In molti, nella nostra vita di lettori, abbiamo avuto un momento in cui Joe R. Lansdale ci sembrava il più grande scrittore che mai avesse prestato la sua penna alla narrazione. Affabulati dai suoi dialoghi così ficcanti, dalle scazzottate sanguigne e dai personaggi pittoreschi, ci eravamo quasi persuasi che il Texas orientale non fosse poi così male.
Per ogni burino ignorante, pronto a scattare alla minima provocazione, pareva ce ne fossero almeno un paio ben consci di come un vero uomo, nell’accezione più stelle-e-strisce che vi possa passare per la testa, si dovesse comportare. Per ogni sottile linea scura c’erano almeno una copia di Hap & Leonard a rimettere le cose a posto e a fomentarci come solo i veri (anti)eroi sanno fare.
Ecco, l’autore di Men Of Wrath Jason Aaron dal canto suo pare invece seriamente intenzionato a convincerci di come gli Stati Uniti – da una certa latitudine in giù – siano una sorta di inferno umido e malarico dove non augurerebbe a nessuno di passarci anche solo una notte. E a dirlo non sono io, ma uno nato e cresciuto in Alabama da una famiglia con radici ben piantate nella tradizione sudista da almeno cinque generazioni a questa parte.
Da Scalped, passando per il pluripremiato Southern Bastards e arrivando fino a questo Men of Wrath, pare che farsi una passeggiata per la Sun Belt senza rischiare una fucilata caricata a pallettoni nella schiena sia impossibile. Se grandi interpreti del noir come James Ellroy o Michael Mann si dicono totalmente dipendenti da Los Angeles per poter interpretare al meglio storie di criminalità e vite spezzate, Aaron non riesce proprio a immaginarsele senza mangrovie, campi di mais e pick-up infangati. Questione di background e, conseguentemente, di credibilità. Deve essere proprio il crescere in mezzo a certe situazioni, odori e stili di vita a rendere lo scrittore tanto abile nel tratteggiare e rendere pulsanti cliché ormai familiari a tutti grazie a opere come Non aprite quelle porta o Un tranquillo week-end di paura.
In questo senso Men of Wrath è una sorta di Sympathy for Mr. Vengeance in chiave confederata. Come nel film sud-coreano violenza e vendetta portano solo ad altra violenza e ad altre vendette. Senza possibilità di variazioni sul tema. Tralasciando il pretestuoso sotteso religioso, utile solo a dare spunto alla notevole copertina del volume, quello che rimane è un noir senza pietà, redenzione o voglia di essere qualcosa di più profondo di un continuo spargimento di cadaveri. Lo dice lo stesso Aaron nella prefazione, indicando Men of Wrath come il suo lavoro più cattivo e sgradevole. E vi assicuro che se l’intenzione era quella, ci è riuscito benissimo.
La vera sorpresa del volume è un Ron Garney per la prima volta privo del giogo della Marvel (pur rimanendo in territori Icon). Anche se si tratta di un veterano con centinaia di pagine alle spalle questa rappresenta la sua prima escursione in territori da co-creatore. Scegliendo per di più di battere una strada molto diversa da quelle che avrebbe potuto intraprendere alla luce della sua carriera fino a ora. Passare dagli X-Men e Capitan America a una serie da Vertigo come Men of Wrath non è roba da tutti. E infatti non si risparmia in nessun modo. La regia è quella che ci sia aspetterebbe – quadrata e lineare come il cinema di Walter Hill e tesa come la mascella di Clint Eastwood dei bei tempi andati – mentre i tratti si fanno più spigolosi e duri rispetto a quelli a cui ci ha abituato.
Ogni pagina pare si voglia chiudere con un’uscita a effetto, e il disegnatore enfatizza il ritmo con i metodo più solidi tra tutti quelli messi a disposizione dal fumetto: aperture repentine dell’inquadratura – atte a chiarire in maniera inequivocabile dove si stia andando a parare – o drammatici close-up. Sopratutto in questo secondo caso il soggetto preferito del disegnatore paiono essere occhi e sguardi laceranti dal dolore. Una scelta semplice ma funzionale, rafforzata dal suo reiterarsi quasi ossessivo.
A tratti pare che la ricerca di un’estetica alla Sean Phillips sia eccessiva, ma è una cosa quasi inevitabile quando si parla di crime a fumetti di estrazione realistica. Le vignette scandiscono in maniera perfetta l’azione, prendendosi il rischio di risultare pedanti piuttosto che in preda a qualche svolazzo frivolo e fuori posto. L’unica eccezione alla regola sono giusto un paio di griglie oblique messe a enfatizzare il caos di una sparatoria all’interno del terzo numero. Ma si tratta della classica eccezione a conferma della regola.
Men of Wrath risulta profondamente americano anche in questo senso, evitando per una volta la spettacolarità a tutti i costi di tante uscite contemporanee e preferendogli una solidità legata a certa narrazione di genere ormai in via di estinzione. In questo senso il volume potrebbe sembrare poca roba, privo di respiro com’è, ma la sensazione rimane quella di una scelta voluta e ben radicata nella tradizione.
Men of wrath – I figli dell’ira
di Jason Aaron e Ron Garney
Traduzione di Andrea Toscani
Panini Comics, 2016
144 pagine, 15,00 €