Nella ridda di uscite che Panini Comics sta programmando per coprire la storia editoriale di Pantera Nera, una particolare attenzione va dedicata al voluminoso tomo La Rana di Re Salomone. Il motivo è uno solo: Jack Kirby.
Black Panther fu uno dei titoli offerti da Stan Lee al Re, quando questi, dopo l’esaltante ma problematica esperienza maturata nell’antagonista DC Comics, fece ritorno in Marvel, strappando la possibilità di poter scrivere e disegnare in completa autonomia le proprie storie. Il personaggio era reduce da un “fallimentare” ma importante story arc in cui aveva dovuto fronteggiare il Ku Klux Klan. Le scarse vendite di Jungle Action – testata su cui erano ospitate le storie dell’eroe wakandiano – avevano impedito a McGregor di concludere l’arco narrativo. Da sovrano indiscusso, quando iniziò a lavorare sul personaggio, Kirby se ne infischiò letteralmente di tutto quello che il precedente team creativo aveva delineato e dell’approccio politicizzato e impegnato cucito sulla pelle di T’Challa.
Kirby gettò alle ortiche qualsiasi velleità politica, mostrandosi totalmente disinteressato alle potenziali aperture sociali offerte da un personaggio come Pantera Nera e gettandosi nella mischia con un fumetto di avventura. Ma l’approccio dell’autore rispondeva a un’esigenza di totale autonomia narrativa che lo condusse nello stesso periodo a gestire Capitan America infischiandosene tanto di quello che stava avvenendo nel Marvel Universe quanto delle basi della stessa mitologia che aveva contribuito in prima persona a creare. Kirby era interessato soltanto a spingere sull’acceleratore, assecondando i ritmi forsennati del contratto che aveva firmato, dedicandosi principalmente a due opere monumentali come The Eternals e la riduzione a fumetti di 2001: Odissea nello Spazio.
Tolto di mezzo il Ku Klux Klan, Kirby è libero di lanciare T’Challa nel cuore di un’avventura in compagnia di un comprimario creato ad hoc per l’occasione, Abner Little: sappiamo solo che i due sono alla ricerca di un manufatto ancestrale, la mitica Rana di Re Salomone. Il dispositivo narrativo di Kirby lavora già a pieno regime, immergendo il lettore in media res e stordendolo dopo la prima tavola con una doppia splash-page così ricca di particolari e di suspence che, nonostante la “ruggine” su qualche ingranaggio, ci si ritrova subito senza fiato.
La ricchezza di particolari stordisce, nonostante l’attenzione sia focalizzata sulla figura in prima piano e sul gesto veloce e rapace di Little Abner, che sfila dalla mano ancora calda di Mr.Queely l’artefatto di Re Salomone. La sequenza al fulmicotone che segue fa comprendere sin da subito il ritmo con cui la vicenda sarà condotta. Quello che si avverte è una tensione nervosa all’accumulo: a colpire non è ciò che Kirby sta raccontando, ma come lo sta raccontando. Nonostante cadute e stereotipi triti e ritriti – a volte al limite dell’offensivo – Kirby procede come un panzer: l’intento è quello di mettere su una storia che proceda come una bomba a orologeria. La lettura si snoda con ritmo costante, grazie all’utilizzo di un gabbia statica. Kirby si concede – quasi a ogni numero – una doppia splash page, in cui rallentare apparentemente il ritmo della lettura: infatti, l’accumulo di micro-eventi, di particolari e di dettagli costringono il lettore a perdersi nel tentativo di orientarsi tra le linee cinetiche.
Ma, al di là delle capacità narrative e dell’architettura delle tavole, nonostante possa essere considerata un’opera minore Black Panther è, nel contempo, un tassello importante per comprendere le fonti a cui attingeva il genio di Kirby. Il manufatto al centro del primo story arc è una semplice rana di ottone, che allo sguardo più attento rivela strani ingranaggi memori degli studi che Kirby aveva sicuramente condotto sulla ceramica tradizionale del Centro e Sud America. Nello specifico, sono ravvisabili vicinanze cromatiche e decorative alle scuole di ceramica artigianale di Tonalá e di Talavera.
I motivi floreali e geometrici dai colori sgargianti diventano parte integrante dell’estetica kyrbiana. Nella costruzione di mondi in cui la dimensione arcaica si sovrappone a quella iper-tecnologica e avveniristica, l’alterità viene sottolineata attingendo a un’arte volutamente originale ed eccentrica: gli ambienti della tomba di Re Salomone in cui T’Challa e Little Abner si smarriscono sono costruiti con l’intento di restituire lo stordimento provato dai due. Il gusto per l’eccesso e i contrasti cromatici attingono tanto all’arte pre-colombiana quanto a quella degli Indiani d’America, soprattutto per il gusto all’ornamento. Potremmo dire che Jack Kirby esprime con questo eccesso ornamentale una precisa volontà estetica verso l’inorganico.
Il primato dell’inorganico si ha, a detta di Alois Riegl, nell’arte egizia, laddove viene conferita maggiore importanza a elementi come il contorno, la linea, la continuità della superficie. Un’arte che lo storico dell’estetica definisce “tattile”, contrapponendolo alla precisa volontà illusionistica dell’arte romana tardo-antica. Riegl ci dà un’indicazione ben precisa: nell’arte egizia, infatti, vi è in atto una tendenza verso l’ornamento, che si riflette in un superamento della forma. Più preciso è invece lo storico dell’arte Wilhelm Worringer che, inseguendo l’idea di stile, trova nel gotico un’esperienza originaria, in cui la “meccanica vivente” delle figure supera la vita organica donando una forza infinita alla pietra. Ora, l’immaginario gotico sembrerebbe quanto di più lontano dall’estetica di Kirby, ma in realtà è quanto più vicino alla forza tellurica delle sua arte. Figure attraversate da un dinamismo infinito ma pesanti come macigni occupano il centro gravitazionale delle sue tavole.
Ma non finisce qui, le stesse sono costellate da elementi ornamentali costanti e ricorrenti. L’esempio più eloquente si può osservare nelle tecnologie aliene o nelle strane apparecchiature messe a punto da Reed Richard, che collimano verso le dream machine in cui Kirby lasciava fluire libera la propria immaginazione pittorica, fondendo pop-art, suprematismo e arte meccanica fururista: la resa è sempre più diretta verso una volontà di stupore e annichilimento, che ha esiti non lontani dal costruttivismo russo, soprattutto quando le forze in campo evadono l’orizzonte dell’organico per inoltrarsi nella nuova mitologia del Quarto Mondo o degli Eterni.
Tutto ciò tradisce un interesse anarchico e profondo verso stilemi diversi e quasi antitetici. Su un corpo profondamente pop e modernista, il disegnatore impianta motivi ornamentali di matrice amerinda. Non è un caso che alcuni studi risalenti al 1969 per i costumi di scena del Giulio Cesare allestito dall’University Theatre Company di Santa Cruz anticipino tanto i costumi degli Eterni, quanto quello della Principessa Zanda.
L’apporto di Kirby alla testata dedicata a T’challa, purtroppo, si concluse ben presto. Scontento di lavorare su un personaggio a cui aveva già abbondantemente contribuito, con il numero 13 il disegnatore lasciò una testata, già in odore di chiusura. Jim Shooter, allora caporedattore della casa editrice, – pur avendo deciso di sopprimere la testata – curò con Ed Hennigan e Jerry Bingham la conclusione dello scontro tra Pantera Nera e Kiber, villain creato ad hoc da Kirby, per non ripetere quanto successo in precedenza. Infatti, la chiusura dell’antologica Jungle Action che ospitava le avventure del personaggio, aveva lasciato incompiuta la saga con Pantera contro il Ku Klux Klan.
Nel volume trovano spazio anche le storie curate da Hennigan e Birgham, che riprendono la saga e la concludono, per la felicità dei fan. Certo, nonostante la tensione morale di queste storie, la versione più scanzonata e leggera di Kirby rappresenta il motivo principale per leggere le storie raccolte nel tomo dedicato alla Pantera. La forza, la magniloquenza, la scrittura leggera e cinetica del Re – con tutti i limiti dovuti ad una scrittura di per se stessa datata e fin troppo anarchica – permettono un salto direttamente nel cuore della sua fucina, ma anche in un modo di pensare il fumetto ormai dismesso. Un approccio che Kirby contribuì in prima persona a creare e a diffondere, prima di allontanarsi definitivamente dalla grande industria delle idee disegnate. Un ultimo disperato tentativo il suo, di condurre il fumetto verso altri territori, un atto incompiuto di profondo amore.
Pantera Nera: La Rana di Re Salomone
di Jack Kirby e Aa.Vv.
traduzione di Fabio Gamberini
Panini Comics, 2016
336 pagine, 29,90 €