Emigrania – I fiori del male è un libro illustrato realizzato da Alessandro Cripsta e Daniele Bonaiuti, pubblicato a fine 2019 da BeccoGiallo con il sostegno di Refugees Welcome Italia (associazione che promuove l’accoglienza in famiglia di persone rifugiate per facilitarne l’inclusione sociale e contrastare pregiudizi e stereotipi). Il libro racconta la storia del migrante Moussa secondo i racconti dei due giovani milanesi che lo hanno ospitato a casa propria.
Alieni
*di Makkox
Questa prefazione parla di un’invasione aliena.
Negli ultimi anni ho realizzato molti tweet, e vignette, e cartoon-da-un-minuto sulla situazione dei migranti africani che arrivano qui via mare. Non ricordo di averne realizzati su quelli che arrivano via terra, o per altre vie. Motivo è che la notizia, nei tg, sui giornali, la fanno loro: i barconi, i gommoni, Lampedusa, gli sbarchi, i porti aperti, i porti chiusi, le ONG olandesi e tedesche, gli scafisti libici e la guardia costiera libica (valli a distinguere), la guardia costiera nostra, un ministro che dice: i naufraghi non sbarcano in Italia fino a Natale, l’altro ministro che dice: confischiamo le navi alle ONG (già dette taxi-del-mare in una precedente uscita), verdumaie romanesche che suggeriscono di affondare le navi, quelli che calano al porto in massa per testimoniare la vicinanza ai migranti naufraghi e a chi li aiuta, quegli altri che calano al porto in massa per augurare alla capitana della ONG, che è sbarcata assai prima di Natale nel porto chiuso, di venire stuprata dai negri come la Boldrini (nel senso di: come lo augurano anche alla Boldrini), e via e via e via tutto questo enorme marasma che monopolizza il discorso pubblico, motiva, dicevo, il fatto che io poi realizzi dei tweet, delle vignette e dei brevi cartoon, da un minuto e mezzo al massimo, su questo aspetto marittimo del fenomeno migratorio trattato come se ci stessero invadendo gli alieni.
Ma non è questa l’invasione aliena a cui mi riferivo. Quindi, ricapitolando, io dico la mia su questa faccenda dei migranti marini, tweet, vignette, cartoon, e poi vado a dormire. O gioco alla play. O guardo un film. O vado a fare un giro in moto, così, per relax. E per me è chiusa lì. Mai che abbia indirizzato la mia moto verso Lampedusa, o verso un CARA, uno SPRAR, un CPR, un CAS, per dire, o verso i luoghi dove associazioni danno assistenza ai ragazzi, alle donne e ai bambini che arrivano dal mare e poi non sanno dove andare a sbattere la testa, né dove dormire, né cosa mangiare, né come organizzarsi un minimo il percorso di questa nuova vita.
No. Mai salito volontario su una nave ONG. Mai incontrato un vero naufrago migrante sapendo per certo che lo fosse. Magari lo era, quel ragazzo di colore che mi ha chiesto se mi servissero dei calzini e a cui io ho risposto no, non uso i calzini. Ecco, magari quello era il naufrago migrante che tante volte ho raffigurato a bordo di un gommone col sottofondo di una musica struggente in uno dei miei cartoon da un minuto e mezzo. Magari era lui. Ma boh, non l’ho riconosciuto, non me lo sono chiesto al momento, no grazie, non uso i calzini.
Questo è. Lo so. Non m’illudo di fare chissà che per i naufraghi migranti, né per nessuno che sia in difficoltà. Ma questo è quello che riesco a fare. Anzi: questo è quello che posso fare. Perché, diciamocelo, quelli che si spendono in prima persona per i migranti e i deboli, sono diversi da me. Antropologicamente diversi. Biologicamente diversi. Alieni inconoscibili. Non ho idea da dove saltino fuori quei tipi lì. Escono dalle fottute pareti, ma non di casa mia. Di un altro pianeta, forse. Nessuno dei miei amici più stretti farebbe quello che fanno loro. Siamo solo normali terrestri, noi. Non è che non vogliamo impegnarci in prima persona, è che non possiamo. Non abbiamo quell’organo lì, dell’empatia concreta. Soffocheremmo se provassimo a impegnarci coi nostri corpi. Noi siamo dotati solo di un piccolo osso dell’indignazione virtuale. Un ossicino utile al massimo per twittare, o per fare dei disegnini. Se lo sforzi oltre, si rompe. Sinceramente: quanti conosco, dotati solo di quell’ossicino, che si siano spesi materialmente per…
Due!
Porcaputtana, ne conosco personalmente due! A rompermi le certezze nel paniere, un giorno di qualche mese fa, dal nulla esce fuori che questi due miei amici, Daniele e Valentina, che perdipiù non hanno mai spaccato il cazzo a nessuno con tweet e vignette e cartoon-da-un-minuto sulla questione dei naufraghi migranti, e che giocano alla play come me, e che non usano calzini come me, hanno chiesto a Refugees Welcome Italia come potessero dare una mano concretamente. E non intendo comprando quei cazzo di calzini. No. Loro, per sei mesi, hanno ospitato, nella loro casetta minima, che conosco bene, un rifugiato proveniente dalla Costa D’Avorio. Un ragazzo di 31 anni di nome Moussa. Uno reale, che fa cubatura intendo, non una cosa piatta come un disegnino, che lo riponi in un cassetto (o in un file jpeg) e ciao.
Ma non finisce lì. Salta anche fuori che Daniele, che fa il grafico, ma è riduttivo chiamarlo grafico: so che per descriverlo esiste un qualche termine inglese tipo Project Graphic Engineer Visual Art Director in Chief of the Loft, e con il quale ho lavorato chiamandolo solo Danie’ per brevità, da quella esperienza con Moussa, dai racconti di questo ragazzo, racconti di deserto e Africa e gommoni e navi, cose vere, non lette su twitter, in seguito ha realizzato, assieme al suo amico illustratore Alessandro Cripsta, questo libro.
Bum. Folgorazione. Quindi c’è qualcuno normale come me, che gioca alla play scalzo eccetera, che però fa qualcosa di concreto, qualcosa di alieno. E inoltre ci fa un libro. Un libro che ha senso, che deriva da un’esperienza diretta, quella di Moussa, dei temi che io ciancio e scarabocchio per sentito e visto dire.
Ecco. Chiaramente io ci resto di merda. Mi crollano delle certezze. Non li riconosco più, Daniele e Valentina. Chi sono ‘sti due? Credevo fossero terrestri come me, e invece mi hanno ingannato per anni.
Allora userò questa prefazione per lanciare un monito a tutti i terrestri come me. Occhio, è pieno di alieni lì fuori. Di tutti i tipi, ce ne sono. Migranti e stanziali. Sono molti di più di quanti crediamo. Esteriormente sono simili a noi, ma hanno organi diversi dentro. Un cuore diverso dal nostro. Arrendiamoci. Ogni resistenza è inutile.
Alla fine il mondo sarà loro.
Leggi anche:
- Sunday Page: Makkox su Asterix e Obelix
- Il corto animato di Makkox ispirato al film “Cafarnao – Caos e miracoli”
- Le vignette di Andrea Pazienza secondo Makkox
Entra nel canale Telegram di Fumettologica, clicca qui.