Uno dei più importanti fumetti di Batman, Arkham Asylum, compie venticinque anni di vita sul suolo italico. Pubblicata originariamente nel 1989 (da noi nel 1991), l’opera di Grant Morrison e Dave McKean ha lasciato una traccia indelebile sul personaggio dell’Uomo Pipistrello, fornendo spunti a film e videogiochi (Batman Begins e la saga videoludica di Batman: Arkham su tutti).
I loro autori però non ne sono altrettanto convinti. In particolare Dave McKean, che ha già espresso il suo disinteresse verso l’opera in varie occasioni. A Bookslut, nel 2010, disse: «Ero molto frustato, avevo fatto un fumetto di cui mi vergognavo, Black Orchid, e uno venuto meglio dal punto di vista illustrativo, solo che non lo ritenevo buono abbastanza, Arkham Asylum. Erano lavori che avevano avuto un buon successo commerciale, ma creativamente erano, be’, frustranti».
Parlando con il Comics Journal nel 1995, lo stesso Morrison ammise che avrebbe preferito vedere Brian Bolland ai disegni per dare una patina supereroica agli interni orrifici delle ambientazioni e una dimensione concreta ai testi, mentre l’ulteriore astrazione di McKean competeva con il sistema simbolico di Morrison.
In una recente intervista con il sito spagnolo Yorokobu, l’illustratore ha spiegato cosa non lo ha mai convinto della sua partecipazione al progetto: «Ci sono due cose che dovrebbero essere prese in considerazione nel mio lavoro su Batman. Uno è l’effetto che il libro ha avuto su lettori e illustratori. Si tratta di un albo che ha ispirato e fatto riflettere altri autori, che magari sono anche più ambiziosi nei loro approcci artistici, il che è fantastico. Un’altra cosa è il significato di questo libro per me. Nonostante tutte le buone cose che ha, la realtà è che si fonda sulla figura di un supereroe. Per me i supereroi sono animazione per bambini. Sono nati durante la Seconda guerra mondiale e hanno fatto un grande lavoro di propaganda». McKean ammette di credere poco nel genere supereroistico, reo di avere «un impatto largamente distruttivo sulla nostra cultura».
«Penso anche che tutta questa fantasia e questi approcci semplicistici siano strettamente correlati al successo di personaggi come Donald Trump. Non sono orgoglioso di aver partecipato all’infantilizzazione della cultura dei fumetti. L’attuale scena fumettistica è infinitamente più ricca e complessa, copre tutti i tipi di argomenti e non si preoccupa di ciò che un fumetto dovrebbe o non dovrebbe essere. Vorrei incoraggiare le persone a esplorare quel territorio, ad esempio per scoprire Lorenzo Mattotti, che per me è uno dei migliori fumettisti della storia.»
Il fumetto come espressione di impegno civile per McKean dovrebbe essere «una cosa che non può essere incanalata attraverso dichiarazioni politiche esplicite. Per come la vedo io è molto simile a quando sei su un aereo e scendono le maschere d’ossigeno. Prima indossi la tua, poi aiuti gli altri. Credo che l’obbligo del lavoro creativo sia di mettere la tua maschera prima, capire quali sono le tue esigenze e come queste interagiscono con il resto del mondo».
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