Poco più di sette anni fa, nel marzo 2010, faceva la sua prima apparizione nelle edicole d’Italia un personaggio dal nome non particolarmente accattivante. All’apparenza si presentava come un ennesimo epigono di Dylan Dog, sia nel formato sia nel titolo dell’albo. Valter Buio (con la V, non con la W) è il nome del character e della miniserie mensile a lui dedicata, il cui primo episodio intitolato “I morti” (disegnato da Sergio Gerasi) non può che richiamare alla mente quell’”alba dei morti viventi” che, con citazione romeriana, introdusse nel lontano settembre 1986 il personaggio di Sclavi alle future glorie editoriali.
Al di là però di alcune affinità estetiche e superficiali, il Valter Buio ideato da Alessandro Bilotta in realtà ha poco o nulla a che spartire con il precedente sclaviano. I morti di cui si parla non sono affatto cadaveri putrescenti che si cibano della carne dei viventi, semmai sono spiriti inquieti che cercano la pace interiore e l’abbandono dagli affanni di questa terra. Il gioco delle differenze potrebbe andare avanti a lungo, e con una certa soddisfazione, specie se si pensa che qualche anno dopo sarà lo stesso Bilotta a rinfrescare il tema degli zombi spedendo un invecchiato Dylan Dog nel Pianeta dei morti, per l’appunto.
Ad ogni modo, il suo Valter non è affatto un romantico indagatore degli orrori del contemporaneo che affronta mostri spaventosi con una pistola in mano e la battuta sempre pronta. Il nostro psicanalista dei fantasmi è, invece, un problematicissimo trentenne romano colmo di fragilità e dai tratti inquietanti, che lo rendono molto più vicino alla nostra realtà di lettori che al tipico immaginario dei fumetti.
Innanzitutto è italiano, anzi romano, per l’esattezza un figlio della Roma bene: il padre è un noto giornalista (fu un importante cronista durante gli anni di piombo) nei cui confronti Valter nutre un’ammirazione profonda ma anche un sottile complesso di inferiorità. Inoltre, ha un rapporto irrisolto con la ex moglie, verso cui cade di frequente in inquietanti atteggiamenti da stalker, pur se innocui (ma non mancano le denunce e le segnalazioni). Di certo non si innamora di tutte le donne che incontra, ed il suo romanticismo è molto più ambiguo ed oscuro rispetto a quello del più noto indagatore londinese. Il suo unico e più caro amico, il conte Balestra, è un nobile decaduto che ama la bella vita pur senza un soldo in tasca: niente a che vedere con il bonario Ispettore Bloch, al quale si ricollega solo come vaga figura paterna per l’immaturo protagonista. Il suo alcolismo non è una malattia da curare ma uno stato mentale da cui non vuole (o non è ancora pronto) ad uscire.
Insomma, lo sceneggiatore romano ha voluto creare per la sua serie bonellide un certo numero di parallelismi con l’intento provocatorio di smentirli, creando un forte contrasto con il modello di partenza, e sviluppando un personaggio e un mondo dotati di una personalità forte e coerente. La Roma di Valter Buio, la Roma contemporanea nella quale si svolgono le sue avventure, non è uno scenario metaforico in cui riversare citazioni e immaginari estranei: è una città concreta, metafora solo di se stessa, è la “città eterna” che respira affannosamente portandosi addosso i resti decadenti della propria storia e nella quale i morti di ogni tempo passeggiano in mezzo ai vivi. Una città fantasma anch’essa, forse, lo spirito inquieto di una città che Valter Buio cerca di raccontare e di restituire alla vita.
Molto prima che Paolo Sorrentino riportasse la vecchia capitale all’attenzione del mondo come fascinoso e decadente scenario di fiction (La grande bellezza è del 2013), Alessandro Bilotta sceglie Roma come un luogo fuori dal tempo e, come tale, ne fa il perfetto punto di equilibrio tra passato, presente e futuro. Pare quasi di vedere passeggiare per quelle strade il fantasma irrequieto di Mercurio Loi, protagonista della imminente nuova serie di Bilotta per Bonelli Editore.
I quartieri della città diventano espressioni di stati d’animo, metafore spaziali dei fantasmi che vi hanno vissuto e che vi sono morti: l’Aventino con il suo silenzio rappresenta la cappa di solitudine e di indifferenza nella quale ha vissuto il giovane suicida Cesare; ed il Tevere che attraversa la città verso il mare, richiama la citazione di Montaigne “ciò che è solido è distrutto dal tempo e ciò che scorre resiste”.
I primi tre episodi della testata, recentemente raccolti da Star Comics in un’edizione da libreria che ristamperà tutta la serie in quattro volumi, possono essere visti come una ideale trilogia sul Tempo. Se il primo racconto è una piccola riflessione sul presente e sullo scorrere della vita rappresentato da un adolescente che si suicida a causa di un padre repressivo e di una madre indifferente (i morti sono coloro che se ne vanno o coloro che restano?), il secondo episodio dal titolo Un giro di giostra, con i disegni di Andrea Del Campo, introduce la famiglia del protagonista e, attraverso la storia di un vecchio disegnatore di caroselli perseguitato da amici traditi, pone il tema di come il passato, con i suoi rimorsi e i suoi sensi di colpa, influisca sull’intera esistenza. Nella vecchia camera di Valter Buio, ancora intatta, scopriamo le sue letture da adolescente un po’ depresso, intuendo una problematicità tanto banale quanto naturale. Non a caso, forse, tra i titoli presenti ci viene mostrato L’inconveniente di essere nati di Emil M. Cioran, che così recita:
Qualcuno di cui abbiamo la più alta stima ci diventa più vicino quando compie un atto indegno di lui. Così facendo, ci dispensa dal calvario della venerazione. E solo da quel momento proviamo nei suoi confronti un vero attaccamento.
I fantasmi di Valter non sono soltanto spiriti desiderosi di tornare nell’aldilà; sono soprattutto le sue ossessioni profonde, umanissime debolezze che spesso si lasciano solo intuire e talvolta riaffiorano con violenza e senza controllo. Non a caso il grande nemico di Valter è l’uomo nero Bruno Cuper, uno psichiatra dai tanti nomi di insetto che si nutre delle altrui paure e desidera spingere i suoi pazienti oltre ogni limite.
Nella terza storia del lotto, Il giorno che verrà, disegnata da Andrea Rossetto, la vicenda di una vecchia stella ormai spenta di Cinecittà rappresenta l’occasione per riflettere sulle alternative che la vita ci pone davanti, sull’ansia del futuro e sulle conseguenze delle nostre scelte. Di nuovo, a proposito di futuro, torna in mente un parallelismo con Dylan Dog. Anche la storia del ritorno di Tiziano Sclavi sul personaggio, dal titolo Dopo un lungo silenzio, era una storia di fantasmi. In quel caso, però, i fantasmi interiori dei protagonisti – come l’alcolismo – erano ossessioni senza forma, sciocche illusioni da cui allontanarsi per ritrovare la salute e la guarigione. La copertina bianca dell’albo segnava un netto distacco dallo sguardo, dal potere mistificatorio dell’immagine. Non è così per il suo alter-ego Valter Buio; negli occhi di un fantasma dai poteri preveggenti, Valter assiste persino alla propria morte. Gli spiriti che riesce magicamente a vedere sono da lui ritratti attraverso il disegno. Grazie al suo sguardo, e al disegno che ne è emanazione, Valter riesce a prendere il controllo dei suoi fantasmi, a collocarli nello spazio e nel tempo.
Altro che “clone di Dylan Dog“: rispetto al punto di vista sclaviano, almeno a quello recente, siamo su un altro pianeta. Non è la paura ciò a cui si deve tendere o da cui fuggire, ma è la fine della paura ciò che interessa e che qui si racconta. Rappresentare i propri fantasmi, dare loro una forma, renderli concreti è l’unica strada che conosce Valter per accettare la realtà e per smettere di avere paura.
Valter Buio: Libro primo
di Alessandro Bilotta e disegnatori vari
Edizioni Star Comics, 2017
304 pp in b/n, 20,00 €