di Vanessa Maran
In Italia Usamaru Furuya non è uno sconosciuto. Lo ricordiamo soprattutto per Genkaku Picasso, 51 modi per salvarla e Lo Squalificato, ma ancora mancava quello che viene considerato uno dei suoi lavori migliori e, senza dubbio, la sua opera più emblematica: La musica di Marie, un manga pubblicato in patria nel 2001 e giunto in Italia nel 2019 per la collana Doku di Coconino Press.
Leggi le prime pagine de La musica di Marie
Furuya ci accompagna senza fretta in quello che, prima ancora di essere un racconto post-apocalittico steampunk per la sua ambientazione, i suoi personaggi e la sua trama, è una riflessione sulla divinità, sulla libertà (anche distruttrice) dell’uomo e, soprattutto, sulla fede e su ciò in cui un essere umano decide di credere, irrazionalmente o meno.
Il lettore viene condotto tra le strade di Pyrite, un mondo che si è lasciato alle spalle un passato di guerre e di violenza a favore di una società in cui non esiste nessun tipo di tensione. A Pyrite tutti vivono in un clima di pace e armonia, sospesi in una realtà dove tutto rimane uguale a se stesso. A vigilare su questa umanità pacificata c’è Marie, una gigantesca divinità-androide che intona una canzone mentre sorvola i cieli di Pyrite.
I due personaggi principali vengono introdotti da Furuya con due vignette che ben trasmettono il loro carattere: Kai, un ragazzo orfano, posato e responsabile, dotato di insolite capacità quasi soprannaturali; e Pipi, una ragazza vivace e un po’ capricciosa, abituata ad ottenere sempre ciò che vuole. Buona parte del manga ci mostra la quotidianità dei due amici, che vivono in un villaggio formato da laboratori di meccanici, scienziati e inventori. Buona parte della popolazione, infatti, si affaccenda intorno ad ingranaggi, macchinari, vapori, fumi e androidi, anche se la società non sembra avanzare tecnologicamente.
La prima parte de La musica di Marie ha un ritmo particolarmente lento, utile però non solo per comprendere il rapporto di Kai con Pipi e Marie, ma anche per mettere a fuoco poco a poco le anomalie di un mondo che è pacifico in modo innaturale: non sembra possibile assistere nemmeno a un innocente bisticcio. Pyrite è una sorta di Eden post-apocalittico, immerso in un’atmosfera che ricorda quelle spesso evocate da Moebius e Miyazaki (soprattutto in Nausicaa). Il tratto sottile e delicato di Furuya da un lato si sposa bene con le numerose scene oniriche del manga, mentre dall’altro descrive con precisione le tipiche case di Pyrite, le decorazioni dei vestiti, i ricorrenti simboli religiosi, ecc…
Man mano che si procede con la lettura, il ritmo non accelera ma si arriva a comprendere la ragione di questa lentezza: l’obiettivo non è raccontare una storia di sopravvissuti post-apocalisse ma, piuttosto, dare spazio a considerazioni intorno al rapporto tra l’uomo e la divinità, a quello fra libero arbitrio e controllo e sull’idea di una “pace a tutti i costi”. Ne emerge una dialettica fra la propensione all’istintività degli esseri umani e quella alla spiritualità personale, con tutti i problemi che derivano dalla volontà di credere in qualcosa che non si può provare. Furuya ci pone davanti a numerose domande: Dio ha creato noi? Noi abbiamo creato Dio? In che modo l’uomo si relaziona con il divino? E inoltre, Dio è davvero diverso dalle intelligenze artificiali che proviamo a perfezionare, giorno dopo giorno?
Sebbene personaggio secondario, in questo discorso assume un ruolo emblematico Guul, un sacerdote del culto di Marie che nel corso della storia si affeziona a Kai. Guul non è solamente un religioso, ma anche un ricercatore, che nel manga è una figura che fa ricerche sulla tecnologia del passato per cercare di farla funzionare di nuovo. La sua personalità incarna e riassume il conflitto tra religione e scienza: un sacerdote che aspira al progresso e che vede la divinità come crudele e benevola allo stesso tempo.
La fiction di Furuya non offre nessuna risposta risolutiva per sciogliere l’ambiguità di queste domande e dei confronti che coinvolgono i vari personaggi in scena. Furuya stesso non sembra esprimersi a favore di una o dell’altra visione, e si limita a squadernare tutti i suoi dubbi sul rapporto tra il divino e il libero arbitrio, fornendo spunti ma, proprio quando pensiamo di essere giunti insieme ad una risposta, questa viene rimangiata in poche pagine, ribaltando le premesse e rinnovando i dubbi. Forse la sola consapevolezza a cui Furuya tende è questa: quando si crede in qualcosa, poco importa che questa sia vera oppure no.
La capacità di Furuya sta anche nel distribuire piccoli indizi che anticipano lo sviluppo finale della storia. Una conclusione che spinge a chiederci cosa abbiamo letto esattamente. Un libro quasi ‘biblico’ a fumetti? Il delirio di una ragazza traumatizzata? La storia di un profeta tormentato? O forse: tutte e tre le cose insieme?
La musica di Marie
di Usamaru Furuya
traduzione di Paolo La Marca
Coconino Press, ottobre 2019
brossura, 576 pp., colore e b/n
25,00 €