Immaginate un sequel per il romanzo La guerra dei mondi di Herbert George Wells. Quale trama vi piacerebbe? Un omaggio al romanzo originale, in cui gli alieni, che hanno imparato a resistere alle malattie e invadono di nuovo la Terra nel 1920, concentrando ancora i loro sforzi sulla Gran Bretagna? Un film prodotto dalla Asylum che scimmiotta Indipendence Day ma con effetti speciali al livello di Mork & Mindy? Un film apocalittico in cui finalmente Tom Cruise ci lascia la pelle? O non preferireste, piuttosto, una storia alla Conan il Barbaro?
Science fiction o heroic fantasy?
Il barbaro creato da Robert E. Howard è fondamentale nella carriera di Roy Thomas, sceneggiatore e braccio destro di Stan Lee, che nel 1970 aveva convinto la Marvel a acquisirne i costosissimi diritti. In breve tempo la serie scalò le classifiche e divenne una delle testate principali della Casa delle Idee. Conan the Barbarian lanciò nel fumetto la moda dello “sword and sorcery”, o “heroic fantasy”, quel sottogenere del fantasy che ha per protagonista un eroe forzuto che combatte mostri, stregoni e creature sovrannaturali. Nei soli anni Settanta a Conan vennero dedicate altre tre serie, tra cui la celebre Savage Sword of Conan, affiancate da serie dedicate ad altri barbari, cimmeri e affini, come Thongor o Red Sonja. In sostanza, se abbiamo questa scena lo dobbiamo anche a Roy Thomas.
Sul numero 18 della testata antologica Amazing Adventures, che fino ad allora aveva presentato le avventure di Inumani, Vedova Nera e Bestia (non esattamente un best seller…), Thomas lanciò una nuova serie, “War of the Worlds”, ispirata al romanzo di Wells.
Nel 2001, cento anni dopo la prima invasione, i marziani invadono nuovamente la Terra, ma stavolta sono preparati a resistere alle malattie terrestri e conquistano il pianeta. Flora e fauna aliene si diffondono, generando mostruosità. Gli umani vengono sterminati o resi schiavi, qualcuno viene mutato in creature mostruose, a tutti viene cancellato il ricordo della civiltà terrestre passata. Alcuni bambini vengono catturati e allevati dai conquistatori per farne dei gladiatori, e tra di loro il migliore è Jonathan Raven, nome di battaglia Killraven, addestrato nel combattimento con armi da fuoco, arco e, soprattutto, spada. Inutile dire che Killraven si libererà dalla prigionia e guiderà un gruppo di ribelli composto da ex gladiatori e scienziati disertori.
Le avventure di Killraven sono strutturate esattamente come quelle di Conan il Barbaro. L’eroe vaga per il mondo in compagnia di un pugno di compagni e in ogni episodio incappa in una nuova minaccia da sconfiggere: creature mostruose, gruppi di umani ostili, trappole preparate dai suoi nemici. La tecnologia prende sì il posto della magia, ma è una tecnologia per nulla approfondita e talmente innaturale e potente da essere diversa dai sortilegi solo di nome. Nella pratica, non c’è differenza tra un licantropo ‘per maledizione’ e un uomo in grado di trasformarsi in lupo per una mutazione genetica. Cosa importa se i serpenti giganti sono famigli magici di Thulsa Doom o una razza proveniente da Marte, quando muoiono allo stesso modo sotto la spada dell’eroe?
Mano a mano che la serie prosegue, le vestigia fantascientifiche del romanzo di Wells scemano sempre più, e i tripodi – i mezzi da battaglia alieni, autentiche icone della Guerra dei mondi – si vedono sempre meno, lasciando il posto all’esplorazione del mondo devastato e sempre più stupefacente.
Due autori fuori dagli schemi
Le vicende di Killraven hanno visto alternarsi numerosi autori. Gerry Conway, incaricato di sviluppare l’idea di Roy Thomas, lascerà presto il posto a Marv Wolfman, mentre già sul quarto numero, Amazing Adventures 21, farà il suo esordio lo sceneggiatore più longevo della serie, Don McGregor. Anche i disegnatori si susseguono: Neal Adams, Howard Chaykin, Herb Trimpe, Rich Buckler, Gene Colan. Ma gli episodi migliori sono quelli opera di Philip Craig Russell (Amazing Adventures #27-37). È dunque l’accoppiata McGregor/Russell a dare la versione definitiva del personaggio.
Don McGregor era un redattore e sceneggiatore della Marvel, “abbonato” alle testate minori. Non troverete mai una storia di Spider-Man o dei Fantastici Quattro scritta da lui, ma probabilmente non gli sarebbe nemmeno interessato scriverla. McGregor è uno degli autori che hanno più insistito su tematiche politiche e sociali all’interno del mainstream Marvel negli anni Settanta, lavorando proprio su quelle testate minori meno monitorate dai censori. Ad esempio, nel suo importante ciclo di Pantera Nera, contemporaneo a quello di Killraven, ebbe l’occasione di mettere a tema questioni come il divorzio, di mostrare una storia d’amore omosessuale e, soprattutto, di attaccare il Ku Klux Klan puntando il dito contro il razzismo della società americana attraverso un fumetto di avventura per ragazzi, cosa piuttosto incredibile per l’epoca. Anche le storie di Killraven possiedono quella carica eversiva, mostrando quello che probabilmente è il primo bacio interrazziale della storia dei comics e, ancora, parlando di ecologia, uguaglianza, libertà, razzismo.
Ancora più che nel ciclo di Pantera Nera, in queste storie McGregor abbonda di testo all’interno delle didascalie. La voce narrante segue la storia e i protagonisti, ce li svela, rallentando il ritmo di quello che leggiamo. Attraverso testi dal registro piuttosto poetico e lirico, lo sceneggiatore e i suoi personaggi si interrogano sul mondo, sulla vita, sulla morte, sull’amicizia, in un modo assai raro nei fumetti di quel periodo. Ancora una volta siamo più nel regno del fantasy che in quello della fantascienza, dove il narratore non si limita a raccontarci una storia, ma ci mette davanti a una vicenda antica, universale ed eterna, dai toni solenni.
L’apporto di Philip Craig Russell, poco più che esordiente, è fondamentale in questo senso. Le sue matite raffinate smorzano la violenza degli scenari in cui gli eroi si muovono, trasformando le fortezze aliene in castelli di fiaba e le scene di lotta in spettacolari coreografie. Un altro autore Marvel avrebbe probabilmente disegnato immagini molto più dinamiche, prospettive più azzardate. Lui invece impara da John Buscema l’arte di mostrare personaggi statuari, immobili e al tempo stesso potenti nei loro gesti, e vi unisce un segno quasi liberty, ricco, decorativo, che a volte rischia di cadere nel kitsch, ma che esprime il meglio quando rappresenta paesaggi alieni e scene oniriche.
L’ultima storia di Killraven
Amazing Adventures chiuse con il numero 39 nel novembre del 1976. Rimanevano moltissime trame aperte dai numeri precedenti e la saga necessitava di un finale degno. Fu così che nel 1983 McGregor e Russell furono richiamati sul personaggio. Il risultato del loro lavoro fu Marvel Graphic Novel #7, ovvero la storia contenuta nel volume pubblicato di recente da Panini.
Gli autori avevano due obiettivi: chiudere tutte le trame e, al contempo, realizzare un prodotto godibile anche per chi non avesse seguito le storie originali. Li raggiunsero entrambi, ma al prezzo di sacrificare molto del tono epico che aveva caratterizzato la serie. Mc Gregor fu costretto, infatti, a inserire troppi contenuti nelle pagine che aveva a disposizione, rinunciando al ritmo che aveva caratterizzato le storie precedenti. Inoltre, chi leggesse soltanto questo volume, avrebbe la – correttissima – impressione che gli mancasse qualcosa per capirlo appieno. Non bastano l’introduzione redazionale né le schede dei personaggi né gli “spiegoni” inseriti nelle prime pagine a restituire la complessità di caratteri e di rapporti che si era sviluppata in oltre quattrocento pagine precedenti.
Per fortuna McGregor era affiancato da un disegnatore fuoriclasse, che approfittò del formato extralarge (già all’epoca negli Stati Uniti la storia fu pubblicata in volume cartonato ‘alla francese’, solo leggermente più piccolo dell’edizione Panini) per disegnare tavole magnifiche. Le molte splash page, e soprattutto le grandi vignette dedicate spesso ai primi piani di Killraven, rappresentato con la bellezza apollinea di un dio greco, aiutano a rallentare il ritmo serrato della narrazione e a far riemergere la grandiosità dell’eroe, cristallizzandone i momenti salienti. Russell ricorre anche all’uso di collage, tecnica introdotta in Marvel da Kirby soprattutto per rappresentare mondi alieni surreali. Una soluzione utilizzata qui in modo perfettamente funzionale al racconto e al suo ritmo: quando Killraven accede all’improvviso ai ricordi collettivi di quello che è stata la civiltà umana prima dell’assalto alieno, la sua mente viene bombardata da una quantità ingestibile di informazioni. Allo stesso modo il lettore si trova davanti a pagine intere di collage, accompagnate da un testo surreale, in cui, fuse tra di loro, si possono distinguere molte delle icone della civiltà occidentale, da Gesù Cristo a Napoleone, da Kennedy a Marilyn Monroe a monumenti, automobili, aeroplani.
Una ristampa emotiva
Dopo il graphic novel, Killraven è scomparso dall’universo Marvel, tranne che per qualche comparsata negli ultimi anni. Le sue avventure non sono mai state ristampate se non in un Essential di Amazing Adventures in bianco e nero.
Per questa edizione, Panini ha dovuto lavorare a partire dagli impianti originali, digitalizzandoli, lavoro che normalmente può evitare traducendo volumi già pubblicati negli USA, come i vari Omnibus e Masterworks. Questo grande impegno per pubblicare Killraven non è dovuto tanto alla qualità del volume, quanto all’importanza che ha nella storia della casa editrice, o meglio, del suo direttore editoriale Marco M. Lupoi. Come racconta approfonditamente in prefazione e postfazione, il graphic novel di Killraven è stato il primo progetto che Lupoi seguì per la Labor, la casa editrice che nel 1985 ricominciò a pubblicare fumetti Marvel dopo la chiusura dell’Editoriale Corno. L’introduzione al volume non fu solo il primo articolo di argomento fumettistico pagato a Lupoi, ma anche l’inizio del suo modo “scientifico” di pubblicare i supereroi in Italia, fatto di rispetto per la continuity, cura nell’apparato critico e grande attenzione alle traduzioni.
Purtroppo non possiamo aspettarci che Panini metta lo stesso sforzo per ripubblicare le storie di Killraven da Amazing Adventures, (visto che la loro prima edizione non aveva coinvolto direttamente Lupoi, oggi direttore editoriale di Panini Comics).
I completisti, i curiosi, gli appassionati del sottogenere “fumetti Marvel che nessuno conosce” potranno sempre sperare che Marvel dia alle stampe un’edizione integrale e che Panini la traduca. Oppure, potranno divertirsi a recuperare, tra eBay e mercatini, i numeri dal 34 al 43 di Conan e Kazar e I Fantastici Quattro dal 194 al 223 in gloriosa edizione Corno.
Quel che possiamo leggere per ora, comunque, resta uno splendido ciclo di una serie ‘minore’ che contiene limiti e pregi esemplari della migliore serialità industriale del fumetto supereroistico.
Killraven, il guerriero dei mondi
Di Don McGregor e P.G. Russell
Panini Comics, 2016
80 pagine, 15.00 €