Alzi la mano chi ha paura del cambiamento. Il cambiamento, soprattutto in ambito artistico, non è visto di buon occhio. Quando il tuo lavoro funziona perché impelagarsi in un progetto in cui puoi rischiare tutto e tutti? Così, in molti casi, quell’ardire sperimentale che è un po’ il fuoco dell’atto creativo si spegne, muore e si congela in una reiterazione di meccanismi conosciuti. Ottimi, oliati, senza una piega ma talvolta senza cuore.
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In Appuntamento a Phoenix, nuovo lavoro di Tony Sandoval c’è molta voglia di cambiare. Sia nella storia che racconta, sia nell’opera in sé, che si distanzia da quanto fatto finora da Sandoval. Appuntamento a Phoenix mette in scena la storia del suo autore e di quando, per amore e per il proprio futuro, decide di attraversare il confine Messico-USA illegalmente, una volta esaurite le opzioni di un passaggio autorizzato. La scelta del protagonista/autore è innanzitutto dettata dalla passione: l’amore per una bella ragazza e l’impossibilità di passare la vita insieme lo portano a una drastica decisione. Il vero giustificativo è però rappresentato dal desiderio di poter realizzare il proprio sogno di fumettista, che sogno potrebbe restare nel piccolo paese messicano. Le due colonne portanti della passione (amore e fumetto) spingono Tony a rischiare addirittura la propria vita, fra contrabbandieri, narcotrafficanti e delinquenti di varia natura.
Seguo il percorso autoriale di Sandoval da un po’. Lo trovo un disegnatore straordinario, tra i più virtuosi e particolari della sua generazione. Ma ho sempre avuto dubbi sul suo ruolo di scrittore, dubbi parzialmente mitigati dagli ultimissimi lavori (quella sorta di dittico fantasy/adolescenziale rappresentato da Mille Tempeste e Watersnakes). Tuttavia, Appuntamento a Phoenix segna un passo indietro nella sua produzione: la fascinazione per l’aspetto grafico e stilistico è smorzata dall’assenza di quella potenza favolistica che nelle sue tavole deflagra in stupore vero.
Il realismo che contraddistingue inevitabilmente Appuntamento a Phoenix finisce per diventare un’arma a doppio taglio, un effetto boomerang che intiepidisce il risultato finale dell’opera. Questo per diversi motivi: innanzitutto, il segno grafico perde quel potere fascinatorio che invece mi aveva impressionato positivamente nei lavori più recenti, privo com’è del fattore fantasy e quindi di quella dimensione onirica che permette a Sandoval di spaziare in lidi visivi magnificenti.
È però nel cuore narrativo che il fumetto rivela tutte le sue debolezze: Sandoval fa un passo importante nella sua carriera, sceglie di raccontare se stesso e un momento importante della sua vita. Questa scelta implica sempre che, ai fini della qualità finale, l’autore debba immergersi nella storia in senso assoluto, senza mezzi termini – Tom Hart, per esempio, lo ha fatto (in un contesto completamente diverso e poco paragonabile) con il notevole Rosalie Lightning.
Sandoval ha quindi voluto raccontare la sua drammatica esperienza – e così quella di molti altri – di clandestino, ma lo ha fatto con un buonismo e una titubanza che sono il peccato primo di Appuntamento a Phoenix: le situazioni di degrado e di povertà che spingono una famiglia o un singolo individuo a cambiare paese, lo spaesamento nel trovarsi in una nuova realtà, gli orrori degli stupri e dei furti e della violenza che questo viaggio letteralmente di passaggio comporta sono narrati con una semplicità, un’edulcorazione che impediscono all’opera di assumere una dimensione realmente drammatica, perdendo così d’intensità. Il tono stesso sembra quasi essere destinato a un pubblico più giovane che però difficilmente potrebbe sensibilizzarsi su un argomento così specifico.
La scelta di porsi a metà diventa quindi un’occasione mancata: la diretta testimonianza di un’artista che, in quel contesto e in quel momento, è entrato in contatto con vite e realtà umanamente vivide poteva essere l’occasione per mettere in scena una tragedia umana e sociale di sicuro interesse. Credo che questo abbia a che fare con l’approccio di Sandoval al suo mondo artistico e autoriale, di solito incentrato sull’analisi (in forme e modi sempre diversi) del passaggio dall’infanzia all’adolescenza e infine all’età adulta. Ma questo contenitore, per una storia autobiografica come Appuntamento a Phoenix, stride con tutte le sue componenti e perde forza a ogni pagina.
Da apprezzare il gesto, il tentativo di distaccarsi da un percorso ormai ben conosciuto (il famoso cambiamento di cui si accennava all’inizio), ma da rivedere tutto il resto. Nella speranza che questa opera sia un primo passo (falso) per qualcosa di più importante.
Appuntamento a Phoenix
di Tony Sandoval
Tunué, 2016
80 pagine, 16,90 €