la porzione dedicata ai fumetti era molto curata, con opere selezionate e di qualità ben superiore alla diretta concorrenza, ma lo era anche la parte redazionale. Francesconi e il suo team erano molto attenti all’attualità, pubblicando veri articoli giornalistici per i ragazzi. Per loro, i lettori del CdR non erano bambini da far svagare, ma potenziali lettori futuri del Corriere della Sera, da educare da subito alla curiosità verso il mondo.
Punto perfetto di fusione tra le due anime della rivista era una particolare linea di “fumetti della realtà”. Precursori del moderno graphic journalism, questo filone produttivo si dedicava a raccontare fatti e personaggi storici (con serie quali Dal nostro inviato nel tempo Mino Milani, La parola alla giuria o Uomini pro e Uomini contro) ma anche notizie di attualità, come la vicenda di D.B. Cooper o la rapina alla sede della Sveriges Kredit Bank di Stoccolma, raccontate a fumetti poche settimane dopo l’accaduto.
È su questa testata, in questo clima, che nasce la serie il Maestro, il personaggio di Mino Milani e Aldo Di Gennaro recentemente ristampato da ReNoir/NonaArte, per la prima volta in edizione integrale. Nel volume, oltre alle 20 avventure disegnate da Di Gennaro, compaiono anche le due di Giancarlo Alessandrini e l’ultima, disegnata da Mario Cubbino.
Una serie italiana tra Dottor Strange e Dottor Who
Il Maestro fa parte della seconda ondata di personaggi del Corriere dei Ragazzi. Esordisce infatti sul numero 7 del 1974, numero che segna il primo rinnovamento della rivista e la comparsa di nuove serie: insieme ad essa debuttano le rubriche Zoom, Il rubricone e Come dove quando perché?; I Postorici, “cronache del mondo dopo la guerra termonucleare inventate di sana pianta da Luciano Bottaro”; L’Ombra di Alfredo Castelli e Ferdinando Tacconi, nel primo inserto staccabile ‘Albo Avventura’; le strisce Olaf il Vichingo di Dik Browne, L’astuto Ulisse di Adriano Carnevali e Lupo Alberto di Silver.
Il Maestro è un uomo misterioso, che vive in una villa a sud di Los Angeles insieme a un maggiordomo, Astor, e alla gatta Nardy. Di lui sappiamo solo che si chiama Maximus. Nelle storie non si fa alcuna menzione della sua professione o della sua provenienza. È un esperto di occulto, dotato di poteri paranormali, ma non sappiamo come li abbia acquisiti. Collabora con la polizia su richiesta del tenente Velda Morris, con cui intrattiene una relazione amorosa, ma non è un investigatore privato. A Milani e Di Gennaro non interessa raccontare il passato del loro personaggio, spiegarne i poteri, mostrarne la vita fuori dall’avventura. Il Maestro c’è ed è così come lo vediamo in scena, punto. L’alone di mistero che lo circonda serve ovviamente a renderlo più affascinante, ma anche più flessibile per le necessità delle storie. Le sue capacità paranormali non vengono mai analizzate e Milani ricorre di volta in volta a nuovi poteri per permettere al suo protagonista di risolvere la situazione. Il Maestro può levitare, trasmettere il pensiero, mettersi in contatto telepatico con persone lontane, diventare intangibile, ipnotizzare i suoi nemici, modificare il clima, entrare nei dipinti… Tutto questo senza dover pronunciare parole magiche o evocare divinità provenienti da altri mondi.
Il carattere di Maximus si delinea quindi, storia dopo storia, attraverso le proprie azioni. È un eroe positivo – non poteva essere altrimenti, in una testata per ragazzi di quell’epoca dal così forte intento educativo – che combatte per proteggere l’umanità tutta, come dichiara lui stesso di fronte a una specie di tribunale divino. Allo stesso tempo, però, si interessa anche di casi minori: case infestate, apparizioni spettrali, situazioni che a volte cerca e che a volte incrocia per caso. A muovere le sue azioni è principalmente la pietà e il desiderio di proteggere i deboli. Un classico protagonista positivo, insomma, che uccide solo se necessario e controvoglia. Di più, rispetto ai classici eroi d’avventura lui dimostra anche una sicurezza di sé e una tranquillità innaturali. Non si scompone nemmeno nelle situazioni più disperate, se non quando la vita di Velda è in grave pericolo. Sembra un essere alieno, più che un uomo.
Se Il Maestro fosse stato scritto una trentina di anni più tardi avrebbe certamente subito un trattamento simile a quello che Russell T. Davies e soprattutto Steven Moffat hanno riservato al Dottor Who, personaggio per certi versi molto simile. Gli autori avrebbero indagato il suo bisogno di proteggere l’umanità e i rapporti con i compagni di cui si circonda, esseri più comuni di lui, meno straordinari, senza poteri, che lui però ama profondamente. Forse avrebbero anche svelato il suo passato e la sua storia un pezzetto per volta, riempiendola al tempo stesso di altri misteri. Ma si tratta di una serie della metà degli anni Settanta, molto prima dell’interesse nel fumetto popolare all’approfondimento psicologico dei personaggi, delle didascalie di pensiero e dell’ambiguità morale dei protagonisti. Una serie di intrattenimento per ragazzi, appassionante, divertente e moralmente ineccepibile.
Un concentrato di piccole innovazioni che anticipano Martin Mystère
La prima cosa che si nota sfogliando il volume è che, nonostante i quarant’anni e più dalla prima pubblicazione, i disegni mantengono una certa freschezza. Aldo Di Gennaro, più famoso e più abile come illustratore che come fumettista (oltre alle copertine per Le Storie di Bonelli Editore, andate a vedere le immagini che pubblica sul suo profilo Facebook; soprattutto le illustrazioni per il Corriere dei Piccoli), è riuscito a realizzare quarant’anni fa delle tavole che reggono il confronto con molti fumetti seriali contemporanei, e che anzi introducono spesso intuizioni o soluzioni grafiche che, complici il formato della rivista e soprattutto la bontà della sua mano, risultano molto efficaci ancora oggi. Ovviamente l’impostazione complessiva delle tavole è molto legata al linguaggio fumettistico dell’epoca in cui sono state disegnate. Ad esempio non si trova mai nessuna delle soluzioni spettacolari che un fumettista attuale avrebbe attuato potendo lavorare sul formato del Corriere dei Ragazzi: niente splash page, vignette passanti o fuori gabbia. Semplicemente, all’epoca, in Italia quasi non esistevano (eccezion fatta per certo fumetto “d’autore”, naturalmente).
Un discorso analogo, forse ancora più forte, vale per i testi di Mino Milani. La scrittura de Il Maestro è invecchiata, sia per i testi sia per il linguaggio fumettistico in generale. I personaggi parlano spesso in modo innaturale, ben poco mimetico del parlato: sono dialoghi verbosetti e didascalici, per i parametri di oggi. Abbondano inoltre le didascalie che danno indicazioni di tempo, luogo o commentano la scena. Tratti tipici del fumetto classico, insomma, che gli autori odierni non usano più (non dovrebbero, almeno) e che purtroppo, per un lettore attuale, non possono che rallentare e appesantire la fruizione.
Tuttavia dietro a questi testi verbosi c’è la penna di Milani, e lo sceneggiatore pavese fa la differenza, intessendo 23 episodi densissimi di idee. Prende spunto da leggende, archeologia e fantarcheologia (avete presente Peter Kolosimo?), racconti di fantasmi e di UFO, anticipando le tematiche che anni dopo saranno alla base del Martin Mystére di Castelli.
A partire da questi argomenti, Milani gioca a stupire ripetutamente il lettore. Potendo contare su una gamma quasi infinita di soluzioni, potendo far fare al suo personaggio praticamente tutto ciò che vuole grazie ai suoi vaghissimi e potentissimi poteri, continua a cambiare l’ambientazione della serie e il tipo di avventure che i suoi personaggi si ritrovano a vivere. I primi nove episodi, ad esempio, sono incentrati sullo scarabeo di Ara Tutua, un manufatto egiziano ma di origini aliene trafugato dalla cattivissima Jaga, a cui il Maestro dà la caccia. In questa storia lunga i protagonisti si muovono tra Los Angeles, la Germania, Leningrado, l’India, l’Egitto, Perù, la Francia e le isole Aleutine ed hanno a che fare con archeologi morti che lanciano richiami telepatici, allucinazioni mostruose, persone con il potere di mutare d’aspetto, santoni, streghe, possessioni, killer e sicari generici, trappole di migliaia di anni prima, sconvolgimenti climatici e altro ancora. Milani insomma non si fa mancare niente, mantenendo un ritmo serratissimo alla propria narrazione. Siamo all’opposto della tendenza attuale delle serie statunitensi: probabilmente con il soggetto di un solo episodio del Maestro, un Kirkman o un Ellis tirerebbero fuori un intero arco narrativo per una serie Image.
Di più, i casi in cui si imbatte il Maestro non risultano scontati nemmeno per un lettore di oggi. Per l’epoca erano una ventata di novità, in una serie che ricordava le affascinanti fandonie di Kolosimo e le atmosfere di Ai confini della realtà ma che a ogni episodio sapeva reinventarle.
Il Maestro: primo di molti?
La riedizione integrale de Il Maestro non è stata un’operazione semplicissima, perché – come giustamente indica una nota del volume – non è stato possibile recuperare le tavole originali e le riproduzioni sono state ottenute dai fumetti d’epoca. I lettori più attenti noteranno che il volume è diviso graficamente in tre sezioni, conseguenza diretta della vita editoriale della serie: la prima parte, in bianco e nero pulito e con numerazione progressiva degli otto episodi che la compongono, proviene dal volume pubblicato dall’editore Ivaldi nel 1983, realizzato fotografando le tavole originali; gli episodi L’ultimo atto e Ultimatum all’America sono invece in scala di grigi perché scansioni del Corriere dei Ragazzi, quando ancora era pubblicato a colori; infine le altre pagine provengono dall’ultimo periodo della rivista, pubblicata quasi interamente in bianco e nero e, dal numero XX, in formato ridotto.
La difficoltà nel reperire i materiali per la pubblicazione rende ancora più importante l’opera di recupero compiuta da ReNoir/NonaArte. Il Corriere dei Piccoli e il Corriere dei Ragazzi sono state due testate fondamentali e hanno visto sulle loro pagine le opere di alcuni dei più grandi fumettisti italiani. Ancora oggi potrebbero essere un serbatoio importante, soprattutto per riportare alla luce numerose opere che non sono state mai più ristampate o, quando lo sono state, raramente hanno trovato una veste editoriale adeguata.
Qualche raro autore del CdR, come Pratt o Silver, continua a godere anche recentemente di varie ristampe (più o meno) integrali, che comprendono quindi anche le opere per il Corrierino. Tra le serie più celebri della testata, Altai & Jonson sono bene o male sempre a catalogo di qualche editore, complice la notorietà degli autori Sclavi e Cavazzano ma anche il numero ridotto di pagine. Altri, invece, sono stati pubblicati negli ultimi anni in modo più discontinuo. Di Grazia Nidasio, ad esempio, esistono le integrali di Valentina Melaverde e del Dottor Oss (per ComicOut), su testi di Milani, ma non di altri personaggi come Violante o la Stefi. Il Nick Carter di Bonvi e De Maria non ha ancora avuto un’edizione definitiva. Gli Aristocratici, l’altra grande serie realistica del CdR insieme a Il Maestro, è stata stampata in mille modi diversi senza alcun criterio storico o filologico. Stesso discorso vale per Jacovitti, Toppi, Battaglia… Più disastrosa ancora la situazione delle numerose serie o racconti del filone “fumetto della realtà”, leggibili soltanto in qualche antologia, o dei fumetti umoristici di autori come Leo Cimpellin e Adriano Carnevali, o ancora delle serie avventurose (per così dire) ‘minori’, come La donna eterna (Milani/Buzzelli), L’Ombra (Castelli/Tacconi), Smith & Wesson (Milani/Uggeri) o L’agente senza nome (Pier Carpi/Tuis), completamente scomparse dalle librerie.
L’integrale de Il Maestro, dunque, non si presenta solo come una piacevole riscoperta di un classico italiano un po’ dimenticato, ma si pone anche come esempio, uno sprone per un recupero più costante e meditato dell’enorme patrimonio del nostro fumetto che sono state le riviste per ragazzi. Corriere dei Piccoli e dei Ragazzi, ma anche Intrepido, Il Vittorioso, Il Giornalino, racchiudono pietre miliari del nostro patrimonio fumettistico che è un peccato lasciare all’interno di scatole di fumetti polverosi e meriterebbero invece, come già accade in Francia, di essere portate al pubblico in edizioni preziose e filologicamente accurate.
Il Maestro
di Mino Milani e Aldo Di Gennaro
Nona Arte, 2017
320pp, b/n
29,90 €