Chi ha vissuto la nascita di Image Comics nei primi anni Novanta si ricorderà bene – cosa piuttosto paradossale, vista l’inutilità del personaggio – del Prophet di Rob Liefeld.
Bombardati come si era, in quegli anni, da un nuovo mainstream (grafico) fondato su anatomie disastrose, colori digitali, splash page inutili, assenza cronica di sceneggiature e cloni-di-copiature-di-plagi, non era facile rendersi conto di che fregatura si stava prendendo. Eravamo convinti di avere tra le mani il non plus ultra del fumetto mondiale. Dopo tutto c’erano brutali antieroi, enormi tette antigravità, pistoloni e un sacco di variant cover. Cosa chiedere di più? Direi un sacco, visto che adesso nessuno osa più infilare nella sua libreria i trade paperback di quegli anni. Probabilmente se ne stanno – al pari dei miei – ben rinchiusi in scatoloni ammassati in soffitta.
E se il tempo non è stato gentiluomo con le uscite di quella mandata, a Prophet andò davvero male (diciamo al pari di certe uscite Aspen Comics, altro frutto degenere di quegli anni). A rivederlo oggi non si può che provare un minimo di imbarazzo per averlo (forse) apprezzato a suo tempo. Bizzarra scelta, quindi, quella della Image: un rilancio. Come ricavare del buono da una simile accozzaglia di stereotipi e cattivo gusto? Non ci sono molte scappatoie: facendo tabula rasa.
Nonostante la numerazione degli episodi prosegua, con malcelata nonchalance, quella della run originale, il nuovo Prophet non ha davvero nulla da spartire della sua prima incarnazione. Immaginatevi un incrocio tra il Biomega di Tsutomu Nihei e il Prison Pit di Johnny Ryan, il tutto annaffiato con abbondanti dosi di influenze europee. Una serie spesso incomprensibile, surreale, a volte suggestiva, a tratti solo irritante nella sua ricerca continua della soluzione più bislacca.
Nonostante dopo pochi episodi sia finita tra le serie candidate agli Eisner Awards, dubito che il grande pubblico vi si getterà in massa. Il suo (ri)creatore Brandon Graham ha evidentemente deciso di scommettere su quello che è, a tutti gli effetti, il suo primo lavoro mainstream. Ma per realizzare il quale ha portato con sé tutto il proprio bagaglio culturale – e occasionalmente le stratosferiche matite – acquisito in anni di fumetto erotico e alternativo.
Non bisogna essere indovini per capire che sono ben poche le probabilità di incontrare Graham, in futuro, al timone dei Vendicatori. La sua voglia di portare realmente lontano il lettore non potrebbe soffrire i vincoli di un universo fortemente ratificato come quello Marvel o DC. Meglio quindi concentrarsi sulle nuove avventure di un supersoldato (uno delle decine di supersoldati creati da Rob Liefeld) e costruirci attorno un’epica che tenta in ogni modo la via della novità.
A essere onesti, non possiamo dire che il risultato sia sempre all’altezza. Ma non possiamo nemmeno dimenticare che non si vedono spesso, fumetti fatti così: narrati unicamente con didascalie; il cui protagonista non si fa problemi a nutrirsi di umani (seppur allevati in fattoria); con l’eroe che a un certo punto muta in decine di cloni; e dove pare non ci sia limite al disgusto provocato dai comprimari.
Se alla defunta etichetta di art-comics Picturebox avessero apprezzato i fumetti per lettori nerd, probabilmente se ne sarebbero usciti con questo Prophet. E invece il logo in copertina è quello della stessa casa editrice che vent’anni fa ci stordiva a forza di testosterone ed esagerazioni a ogni costo. I tempi cambiano, i fumetti – per fortuna – pure.
Il 27 marzo, Panini Comics pubblicherà il primo volume della nuova serie scritta da Brandon Graham. Qui, in anteprima, vi presentiamo 7 tavole.